giovedì 31 luglio 2014

Pedra Gàvea, la sfinge dimenticata.

Brasile
Una leggendaria montagna, un volto scolpito a guardia di un sepolcro fenicio o incisione di origine non naturale? Misteriose iscrizioni sembrano fornire gli indizi di un'antica lingua estinta.



    
Tra San Corrado e Barra di Tijuca, presso Rio de Janeiro, una leggendaria montagna con il volto di un antico gigante si innalza a 842 metri sopra il livello del mare. Quando il Brasile venne scoperto, gli esploratori portoghesi diedero alla pietra il nome di Gávea e la utilizzarono come punto di osservazione per le caravelle in arrivo. L'enorme roccia, circondata da un'esuberante vegetazione autoctona, ha stimolato l'immaginazione sia del pubblico che degli storici attraverso i secoli.
Su uno dei suoi lati spiccano antiche iscrizioni apparentemente non di origine naturale, rappresentanti un vero rompicapo archeologico: da anni, infatti, nessuno, riesce a capire chi o perché le abbia realizzate. Secondo Pedro Lacaz do Amaral, esperta guida alpinistica dell'associazione Live To Climb, che ha scalato la roccia numerose volte, la pietra dovrebbe essere il luogo di sepoltura di un antico re fenicio. Amaral ritiene si tratti di una leggenda molto conosciuta tra i Brasiliani e, a suo avviso, le incisioni sulla rupe non possono essere state provocate da agenti atmosferici o dalla naturale erosione del tempo.
La Testa dell'Imperatore
Le prime testimonianze sull'insolito sito risalgono al XIX secolo. In quel periodo alcuni "segni" rinvenuti su un lato della roccia richiamarono l'attenzione dell'Imperatore Don Pedro I. Tuttavia, suo padre Joáo VI, re del Portogallo, aveva già ricevuto da un religioso una relazione in cui si faceva riferimento a misteriose iscrizioni risalenti a prima del 1500, epoca in cui il Brasile venne scoperto. Negli anni che seguirono, furono condotte alcune ricerche, fino al 23 Marzo 1839, quando nella sua ottava sessione straordinaria, l'Istituto Geografico e Storico del Brasile decise che la Pietra di Gávea e le sue iscrizioni dovevano essere analizzate accuratamente.
Venne costituita una commissione e, a distanza di 130 anni - come riportato da "O Globo", uno dei maggiori quotidiani brasiliani, su cui apparve l'inchiesta - il rapporto affermava che essi avevano "visto le iscrizioni ed anche alcune depressioni, causate da fattori naturali". Tuttavia, chiunque osservi tali segni da vicino converrà che un fenomeno naturale ne avrebbe difficilmente potuto causare la comparsa.
Nessuno avrebbe più parlato della roccia ufficialmente, fino al 1931, quando un gruppo di escursionisti formò una spedizione per scoprire la tomba di un re fenicio salito al trono nel 856 a.C. Vennero compiuti alcuni scavi amatoriali, ma senza esito. Due anni più tardi, nel 1933 e in seguito nel 1937, altre due spedizioni stavolta composte da un centinaio di partecipanti si calarono, usando delle funi, all'altezza degli occhi della figura nel tentativo di constatare l'autenticità o meno della leggenda.
Iscrizioni Fenicie?
Nel 1946, secondo un articolo risalente al 1956, il Centro Escursionistico Brasiliano conquistò l'orecchio destro della testa, situato in una posizione molto difficile da raggiungere, giacché, con un'inclinazione di 80 gradi rispetto al terreno, un solo errore per gli scalatori risulta fatale, provocando una caduta libera di circa 20 metri. Nell'orecchio della testa monumentale si trova l'entrata di una grotta che conduce ad una caverna sotterranea lunga e stretta che attraversa tutta la roccia fino all'altra estremità. Nel 1972 alcuni rocciatori della Equipe Neblina scalarono la Paredáo do Escaravelho, la parete est della testa, e si imbatterono nelle iscrizioni che si trovano a circa 30 metri più in basso rispetto alla sommità, in un punto estremamente scosceso. Sebbene Rio presenti un tasso annuale di precipitazioni piovose molto alto, le iscrizioni erano ancora quasi intatte. Nel 1963 l'archeologo Bernardo A. Silva Ramos, le tradusse così: LAABHTEJ BAR RIZDAB NAISINEOF RUZT, che, letto al contrario risulta: TZUR FOENISIAN BADZIR RAB JETHBAAL, ovvero: TIRO FENICIA, PRIMOGENITO DI JETHBAAL.
Queste, solo alcune delle circostanze che fatto nascere numerose leggende sulla roccia. La grande testa con due occhi (non molto profondi e non comunicanti tra loro) e orecchie; le enormi rocce sulla sommità della testa, simili a una sorta di corona o di un ornamento; una grande cavità a forma di portale nella parte nord-est della testa, alta 15 metri, larga sette e profonda due; un osservatorio nella parte sud-est, simile ad un dolmen e contenente incisioni; un punto culminante somigliante ad una piccola piramide, formato da un singolo blocco di pietra, al vertice della testa; le controverse iscrizioni sulla parete rocciosa; alcune altre piccole iscrizioni che ricordano serpenti, raggi solari, sparse su tutta la cima del monte; e la posizione di un presunto naso che sarebbe crollato molto tempo fa.
Una scoperta da tenere segreta
Roldáo Pires Brandáo, presidente dell'Associazione Brasiliana di Speleologia e Ricerca Archeologica di Rio, ha dichiarato: "Si tratta di una sfinge scolpita nel granito dai Fenici, con volto umano ed il corpo di un animale disteso. La coda deve essere caduta a causa di erosioni nel tempo. La roccia, vista da lontano, possiede la magnificenza dei monumenti faraonici e riproduce, in uno dei suoi lati, il volto severo di un patriarca" (fonte: O Globo). Sappiamo che nell'856 A.C. Badezir prese il posto di suo padre sul trono reale di Tiro. Forse la Pietra di Gávea è la tomba di quel re? A Niterôi, Campos e Tijuca sono stati ritrovati altri siti che confermerebbero l'effettiva presenza dei Fenici nella zona. In un'isola a largo della costa di Paraéba, Stato del Brasile molto distante da Rio, sono state scoperte alcune rocce ciclopiche e le rovine di un antico castello con enormi sale, lunghi corridoi e passaggi.
Secondo alcuni esperti il castello sarebbe una delle vestigia lasciate dai Fenici; altri non concordano. Robert Frank Marx, archeologo americano intenzionato a scoprire le prove di navigazioni trans-oceaniche di epoca pre-Colombiana in Brasile, iniziò nell'Ottobre 1982 una serie di immersioni nella baia per individuare una nave fenicia naufragata e provare che le coste brasiliane erano state esplorate da civiltà orientali, in tempi remoti. Non trovò il vascello, ma quello che scoprì è di immenso valore. A questo proposito il quotidiano O Globo scrive: "Il caso delle terrecotte fenicie nella Baia di Guanabara è stato trattato con estrema segretezza ed il loro ritrovamento è stato svelato solo un anno dopo, nel 1978, tramite informazioni molto vaghe. Il nome del sommozzatore che ha rinvenuto i dodici reperti archeologici è stato rivelato solo ieri, dopo una conferenza al Museo Marittimo, dal presidente dell'Associazione Professionale per le Attività Subacquee, Raul Cerqueira". Tre i vasi ritrovati. Uno restò nelle mani di José Roberto Teixeira, il sub che scoprì i vasi; gli altri due andarono ai Marines. I pezzi, della capacità di 36 litri, dovrebbero essere sotto stretta sorveglianza del governo brasiliano.
L'ingresso di Agartha
Alcuni sostenitori dell'esistenza del leggendario regno di Shambalah, un vasto impero sotterraneo contenente migliaia di abitanti e la cui capitale sarebbe la mitica Agartha, sostengono che il nostro mondo abbia luoghi d'accesso segreti situati in alcune zone del pianeta. Secondo loro, in Brasile vi sarebbero tre entrate che conducono ad Agartha: Le Sette Città di Piaué, le Montagne di Roncador (MT) e... la Pietra di Gávea. Il portale trovato sul lato sinistro, visibile dal basso, a 800 metri di distanza, potrebbe costituire l'entrata per tale mondo. Vi sono resoconti di scalatori che affermano di aver visto delle luci filtrare attraverso le fessure intorno ai lati della pietra incastrata nel portale, o presunta porta, che ostruisce l'ingresso ad Agartha.
Secondo la mitologia persiana, in corrispondenza dei punti cardinali della Terra esistono quattro stelle guardiane del cielo e la Pietra di Gávea sarebbe sotto la loro protezione, esse sono: Aldebaran a Est, Fomalhaut a Sud, Regulus a Nord ed Antares a Ovest. Alcuni ritengono che la pietra sarebbe protetta da poteri cosmici non appartenenti alle forze divine nè alle forze maligne note all'uomo.

Nel 1937 due scienziati furono ricoverati in una clinica dopo aver trascorso una notte sulla montagna, dove giurarono di aver visto un'insolita luce verde fuoriuscire dalle fessure intorno al portale, attraverso le quali scorsero diverse statue dalle fattezze umane. Sebbene vi siano valide prove del fatto che la pietra fosse effettivamente un qualche tipo di segnale e che quindi meriti di essere sottoposta ad uno studio più approfondito, il sito resta principalmente una meta per escursionisti, turisti e ricercatori. Se essa sia stata o meno la tomba di Badezir o rappresenti l'ingresso per il leggendario regno di Agartha è difficile stabilirlo. La zona è in parte ancora inesplorata e numerosi interrogativi non sono stati ancora sciolti. Chi saranno stati gli autori di un monumento così grandioso? Potrebbe essere stato il medesimo popolo che scolpì le linee di Nazca o edificò le mura sommerse di Bimini nelle Bahamas? I costruttori sono stati forse i Fenici? E se lo erano, come riuscirono ad attraversare l'oceano? Il mistero permane, mentre il volto di un gigante nascosto continua a guardare il sorgere del Sole, come in attesa che qualcuno riesca a svelare i suoi segreti.



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