L'agenzia di stampa ITAR-TASS riferisce che gli scienziati russi hanno scoperto tracce di vita microbica sulla superficie della Stazione Spaziale Internazionale. La scoperta russa è sorprendente in quanto conferma che i microrganismi extraterrestri possono prosperare nello spazio profondo.
Come riporta l’agenzia ITAR-TASS, i russi hanno rilevato la presenza dei microbi più di un anno fa e, dopo una serie di esperimenti, hanno confermato che gli organismi sono in grado di vivere in assenza di gravità, a temperature estremamente basse ed esposti alle radiazioni cosmiche.
Nonostante le condizioni difficili, i ricercatori russi hanno riferito che i microrganismi sono fiorenti sulla superficie della ISS, potendo viverci per anni. Si tratta di una scoperta sorprendente che conferma il fatto che i microbi extraterrestri possono prosperare nello spazio profondo.
“I risultati dell’esperimento sono assolutamente unici”, ha detto Vladimir Solovev, capo della missione orbitale russa ISS. “Abbiamo trovato tracce di plancton marino e particelle microscopiche sulla superficie dell’illuminatore. Non è chiaro come queste particelle microscopiche siamo giunte sulla superficie della stazione spaziale”.
La scoperta degli scienziati russi è stupefacente nelle sue implicazioni, in quanto supporta la teoria della panspermia formulata da Sir Fred Hoyle e dal dottor Chandra Wickramasinghe, secondo la quale la vita extraterrestre microbica può esistere e viaggiare nel vuoto dello spazio e sulle comete.
Nel 1974, i due scienziati sono riusciti a confermare che la polvere nello spazio interstellare è in gran parte di natura biologica, dimostrando così la possibilità per la vita di esistere nello spazio, nonostante le condizioni estreme.
Un meccanismo importante per il movimento della vita microbica nello spazio interstellare sono le Correnti di Birkeland, il flusso che guida il plasma del vento solare. Di recente si è scoperto che le Correnti di Birkeland non sarebbero solo un fenomeno locale della nostra realtà frammentata bensì un fenomeno globale in un universo interconnesso in tutte le sue parti.
Esse avrebbero la proprietà di creare campi magnetici secondo un meccanismo in cui fasci di elettroni e di ioni fluirebbero in filamenti che tendono ad avvolgersi a spirale attorno alle linee di forza di campi magnetici preesistenti. Questi filamenti tenderebbero a respingersi a breve distanza e ad attrarsi a distanze più grandi.
Secondo lo scienziato svedese e premio Nobel Hannes Alfveén, il plasma può viaggiare in vaste correnti elettriche in tutto il vuoto dello spazio interstellare e intergalattico, in maniera simile alle correnti marine.
La scoperta degli scienziati russi non solo conferma che la vita extraterrestre può esistere nelle condizioni estreme dello spazio, ma che potrebbe anche crescervi e svilupparvisi. Il ritrovamento di una forma vivente simile al plancton marino sulla ISS suggerisce la presenza nel vuoto dello spazio di microrganismi sufficienti da poter essere una fonte di cibo per forme di vita più complesse.
Vitalii Iosifovich Goldanskii, professore presso l’istituto di chimica fisica Nikolai Nikolaevich Semenov, e membro dell’Accademia delle Scienza della Russia, in un articolo pubblicato nel 1997 su Pure and Applied Chemistry, sosteneva l’esistenza di organismi complessi capaci di vivere nel vuoto interstellare, i cosiddetti “Zeroid”.
Considerando che il nostro universo ha un’età di quasi 14 miliardi di anni (miliardo più, miliardo meno), è addirittura ragionevole pensare che gli zeroids potrebbero essere state le prime forme di vita apparse nel cosmo.
Dunque, lo spazio profondo non sarebbe più da pensare come un immenso deserto privo di vita, ma come un oceano dove la vita prospera in modo che gli scienziati solo ora stanno cominciando a capire. La scoperta russa ci avvicina di un altro passo alla consapevolezza che la vita è un fenomeno comune in tutto l’universo.
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