Avvistamenti di Massa, il caso Firenze 1954: sono passati 58 anni
Ultima decade di Ottobre di 58 anni fa: Firenze si immerge nell'avvistamento ufo più famoso di sempre in ambito Italiano. Quello che avvenne in Italia nell’ottobre del 1954 occupò per giorno i titoli dei giornali. I quotidiani dell’epoca scrissero che nei nostri cieli "era come se un ipotetico stato maggiore dei dischi volanti avesse deciso di fare le sue grandi manovre a Firenze e in Toscana".
Il 1954 l'anno della grande ondata autunnale che interessò praticamente tutta la penisola e il tema ricorrente delle copertine della Domenica del Corriere e dei titoli del quotidiano La Nazione.
Stando alle cronache si registrarono ripetuti avvistamenti di oggetti non identificati che transitavano "a coppie dalle forme diverse: di ala come bianchissimi gabbiani in volo, a goccia d’acqua, a cappello cinese; velocissimi a pochi secondi l’una dall’altra".
Riviviamo tutta la storia con il racconto che Mauro Paoletti fece per il cinquantenario dell'avvistamento.
"Erano le 14,30 del 27 Ottobre 1954 alla redazione del giornale giunse la telefonata di uno studente di ingegneria, Alfredo Jacopozzi, che affermava di vedere, insieme ad altre persone, diversi dischi volanti nel cielo di Firenze. Oggetti visti anche dal giornalista salito, nel frattempo, sui tetti di via Ricasoli per osservare una "cosa" bianca, tonda, lucida, immobile. Ad un tratto tra l’oggetto e la cupola del duomo sfrecciò un altro "palloncino bianco", più veloce di un aereo; poi un altro "disco" e un altro ancora. Sei oggetti che lasciarono al loro passaggio degli strani "fiocchi" bianchi simile a bambagia."
I telefoni impazzirono. Avvistamenti ovunque. Una voce concitata annunciava che a Sesto un disco si era aperto e diviso in tre parti; queste si erano dirette in tre direzioni diverse mentre "delle ragnatele lucenti cadevano lentamente al suolo" posandosi sui tetti, alberi, auto; ovunque.
Poi avvenne la cosa più clamorosa il cui ricordo è ancora vivo nella mente dei numerosi testimoni che assisterono all’inconsueto fenomeno.
Allo stadio Comunale si stava giocando la partita d’allenamento fra la Fiorentina e la Pistoiese. Fra i giocatori della Fiorentina ricordiamo Costagliola, Magnini, Cervato, Chiappella, Rosetta, Segato, Mariani, Gren, Virgili, Gratton, Bizzarri, Sarti, Capucci, Del Gratta, Scaramucci, Biagi, Orzan, Luna, Tassinari, Ghersetich, Buzzin, Vidal. Per la Pistoiese Vadi, Pierallini, Vettori, Caiumi, Tuci, Lomi, Balsimelli, Lenci Carpini, Vannucchi, Fossi.
Sopra lo stadio volteggiarono due misteriosi oggetti volanti. La partita venne interrotta; i tifosi delle due squadre, stupefatti, alzarono gli occhi al cielo a guardare le evoluzioni degli oggetti; anche Ferruccio Valcareggi osservava la scena attonito insieme ai giocatori delle due squadre.
Romolo Tuci, al tempo capitano della Pistoiese, racconta: "Era una bella giornata. A un certo punto ci accorgemmo che gli spettatori guardavano in aria. Venne spontaneo fermarsi anche per noi giocatori. Io vidi come dei piccoli anelli lontani, che cosa fossero non lo so davvero. Insomma, fra noi c'era chi li vedeva e chi no, e c'era anche chi non ci fece caso, credendo chissà a che cosa. Per quanto tempo rimase sospesa la partita, sinceramente non lo ricordo, sono passati cinquant'anni, come faccio a dire dieci minuti, o di più? Però guardavamo tutti in aria. Cinquant'anni fa, ci pensate?".
Tutta la città si era fermata col naso in su ad osservare le evoluzioni degli oggetti.
Non si trattò certamente di allucinazione collettiva; diecimila persone allo stadio, telefonate da ogni parte della città e da fuori città, Sesto, Peretola. Tutti a descrivere oggetti nel cielo e una strana nevicata di ragnatele.
Il signor Jacopozzi e altre persone in sua compagnia guardarono gli oggetti con il binocolo e raccolsero la misteriosa bambagia. Dalle osservazioni sarebbe emerso che gli oggetti erano a forma di goccia di acqua, altri a forma di cappello da mandarino cinese; procedevano a velocità elevatissima avvitandosi nel procedere avanti e si producevano in complicate evoluzioni.
La bambagia raccolta in una provetta di vetro sterile, appariva come un filo del baco da seta; luccicava e si dimostrava appiccicosa aderendo immediatamente al tubetto di vetro.
Anche i giornalisti riuscirono a prendere della bambagia e insieme a quella dello studente venne analizzata dal professor Canneri Giovanni direttore dell’Istituto di Chimica Analitica dell’Università fiorentina, con l’aiuto del suo assistente professore Danilo Cozzi.
Dall’esame microscopico e da quello spettrografico risultò che la sostanza raccolta a Sesto e Lungo l’Africo era una "sostanza a struttura fibrosa, notevole resistenza meccanica alla trazione e alla torsione. Al riscaldamento imbruniva lasciando un residuo fusibile e trasparente. Il residuo fusibile spettrograficamente mostrava contenere prevalentemente: Boro, Silicio, Calcio e Magnesio. Sostanza a struttura macromolecolare probabilmente filiforme. In linea puramente ipotetica, la sostanza esaminata nella scala microchimica poteva essere un vetro borosilicico".
Secondo il professore poteva essere fabbricata insufflando aria ad altissima velocità su una massa di vetro fuso ad alta temperatura. Tanto più l’aria è veloce tanto più la temperatura di fusione è alta e tanto più la fibra è sottile.Dopo tale dichiarazione molti "esperti" si profusero in tentativi di spiegazioni plausibili del fenomeno.
Il fatto che le analisi abbiano stabilito la composizione del materiale non spiegava la curiosa manifestazione perché non era facile capire in che modo un razzo, un reattore o un "disco", poteva rilasciare una scia vetrosa.
Il 28 ottobre, in concomitanza del passaggio di strani oggetti in cielo, continuava la curiosa pioggia di filamenti vetrosi a Prato, Firenze e Siena che imbiancò la sommità del passo della Consuma come una nevicata; i filamenti brillavano al sole somigliando proprio a fiocchi di neve.
Il proprietario dell’albergo "Fonte al Prato" della Consuma notò che dal Casentino in direzione del Valdarno cadevano filamenti vetrosi come quelli erano apparsi il giorno prima sulle città toscane. Lunghe strisce luminose, fili eccezionalmente brillanti, trasportati da un lieve alito di vento, che ricoprivano gli abeti come fossero gemme e pietre preziose. Sembravano tanti alberi di Natale.
Il prof Piccardi, dell’Istituto di Chimica e Fisica dell’Università di Firenze, pur non avendola vista, ritenne fosse una specie di lana di vetro come quella usata per rivestimenti isolanti. Per il professore poteva essere stata portata in aria da raffiche di vento dopo essere stata prelevata da una fabbrica, in seguito al disfacimento di qualche pannello. Oppure essere stata "seminata" in cielo da qualche aereo in seguito ad un avaria. Ma non poteva esprimere un giudizio basato su dati di fatto. Per il professore si tratta di palloni sonda meteorologici che di giorno assumevano strane luminescenze, ed erano illuminati di notte per consentire agli studiosi di osservarne il percorso. In balia delle correnti aeree davano vita a bizzarre evoluzioni e si potevano scambiare con "apparecchi di straordinaria maneggevolezza come il disco avvistato lungo il litorale adriatico da Trieste a Bari".
Fra le tanti ipotesi proferite per spiegare il fenomeno anche quella del vice presidente della Fondiaria di Firenze. Ricordandosi delle colate laviche di ossidiana alle Lipari, ipotizzò che la terra stesse attraversando una zona di cielo affollata di corpi composti di ossidiana e che a causa dell’attrito con l’atmosfera si riscaldavano fino al punto di dissolversi in filamenti componenti la "bambagia".
A tale proposito il giornalista riportava come esempio l’avvistamento avvenuto di un disco volante che si disintegrava a Gramlhet nel Tarn, nei cieli di Losanna. Alcuni frammenti del disco consistenti in filamenti argentei che si sbriciolavano al contatto con la mano e del suolo furono raccolti dalla gendarmeria che condusse l’indagine.
Vasco Magrini, noto pilota fiorentino, espresse l’opinione che difficilmente un aereo poteva seminare "bambagia", benché nelle costruzioni aeronautiche venga impiegata lana di vetro come isolante delle cabine interne; significherebbe che il velivolo si sta sfasciando. A meno che l’equipaggio non si sia disfatto della lana di vetro anche se è vietato lanciare qualsiasi cosa da bordo di un aeroplano. Sembra tuttavia che in concomitanza di alcune delle apparizioni fu udito proprio il motore di un aereo.
Anche il professor Piccardi dell’istituto di chimica e fisica dell’Università di Firenze, interrogato sull’argomento, si dichiarò concorde con il parere di Magrini e ipotizzò che qualche raffica di vento l’avesse prelevata da una fabbrica.
Nel cielo fiorentino comunque passarono, forse casualmente, un quadrimotore alle 14.30 circa e un reattore alle 16.
Riguardo al fatto che potesse essere sfuggita lana da qualche vetreria, va precisato che in Toscana esisteva nel 1954 una sola vetreria che produceva lana di vetro: La Vetreria Balzaretti e Modiglioni di Livorno. L’ingegner Francesco Centro, tecnico della lavorazione del vetro, escluse che tale materiale poteva essere sfuggito dalle vetrerie della Toscana; inoltre dichiarò che i frammenti di vetro sottoposti all’analisi del Prof. Canneri erano troppo piccoli per poterne capirne la natura e stabilire se si trattava di materiale lavorato o formatosi naturalmente per un qualsiasi fenomeno.
Furono avanzate altre ipotesi: dall’esplosione atomica (in quegli anni si fanno esperimenti nell'atmosfera), al vetro fuso dalla scarica di un fulmine, al vetro fuso appartenente ad un meteorite di passaggio, alla lana di vetro utilizzata da aerei sperimentali in funzione antiradar, ai residui di combustione di un nuovo carburante per motori. Si chiamarono in causa persino vapori sparsi dai soffioni di Larderello ricchi di sali di boro e silicio. E circa i globi luminosi si ricordarono che nel mese di ottobre si possono facilmente osservare piogge meteoriche che talvolta danno luogo a spettacoli grandiosi; benché risultasse strana la visione di meteoriti in pieno giorno.
Il 29 Ottobre si ripeterono le segnalazioni di dischi volanti e di bambagia su Firenze.
Alle 13,05 Calenzano fu sorvolato da una formazione di dischi volanti che lanciavano fiocchi bianchi. La formazione si dirigeva verso Firenze passando sopra Monte Morello a diecimila metri di altezza. La stessa cosa avveniva a San Piero Agliana.
Poco dopo da Arcetri giunse l’invito ai giornalisti di recarsi all’osservatorio per vedere quel "qualcosa" precedentemente avvistato. Dentro una provetta di vetro una parte della bambagia come quella rinvenuta nei giorni precedenti anche nelle strade cittadine.
Il prof. Righini dell’Osservatorio di Arcetri aveva notato in direzione est cadere i fiocchi bianchi. Per il professore si trattò di una enorme quantità di lana vetrosa che a distanza poteva apparire come "dischi o sigari" a causa dei riflessi dei raggi solari; quando perdevano la brillantezza si confondevano sullo sfondo del cielo.
Secondo Righini tutto dipendeva dalle dimensioni angolari del fiocco. Un fiocco di 5 centimetri di diametro visto a 50 metri sottintende lo stesso angolo di un oggetto di 5 metri visto a 5 chilometri di altezza. Un oggetto grande molto lontano equivale ad un oggetto piccolo visto da vicino. Un colpo di vento fornisce l’impressione della forte velocità. Non è facile stimare le distanze senza avere un termine di confronto quando si osserva un oggetto sullo sfondo del cielo. Secondo il Professore, data l’ora e la posizione del sole, poteva darsi che il materiale avesse originato fenomeni di riflessione scambiati per dischi o palloni.
Come esempio citò il racconto di Donald Menzel, astronomo americano, il quale, passeggiando un giorno in campagna, vide un aereo che planava a bassa quota e gli veniva incontro. Vedendolo avvicinarsi velocemente istintivamente si gettò a terra, ma non udendo il rumore dell’urto rialzò la testa e poté vedere che vicino a lui si era posato un modellino come quello usato dai ragazzi.
Il campione di bambagia raccolto dal personale di Arcetri venne esaminato dall’Istituto di Fisica con il contatore Geiger Muller e risultò che la bambagia non era radioattiva. Dalle analisi emerse che i componenti erano gli stessi rilevati dal prof. Canneri. Qualcuno pensò anche ad un fenomeno collaterale a qualche esperimento atomico;una esplosione poteva aver fuso una quantità di vetro se la deflagrazione fosse avvenuta vicina ad una cava di silicio; la bambagia poteva essere stata portata in alto e in giro per il mondo dalle forti correnti presenti in quota, per poi ricadere in terra; ma non si trattò di questo.
Il fenomeno si ripeté nei giorni successivi in diverse città, soprattutto dell’Italia centrale, da Roma a Perugia, da Civitavecchia a Lucca sempre accompagnato dalla discesa di filamenti vetrosi.
A Città della Pieve venne registrato un avvistamento collettivo con caduta di bambagia e poi a Pontassieve, Scarperia, S.Mauro a Signa, Siena, Pistoia, Montale, S.Marcello Pistoiese, Arezzo e Perugia e decine di altre località. Dalle 13 alle 14,30 furono visitate da dischi volanti e innevate da bambagia. Molta gente si riversò nelle strade per osservare i dischi e assistere alla caduta della bambagia.
Furono visti attraversare il cielo di Prato a velocità fantastica come fusi luminosi seguiti da una scia bianchissima; effettuare una conversione a quarantacinque gradi e dirigersi su Firenze allineati a coppia.
A Siena il fenomeno assunse le stesse caratteristiche di Firenze; dischi, sigari, sfere, che passarono a brevi intervalli e una pioggia di bambagia, simile a neve, si dissolveva al calore della mano o a contatto del terreno. Cadde per oltre due ore lentamente. Complessivamente su Siena passarono undici oggetti, tre di loro viaggiavano in perfetta formazione.
In totale da Modena a Roma pervennero moltissime segnalazioni di questi passaggi. La cronaca racconta che a Modena, un disco, si sarebbe arrestato a cinquemila metri sopra il campo di aviazione, lanciando raggi luminosi in ogni direzione per almeno sessanta secondi.
Gli avvistamenti continuarono copiosi anche nel mese successivo in tutto il territorio nazionale. A volte in modo clamoroso. Per esempio, il 14 novembre, domenica, una ventina di sigari volanti furono avvistati nei cieli di Gela, in Sicilia, dove vennero anche raccolti e analizzati altri residui di bambagia silicea. L’ultima "nevicata" si verificò il 4 dicembre nell’Aretino.
Questa la cronaca dei fatti e delle ipotesi che si sciorinarono per spiegare l’inconsueto avvenimento. Cosa aggiungere? Basta la lettura dei quotidiani di quel periodo, anzi; di quegli anni perché dal 1950 al 1957, non solo in Italia ma in tutta Europa, numerose furono le segnalazioni di oggetti volanti. I giornali frequentemente riportarono le notizie di queste visite e le varie supposizioni stilate dagli studiosi che si cimentarono del dare plausibili spiegazioni del fenomeno.
In Toscana ricordiamo l’ottobre del 1954, forse perché consideriamo il nostro un "UFO d’annata"...
Articolo di Mauro Paoletti - EdicolaWeb
Testi e diritti riservati.
Ultima decade di Ottobre di 58 anni fa: Firenze si immerge nell'avvistamento ufo più famoso di sempre in ambito Italiano. Quello che avvenne in Italia nell’ottobre del 1954 occupò per giorno i titoli dei giornali. I quotidiani dell’epoca scrissero che nei nostri cieli "era come se un ipotetico stato maggiore dei dischi volanti avesse deciso di fare le sue grandi manovre a Firenze e in Toscana".
Il 1954 l'anno della grande ondata autunnale che interessò praticamente tutta la penisola e il tema ricorrente delle copertine della Domenica del Corriere e dei titoli del quotidiano La Nazione.
Stando alle cronache si registrarono ripetuti avvistamenti di oggetti non identificati che transitavano "a coppie dalle forme diverse: di ala come bianchissimi gabbiani in volo, a goccia d’acqua, a cappello cinese; velocissimi a pochi secondi l’una dall’altra".
Riviviamo tutta la storia con il racconto che Mauro Paoletti fece per il cinquantenario dell'avvistamento.
Il 1954 l'anno della grande ondata autunnale che interessò praticamente tutta la penisola e il tema ricorrente delle copertine della Domenica del Corriere e dei titoli del quotidiano La Nazione.
Stando alle cronache si registrarono ripetuti avvistamenti di oggetti non identificati che transitavano "a coppie dalle forme diverse: di ala come bianchissimi gabbiani in volo, a goccia d’acqua, a cappello cinese; velocissimi a pochi secondi l’una dall’altra".
Riviviamo tutta la storia con il racconto che Mauro Paoletti fece per il cinquantenario dell'avvistamento.
"Erano le 14,30 del 27 Ottobre 1954 alla redazione del giornale giunse la telefonata di uno studente di ingegneria, Alfredo Jacopozzi, che affermava di vedere, insieme ad altre persone, diversi dischi volanti nel cielo di Firenze. Oggetti visti anche dal giornalista salito, nel frattempo, sui tetti di via Ricasoli per osservare una "cosa" bianca, tonda, lucida, immobile. Ad un tratto tra l’oggetto e la cupola del duomo sfrecciò un altro "palloncino bianco", più veloce di un aereo; poi un altro "disco" e un altro ancora. Sei oggetti che lasciarono al loro passaggio degli strani "fiocchi" bianchi simile a bambagia."
I telefoni impazzirono. Avvistamenti ovunque. Una voce concitata annunciava che a Sesto un disco si era aperto e diviso in tre parti; queste si erano dirette in tre direzioni diverse mentre "delle ragnatele lucenti cadevano lentamente al suolo" posandosi sui tetti, alberi, auto; ovunque.
Poi avvenne la cosa più clamorosa il cui ricordo è ancora vivo nella mente dei numerosi testimoni che assisterono all’inconsueto fenomeno.
Allo stadio Comunale si stava giocando la partita d’allenamento fra la Fiorentina e la Pistoiese. Fra i giocatori della Fiorentina ricordiamo Costagliola, Magnini, Cervato, Chiappella, Rosetta, Segato, Mariani, Gren, Virgili, Gratton, Bizzarri, Sarti, Capucci, Del Gratta, Scaramucci, Biagi, Orzan, Luna, Tassinari, Ghersetich, Buzzin, Vidal. Per la Pistoiese Vadi, Pierallini, Vettori, Caiumi, Tuci, Lomi, Balsimelli, Lenci Carpini, Vannucchi, Fossi.
Sopra lo stadio volteggiarono due misteriosi oggetti volanti. La partita venne interrotta; i tifosi delle due squadre, stupefatti, alzarono gli occhi al cielo a guardare le evoluzioni degli oggetti; anche Ferruccio Valcareggi osservava la scena attonito insieme ai giocatori delle due squadre.
Romolo Tuci, al tempo capitano della Pistoiese, racconta: "Era una bella giornata. A un certo punto ci accorgemmo che gli spettatori guardavano in aria. Venne spontaneo fermarsi anche per noi giocatori. Io vidi come dei piccoli anelli lontani, che cosa fossero non lo so davvero. Insomma, fra noi c'era chi li vedeva e chi no, e c'era anche chi non ci fece caso, credendo chissà a che cosa. Per quanto tempo rimase sospesa la partita, sinceramente non lo ricordo, sono passati cinquant'anni, come faccio a dire dieci minuti, o di più? Però guardavamo tutti in aria. Cinquant'anni fa, ci pensate?".
Tutta la città si era fermata col naso in su ad osservare le evoluzioni degli oggetti.
Non si trattò certamente di allucinazione collettiva; diecimila persone allo stadio, telefonate da ogni parte della città e da fuori città, Sesto, Peretola. Tutti a descrivere oggetti nel cielo e una strana nevicata di ragnatele.
Il signor Jacopozzi e altre persone in sua compagnia guardarono gli oggetti con il binocolo e raccolsero la misteriosa bambagia. Dalle osservazioni sarebbe emerso che gli oggetti erano a forma di goccia di acqua, altri a forma di cappello da mandarino cinese; procedevano a velocità elevatissima avvitandosi nel procedere avanti e si producevano in complicate evoluzioni.
La bambagia raccolta in una provetta di vetro sterile, appariva come un filo del baco da seta; luccicava e si dimostrava appiccicosa aderendo immediatamente al tubetto di vetro.
Anche i giornalisti riuscirono a prendere della bambagia e insieme a quella dello studente venne analizzata dal professor Canneri Giovanni direttore dell’Istituto di Chimica Analitica dell’Università fiorentina, con l’aiuto del suo assistente professore Danilo Cozzi.
Dall’esame microscopico e da quello spettrografico risultò che la sostanza raccolta a Sesto e Lungo l’Africo era una "sostanza a struttura fibrosa, notevole resistenza meccanica alla trazione e alla torsione. Al riscaldamento imbruniva lasciando un residuo fusibile e trasparente. Il residuo fusibile spettrograficamente mostrava contenere prevalentemente: Boro, Silicio, Calcio e Magnesio. Sostanza a struttura macromolecolare probabilmente filiforme. In linea puramente ipotetica, la sostanza esaminata nella scala microchimica poteva essere un vetro borosilicico".
Secondo il professore poteva essere fabbricata insufflando aria ad altissima velocità su una massa di vetro fuso ad alta temperatura. Tanto più l’aria è veloce tanto più la temperatura di fusione è alta e tanto più la fibra è sottile.Dopo tale dichiarazione molti "esperti" si profusero in tentativi di spiegazioni plausibili del fenomeno.
Il fatto che le analisi abbiano stabilito la composizione del materiale non spiegava la curiosa manifestazione perché non era facile capire in che modo un razzo, un reattore o un "disco", poteva rilasciare una scia vetrosa.
Il 28 ottobre, in concomitanza del passaggio di strani oggetti in cielo, continuava la curiosa pioggia di filamenti vetrosi a Prato, Firenze e Siena che imbiancò la sommità del passo della Consuma come una nevicata; i filamenti brillavano al sole somigliando proprio a fiocchi di neve.
Il proprietario dell’albergo "Fonte al Prato" della Consuma notò che dal Casentino in direzione del Valdarno cadevano filamenti vetrosi come quelli erano apparsi il giorno prima sulle città toscane. Lunghe strisce luminose, fili eccezionalmente brillanti, trasportati da un lieve alito di vento, che ricoprivano gli abeti come fossero gemme e pietre preziose. Sembravano tanti alberi di Natale.
Il prof Piccardi, dell’Istituto di Chimica e Fisica dell’Università di Firenze, pur non avendola vista, ritenne fosse una specie di lana di vetro come quella usata per rivestimenti isolanti. Per il professore poteva essere stata portata in aria da raffiche di vento dopo essere stata prelevata da una fabbrica, in seguito al disfacimento di qualche pannello. Oppure essere stata "seminata" in cielo da qualche aereo in seguito ad un avaria. Ma non poteva esprimere un giudizio basato su dati di fatto. Per il professore si tratta di palloni sonda meteorologici che di giorno assumevano strane luminescenze, ed erano illuminati di notte per consentire agli studiosi di osservarne il percorso. In balia delle correnti aeree davano vita a bizzarre evoluzioni e si potevano scambiare con "apparecchi di straordinaria maneggevolezza come il disco avvistato lungo il litorale adriatico da Trieste a Bari".
Fra le tanti ipotesi proferite per spiegare il fenomeno anche quella del vice presidente della Fondiaria di Firenze. Ricordandosi delle colate laviche di ossidiana alle Lipari, ipotizzò che la terra stesse attraversando una zona di cielo affollata di corpi composti di ossidiana e che a causa dell’attrito con l’atmosfera si riscaldavano fino al punto di dissolversi in filamenti componenti la "bambagia".
A tale proposito il giornalista riportava come esempio l’avvistamento avvenuto di un disco volante che si disintegrava a Gramlhet nel Tarn, nei cieli di Losanna. Alcuni frammenti del disco consistenti in filamenti argentei che si sbriciolavano al contatto con la mano e del suolo furono raccolti dalla gendarmeria che condusse l’indagine.
Vasco Magrini, noto pilota fiorentino, espresse l’opinione che difficilmente un aereo poteva seminare "bambagia", benché nelle costruzioni aeronautiche venga impiegata lana di vetro come isolante delle cabine interne; significherebbe che il velivolo si sta sfasciando. A meno che l’equipaggio non si sia disfatto della lana di vetro anche se è vietato lanciare qualsiasi cosa da bordo di un aeroplano. Sembra tuttavia che in concomitanza di alcune delle apparizioni fu udito proprio il motore di un aereo.
Anche il professor Piccardi dell’istituto di chimica e fisica dell’Università di Firenze, interrogato sull’argomento, si dichiarò concorde con il parere di Magrini e ipotizzò che qualche raffica di vento l’avesse prelevata da una fabbrica.
Nel cielo fiorentino comunque passarono, forse casualmente, un quadrimotore alle 14.30 circa e un reattore alle 16.
Riguardo al fatto che potesse essere sfuggita lana da qualche vetreria, va precisato che in Toscana esisteva nel 1954 una sola vetreria che produceva lana di vetro: La Vetreria Balzaretti e Modiglioni di Livorno. L’ingegner Francesco Centro, tecnico della lavorazione del vetro, escluse che tale materiale poteva essere sfuggito dalle vetrerie della Toscana; inoltre dichiarò che i frammenti di vetro sottoposti all’analisi del Prof. Canneri erano troppo piccoli per poterne capirne la natura e stabilire se si trattava di materiale lavorato o formatosi naturalmente per un qualsiasi fenomeno.
Furono avanzate altre ipotesi: dall’esplosione atomica (in quegli anni si fanno esperimenti nell'atmosfera), al vetro fuso dalla scarica di un fulmine, al vetro fuso appartenente ad un meteorite di passaggio, alla lana di vetro utilizzata da aerei sperimentali in funzione antiradar, ai residui di combustione di un nuovo carburante per motori. Si chiamarono in causa persino vapori sparsi dai soffioni di Larderello ricchi di sali di boro e silicio. E circa i globi luminosi si ricordarono che nel mese di ottobre si possono facilmente osservare piogge meteoriche che talvolta danno luogo a spettacoli grandiosi; benché risultasse strana la visione di meteoriti in pieno giorno.
Il 29 Ottobre si ripeterono le segnalazioni di dischi volanti e di bambagia su Firenze.
Alle 13,05 Calenzano fu sorvolato da una formazione di dischi volanti che lanciavano fiocchi bianchi. La formazione si dirigeva verso Firenze passando sopra Monte Morello a diecimila metri di altezza. La stessa cosa avveniva a San Piero Agliana.
Poco dopo da Arcetri giunse l’invito ai giornalisti di recarsi all’osservatorio per vedere quel "qualcosa" precedentemente avvistato. Dentro una provetta di vetro una parte della bambagia come quella rinvenuta nei giorni precedenti anche nelle strade cittadine.
Il prof. Righini dell’Osservatorio di Arcetri aveva notato in direzione est cadere i fiocchi bianchi. Per il professore si trattò di una enorme quantità di lana vetrosa che a distanza poteva apparire come "dischi o sigari" a causa dei riflessi dei raggi solari; quando perdevano la brillantezza si confondevano sullo sfondo del cielo.
Secondo Righini tutto dipendeva dalle dimensioni angolari del fiocco. Un fiocco di 5 centimetri di diametro visto a 50 metri sottintende lo stesso angolo di un oggetto di 5 metri visto a 5 chilometri di altezza. Un oggetto grande molto lontano equivale ad un oggetto piccolo visto da vicino. Un colpo di vento fornisce l’impressione della forte velocità. Non è facile stimare le distanze senza avere un termine di confronto quando si osserva un oggetto sullo sfondo del cielo. Secondo il Professore, data l’ora e la posizione del sole, poteva darsi che il materiale avesse originato fenomeni di riflessione scambiati per dischi o palloni.
Come esempio citò il racconto di Donald Menzel, astronomo americano, il quale, passeggiando un giorno in campagna, vide un aereo che planava a bassa quota e gli veniva incontro. Vedendolo avvicinarsi velocemente istintivamente si gettò a terra, ma non udendo il rumore dell’urto rialzò la testa e poté vedere che vicino a lui si era posato un modellino come quello usato dai ragazzi.
Il campione di bambagia raccolto dal personale di Arcetri venne esaminato dall’Istituto di Fisica con il contatore Geiger Muller e risultò che la bambagia non era radioattiva. Dalle analisi emerse che i componenti erano gli stessi rilevati dal prof. Canneri. Qualcuno pensò anche ad un fenomeno collaterale a qualche esperimento atomico;una esplosione poteva aver fuso una quantità di vetro se la deflagrazione fosse avvenuta vicina ad una cava di silicio; la bambagia poteva essere stata portata in alto e in giro per il mondo dalle forti correnti presenti in quota, per poi ricadere in terra; ma non si trattò di questo.
Il fenomeno si ripeté nei giorni successivi in diverse città, soprattutto dell’Italia centrale, da Roma a Perugia, da Civitavecchia a Lucca sempre accompagnato dalla discesa di filamenti vetrosi.
A Città della Pieve venne registrato un avvistamento collettivo con caduta di bambagia e poi a Pontassieve, Scarperia, S.Mauro a Signa, Siena, Pistoia, Montale, S.Marcello Pistoiese, Arezzo e Perugia e decine di altre località. Dalle 13 alle 14,30 furono visitate da dischi volanti e innevate da bambagia. Molta gente si riversò nelle strade per osservare i dischi e assistere alla caduta della bambagia.
Furono visti attraversare il cielo di Prato a velocità fantastica come fusi luminosi seguiti da una scia bianchissima; effettuare una conversione a quarantacinque gradi e dirigersi su Firenze allineati a coppia.
A Siena il fenomeno assunse le stesse caratteristiche di Firenze; dischi, sigari, sfere, che passarono a brevi intervalli e una pioggia di bambagia, simile a neve, si dissolveva al calore della mano o a contatto del terreno. Cadde per oltre due ore lentamente. Complessivamente su Siena passarono undici oggetti, tre di loro viaggiavano in perfetta formazione.
In totale da Modena a Roma pervennero moltissime segnalazioni di questi passaggi. La cronaca racconta che a Modena, un disco, si sarebbe arrestato a cinquemila metri sopra il campo di aviazione, lanciando raggi luminosi in ogni direzione per almeno sessanta secondi.
Gli avvistamenti continuarono copiosi anche nel mese successivo in tutto il territorio nazionale. A volte in modo clamoroso. Per esempio, il 14 novembre, domenica, una ventina di sigari volanti furono avvistati nei cieli di Gela, in Sicilia, dove vennero anche raccolti e analizzati altri residui di bambagia silicea. L’ultima "nevicata" si verificò il 4 dicembre nell’Aretino.
Questa la cronaca dei fatti e delle ipotesi che si sciorinarono per spiegare l’inconsueto avvenimento. Cosa aggiungere? Basta la lettura dei quotidiani di quel periodo, anzi; di quegli anni perché dal 1950 al 1957, non solo in Italia ma in tutta Europa, numerose furono le segnalazioni di oggetti volanti. I giornali frequentemente riportarono le notizie di queste visite e le varie supposizioni stilate dagli studiosi che si cimentarono del dare plausibili spiegazioni del fenomeno.
In Toscana ricordiamo l’ottobre del 1954, forse perché consideriamo il nostro un "UFO d’annata"...
Articolo di Mauro Paoletti - EdicolaWeb
Testi e diritti riservati.
Testi e diritti riservati.
E SE GLI UFO FOSSERO ENTITÀ BIOLOGICHE CAPACI DI VIVERE NELLO SPAZIO INTERSTELLARE? L’AFFASCINANTE TEORIA DEGLI “ZEROID”
E se invece di navi spaziali aliene, alcuni UFO fossero esseri viventi che normalmente popolano il vuoto cosmico? "Zeroid" è il termine generico utilizzato per queste ipotetiche creature che potrebbero abitare i remoti recessi dello spazio interstellare.L'habitat di queste creature sarebbe caratterizzato da temperatura e pressione atmosferica pari a zero. Tutti i dettagli di un'affascinante teoria.
I biologi sono convinti che lo spazio cosmico, a causa dell’assenza di pressione e della temperatura prossima allo zero assoluto, non sia adatto alla nascita e allo sviluppo della vita.
Ma Vitalii Iosifovich Goldanskii, professore presso l’istituto di chimica fisica Nikolai Nikolaevich Semenov, e membro dell’Accademia delle Scienza della Russia, in un articolo pubblicato nel 1997 su Pure and Applied Chemistry, sosteneva la possibilità che apprezzabili quantità di materiale prebiotico potrebbero accumularsi nelle regioni circostanti le nebulose o le gigantesche nubi di gas che stazionano nell’universo.
Con il passare del tempo, tale materiale, per le stesse leggi che hanno consentito la nascita della vita sul nostro pianeta, potrebbe essersi evoluto in qualche forma di vita, adattandosi a condizioni di vita estreme come quelle dell’universo.
Non deve stupire che la vita possa svilupparsi in condizioni ambientali così avverse. Anche sul pianeta Terra si conoscono forme di vita capaci di vivere in habitat naturali fino a poco tempo fa considerati ostili alla vita.
Basti pensare ai batteri estremofili, organismi capaci di sopravvivere a temperature e pressioni inimmaginabili. L’ultima scoperta in questa direzione è quella fatta da Hans Roy, dell’università danese di Aarhus.
Il ricercatore ha portato alla luce alcuni batteri che sono rimasti sepolti “vivi”per 86 milioni di anni nelle profondità dell’oceano.
A sostegno della teoria dell’astrofisico russo, va detto che già decine di composti organici sono stati identificati nello spazio, quali alcune formaldeidi, l’acido cianidrico e addirittura la cellulosa.
Per farla breve, là fuori ci sarebbe un’abbondanza di elementi organici tali da consentire l’evoluzione della vita anche nella forma di “zeroids“.
Considerando che il nostro universo ha un’età di quasi 14 miliardi di anni (miliardo più, miliardo meno), è addirittura ragionevole pensare che gli zeroids potrebbero essere state le prime forme di vita apparse nel cosmo.
Con un arco di tempo così ampio a loro disposizione, gli zeroids potrebbero aver attraversato diversi stadi evolutivi, sviluppandosi in unità biologiche microscopiche, oppure avere dimensioni gigantesche.
Anche la loro morfologia potrebbe variare da forme molto semplici ad altre estremamente complesse. Secondo l’astrofisico russo, tali organismi avrebbero la capacità sia di vivere singolarmente che in vaste colonie.
Sebbene sia da escludere lo sviluppo di una morfologia umanoide, altrettanto non si può escludere che possano aver sviluppato un’intelligenza simile alla nostra, se non addirittura superiore.
Il sostentamento di alcuni zeroids potrebbe essere garantito dalla presenza di nubi i polvere e gas interstellare. Per altri, invece, potrebbe valere la legge classica della preda e del predatore. Teoricamente, potrebbero vivere in qualunque punto dello spazio, sia all’interno che all’esterno delle galassie.
Dotati di mobilità e intelligenza, questi mastodontici esseri vagherebbero nello spazio alla ricerca di cibo, brucando l’atmosfera dei pianeti, compresa la nostra, in cerca di nutrienti ed essere scambiati per navi spaziali aliene dalla popolazione e dagli strumenti.
Alcuni zeroids potrebbero rimanere uccisi dall’attrito con l’atmosfera terrestre, riducendo il corpo delle povere creature in sfere di fuoco prima, e in cenere e gas poi.
Altri, invece, potrebbero aver sviluppato una sorta di scudo protettivo naturale – solido o elettromagnetico – che permette loro di attraversare tranquillamente la nostra atmosfera in cerca di cibo. E questi sarebbero alcuni di quelli che noi chiamiamo UFO!
In realtà ci sarebbero esistono diverse immagini che potrebbero dare qualche indizio a sostegno dell’affascinante teoria. Nel 1976, nella regione di Cluj-Napoca, Romania, si materializzò quello che sembrava essere una “sfera di luce vivente” che mostrava un comportamento decisamente animale! Le fotografie scattare all’entità hanno superato tutti i test di autenticità.
Un altro caso, invece, risale al 1978, nella British Columbia. La ricercatriceDorothy Wilkinson scattò la prima di una lunga serie di immagini che mostrano delle bizzarre stringhe simili a forme di luce e che somigliano ad una sorta di “vermi spaziali”!
Una strana foto è conservata nell’archivio fotografico della NASA. A riprendere l’immagine è stato l’equipaggio della missione Shuttle STS-105, lanciata in orbita il 10 agosto 2001 dal Kennedy Space Center.
La fotografia sembra mostrare la sagoma di quello che ha tutta l’area di essere un serpente che “nuota” sul bordo dell’atmosfera terrestre. Cosa potrebbe essere? E’ difficile stabilire le dimensioni dell’oggetto dato che non si conosce a quale distanza sia stata scattata la foto. [Vedi immagine originale Nasa].
Un altra immagine intrigante è stata scattata nel 2003 dagli astronauti in missione sulla Stazione Spaziale Internazionale, nella quale si intravede una strana forma gigante sullo sfondo che ha tutta l’area di essere un UFO, cioè un oggetto volante (in questo caso, orbitante) non identificabile.
L’impressione che si ha nell’osservare l’oggetto è quella di trovarsi di fronte ad una sorta di veicolo biomeccanico. [Vedi immagini originali NASA].
Il tema non è sfuggito alla fantascienza. In almeno due serie tv si parla di “zeroids”. La prima è la serie Farscape, nella quale l’astronave utilizzata dai protagonisti è Moja, un essere vivente dello spazio utilizzato come mezzo di trasporto (tipo cavalli spaziali).
La seconda è la più blasonata Star Trek – The Next Generation. Proprio nel pilot della serie (Incontro a Farpoint), l’equipaggio dell’Enterprise aiuta uno zeroid a ritrovare la libertà dopo essere stata sfruttata come “base spaziale”. Per dirla con Spock… affascinante!
Ma Vitalii Iosifovich Goldanskii, professore presso l’istituto di chimica fisica Nikolai Nikolaevich Semenov, e membro dell’Accademia delle Scienza della Russia, in un articolo pubblicato nel 1997 su Pure and Applied Chemistry, sosteneva la possibilità che apprezzabili quantità di materiale prebiotico potrebbero accumularsi nelle regioni circostanti le nebulose o le gigantesche nubi di gas che stazionano nell’universo.
Con il passare del tempo, tale materiale, per le stesse leggi che hanno consentito la nascita della vita sul nostro pianeta, potrebbe essersi evoluto in qualche forma di vita, adattandosi a condizioni di vita estreme come quelle dell’universo.
Non deve stupire che la vita possa svilupparsi in condizioni ambientali così avverse. Anche sul pianeta Terra si conoscono forme di vita capaci di vivere in habitat naturali fino a poco tempo fa considerati ostili alla vita.
Basti pensare ai batteri estremofili, organismi capaci di sopravvivere a temperature e pressioni inimmaginabili. L’ultima scoperta in questa direzione è quella fatta da Hans Roy, dell’università danese di Aarhus.
Il ricercatore ha portato alla luce alcuni batteri che sono rimasti sepolti “vivi”per 86 milioni di anni nelle profondità dell’oceano.
A sostegno della teoria dell’astrofisico russo, va detto che già decine di composti organici sono stati identificati nello spazio, quali alcune formaldeidi, l’acido cianidrico e addirittura la cellulosa.
Per farla breve, là fuori ci sarebbe un’abbondanza di elementi organici tali da consentire l’evoluzione della vita anche nella forma di “zeroids“.
Considerando che il nostro universo ha un’età di quasi 14 miliardi di anni (miliardo più, miliardo meno), è addirittura ragionevole pensare che gli zeroids potrebbero essere state le prime forme di vita apparse nel cosmo.
Con un arco di tempo così ampio a loro disposizione, gli zeroids potrebbero aver attraversato diversi stadi evolutivi, sviluppandosi in unità biologiche microscopiche, oppure avere dimensioni gigantesche.
Anche la loro morfologia potrebbe variare da forme molto semplici ad altre estremamente complesse. Secondo l’astrofisico russo, tali organismi avrebbero la capacità sia di vivere singolarmente che in vaste colonie.
Sebbene sia da escludere lo sviluppo di una morfologia umanoide, altrettanto non si può escludere che possano aver sviluppato un’intelligenza simile alla nostra, se non addirittura superiore.
Il sostentamento di alcuni zeroids potrebbe essere garantito dalla presenza di nubi i polvere e gas interstellare. Per altri, invece, potrebbe valere la legge classica della preda e del predatore. Teoricamente, potrebbero vivere in qualunque punto dello spazio, sia all’interno che all’esterno delle galassie.
Dotati di mobilità e intelligenza, questi mastodontici esseri vagherebbero nello spazio alla ricerca di cibo, brucando l’atmosfera dei pianeti, compresa la nostra, in cerca di nutrienti ed essere scambiati per navi spaziali aliene dalla popolazione e dagli strumenti.
Alcuni zeroids potrebbero rimanere uccisi dall’attrito con l’atmosfera terrestre, riducendo il corpo delle povere creature in sfere di fuoco prima, e in cenere e gas poi.
Altri, invece, potrebbero aver sviluppato una sorta di scudo protettivo naturale – solido o elettromagnetico – che permette loro di attraversare tranquillamente la nostra atmosfera in cerca di cibo. E questi sarebbero alcuni di quelli che noi chiamiamo UFO!
In realtà ci sarebbero esistono diverse immagini che potrebbero dare qualche indizio a sostegno dell’affascinante teoria. Nel 1976, nella regione di Cluj-Napoca, Romania, si materializzò quello che sembrava essere una “sfera di luce vivente” che mostrava un comportamento decisamente animale! Le fotografie scattare all’entità hanno superato tutti i test di autenticità.
Un altro caso, invece, risale al 1978, nella British Columbia. La ricercatriceDorothy Wilkinson scattò la prima di una lunga serie di immagini che mostrano delle bizzarre stringhe simili a forme di luce e che somigliano ad una sorta di “vermi spaziali”!
Una strana foto è conservata nell’archivio fotografico della NASA. A riprendere l’immagine è stato l’equipaggio della missione Shuttle STS-105, lanciata in orbita il 10 agosto 2001 dal Kennedy Space Center.
La fotografia sembra mostrare la sagoma di quello che ha tutta l’area di essere un serpente che “nuota” sul bordo dell’atmosfera terrestre. Cosa potrebbe essere? E’ difficile stabilire le dimensioni dell’oggetto dato che non si conosce a quale distanza sia stata scattata la foto. [Vedi immagine originale Nasa].
Un altra immagine intrigante è stata scattata nel 2003 dagli astronauti in missione sulla Stazione Spaziale Internazionale, nella quale si intravede una strana forma gigante sullo sfondo che ha tutta l’area di essere un UFO, cioè un oggetto volante (in questo caso, orbitante) non identificabile.
L’impressione che si ha nell’osservare l’oggetto è quella di trovarsi di fronte ad una sorta di veicolo biomeccanico. [Vedi immagini originali NASA].
Il tema non è sfuggito alla fantascienza. In almeno due serie tv si parla di “zeroids”. La prima è la serie Farscape, nella quale l’astronave utilizzata dai protagonisti è Moja, un essere vivente dello spazio utilizzato come mezzo di trasporto (tipo cavalli spaziali).
La seconda è la più blasonata Star Trek – The Next Generation. Proprio nel pilot della serie (Incontro a Farpoint), l’equipaggio dell’Enterprise aiuta uno zeroid a ritrovare la libertà dopo essere stata sfruttata come “base spaziale”. Per dirla con Spock… affascinante!
La Battaglia di Los Angeles - un mistero ancora irrisolto
Gli Stati Uniti erano da poco entrati nella Seconda Guerra Mondiale dopo l’attacco del Giappone, il 7 dicembre 1941 a Pearl Harbor.
Tutta la costa occidentale e della California era sotto tiro e in stato di massima allerta e la paura di una possibile invasione giapponese era all’ordine del giorno.
Alle ore 2:05 del 25 febbraio scattò l’allarme aereo (con il tipico suono della sirena) e la contraerea passò al “ livello verde” ovvero pronta al combattimento. L’allarme fu lanciato nel momento in cui i radar registrarono un veivolo non identificato che si trovava a 193 km a ovest di Los Angeles.
Nonostante l’insufficienza numerica furono preparati i radar dell’8° comando di intercettazione in attesa di notizie sicure e certe. Immediatamente il cielo buio si illuminò dalla luce dei fari a terra finché non venne “ inquadrato” un oggetto misterioso dalla forma tipica di un disco volante. Una sorta di astronave.
La contraerea aprì il fuoco. Vennero sparati più di 1500 proiettili dal peso di 5,6kg ciascuna. Sembrava non avessero fatto effetto sull’oggetto. Alle ore 3:05 fu visto un pallone aerostatico a Santa Monica, che venne abbattuto. Si sparse la voce di aerei in volo e di alcuni che si schiantarono sulle colline di Hollywood.
La popolazione di Los Angeles andò nel caos più totale, tale fenomeno venne chiamato “nervosismo da Guerra”. Molti militari spararono a caso e non centrarono il bersaglio. La protezione civile si trovò impreparata nell’affrontare tale situazione. Ci fù un blackout totale che durò 5 ore.
Alle ore 7 e 21 venne revocato l’allarme aereo. Si dovette fare la conta dei danni. Ci furono 6 morti civili, centinaia di feriti, numerosi edifici distrutti, e si contarono danni a case e strade anche a distanza di km ...
La prima pagina del Los Angeles Times del 26 febbraio 1941 fece il giro del mondo e si intravede chiaramente l’ Intruso” ovvero l’oggetto illuminato dai fari a terra.
Il segretario della Difesa Knox disse che si trattò di un falso allarme mentre spunta un memorandum spedito dal generale Marshall ( allora Capo di Stato Maggiore dell’Esercito) al Presidente Roosevelt nel quale vennero elencati i dettagli dell’accaduto. Nel 1983 l’Ufficio della United State Air Force confermò che si trattò di un pallone aerostatico.
Eppure l’esercito affermò che la minaccia era reale. Ma qui sorge la prima domanda: come è possibile che 1500 proiettili non siano riusciti ad abbattere una normale sonda? L’ombra dell’insabbiamento governativo prese corpo. Cosa è successo realmente quella notte? Iniziano a diffondersi diverse teorie cospirative:
La battaglia “Great Los Angeles Air Road”, che precede di due anni l’Ufo Crash di Roswell, fu il primo contatto ravvicinato militare con gli alieni della storia. Infatti l’”oggetto misterioso” non rispose alla contraerea, aveva l'apparenza tipica di un disco volante, sembrava muoversi in modo così lento da sembrare fermo e molti testimoni lo videro fluttuare verso Long Beach. Si susseguono perciò diverse domande:- Di cosa aveva paura l’Esercito Americano?
- Possibile che si sia trattato di un semplice test di esercitazione come molti sostennero al punto tale da giustificare un massiccio impiego di armi?
- Cosa ha realmente provocato il blackout di 5 ore sulla città?
- Si è trattata di uno scontro a fuoco con gli extraterrestri e il governo americano ha finora nascosto ogni prova all’opinione pubblica ?
Tanti interrogativi ma nessuna risposta certa. Forse la verità come si spera, verrà fuori solo tra qualche anno e avremo un‘ idea più nitida di cosa accade quel giorno.. Questo si tratta di un vero e proprio mistero.
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