Brasile
Una leggendaria montagna, un volto scolpito a guardia di un
sepolcro fenicio o incisione di origine non naturale? Misteriose iscrizioni
sembrano fornire gli indizi di un'antica lingua estinta.
Tra San Corrado e Barra di Tijuca, presso Rio de Janeiro,
una leggendaria montagna con il volto di un antico gigante si innalza a 842
metri sopra il livello del mare. Quando il Brasile venne scoperto, gli
esploratori portoghesi diedero alla pietra il nome di Gávea e la utilizzarono
come punto di osservazione per le caravelle in arrivo. L'enorme roccia,
circondata da un'esuberante vegetazione autoctona, ha stimolato l'immaginazione
sia del pubblico che degli storici attraverso i secoli.
Su uno dei suoi lati spiccano antiche iscrizioni
apparentemente non di origine naturale, rappresentanti un vero rompicapo
archeologico: da anni, infatti, nessuno, riesce a capire chi o perché le abbia
realizzate. Secondo Pedro Lacaz do Amaral, esperta guida alpinistica
dell'associazione Live To Climb, che ha scalato la roccia numerose volte, la
pietra dovrebbe essere il luogo di sepoltura di un antico re fenicio. Amaral
ritiene si tratti di una leggenda molto conosciuta tra i Brasiliani e, a suo
avviso, le incisioni sulla rupe non possono essere state provocate da agenti
atmosferici o dalla naturale erosione del tempo.
La Testa dell'Imperatore
Le prime testimonianze sull'insolito sito risalgono al XIX
secolo. In quel periodo alcuni "segni" rinvenuti su un lato della
roccia richiamarono l'attenzione dell'Imperatore Don Pedro I. Tuttavia, suo
padre Joáo VI, re del Portogallo, aveva già ricevuto da un religioso una
relazione in cui si faceva riferimento a misteriose iscrizioni risalenti a
prima del 1500, epoca in cui il Brasile venne scoperto. Negli anni che
seguirono, furono condotte alcune ricerche, fino al 23 Marzo 1839, quando nella
sua ottava sessione straordinaria, l'Istituto Geografico e Storico del Brasile
decise che la Pietra di Gávea e le sue iscrizioni dovevano essere analizzate
accuratamente.
Venne costituita una commissione e, a distanza di 130 anni -
come riportato da "O Globo", uno dei maggiori quotidiani brasiliani,
su cui apparve l'inchiesta - il rapporto affermava che essi avevano "visto
le iscrizioni ed anche alcune depressioni, causate da fattori naturali".
Tuttavia, chiunque osservi tali segni da vicino converrà che un fenomeno
naturale ne avrebbe difficilmente potuto causare la comparsa.
Nessuno avrebbe più parlato della roccia ufficialmente, fino
al 1931, quando un gruppo di escursionisti formò una spedizione per scoprire la
tomba di un re fenicio salito al trono nel 856 a.C. Vennero compiuti alcuni
scavi amatoriali, ma senza esito. Due anni più tardi, nel 1933 e in seguito nel
1937, altre due spedizioni stavolta composte da un centinaio di partecipanti si
calarono, usando delle funi, all'altezza degli occhi della figura nel tentativo
di constatare l'autenticità o meno della leggenda.
Iscrizioni Fenicie?
Nel 1946, secondo un articolo risalente al 1956, il Centro
Escursionistico Brasiliano conquistò l'orecchio destro della testa, situato in
una posizione molto difficile da raggiungere, giacché, con un'inclinazione di
80 gradi rispetto al terreno, un solo errore per gli scalatori risulta fatale,
provocando una caduta libera di circa 20 metri. Nell'orecchio della testa
monumentale si trova l'entrata di una grotta che conduce ad una caverna
sotterranea lunga e stretta che attraversa tutta la roccia fino all'altra
estremità. Nel 1972 alcuni rocciatori della Equipe Neblina scalarono la Paredáo
do Escaravelho, la parete est della testa, e si imbatterono nelle iscrizioni
che si trovano a circa 30 metri più in basso rispetto alla sommità, in un punto
estremamente scosceso. Sebbene Rio presenti un tasso annuale di precipitazioni
piovose molto alto, le iscrizioni erano ancora quasi intatte. Nel 1963
l'archeologo Bernardo A. Silva Ramos, le tradusse così: LAABHTEJ BAR RIZDAB
NAISINEOF RUZT, che, letto al contrario risulta: TZUR FOENISIAN BADZIR RAB
JETHBAAL, ovvero: TIRO FENICIA, PRIMOGENITO DI JETHBAAL.
Queste, solo alcune delle circostanze che fatto nascere
numerose leggende sulla roccia. La grande testa con due occhi (non molto
profondi e non comunicanti tra loro) e orecchie; le enormi rocce sulla sommità
della testa, simili a una sorta di corona o di un ornamento; una grande cavità
a forma di portale nella parte nord-est della testa, alta 15 metri, larga sette
e profonda due; un osservatorio nella parte sud-est, simile ad un dolmen e
contenente incisioni; un punto culminante somigliante ad una piccola piramide,
formato da un singolo blocco di pietra, al vertice della testa; le controverse
iscrizioni sulla parete rocciosa; alcune altre piccole iscrizioni che ricordano
serpenti, raggi solari, sparse su tutta la cima del monte; e la posizione di un
presunto naso che sarebbe crollato molto tempo fa.
Una scoperta da tenere segreta
Roldáo Pires Brandáo, presidente dell'Associazione
Brasiliana di Speleologia e Ricerca Archeologica di Rio, ha dichiarato:
"Si tratta di una sfinge scolpita nel granito dai Fenici, con volto umano
ed il corpo di un animale disteso. La coda deve essere caduta a causa di
erosioni nel tempo. La roccia, vista da lontano, possiede la magnificenza dei
monumenti faraonici e riproduce, in uno dei suoi lati, il volto severo di un
patriarca" (fonte: O Globo). Sappiamo che nell'856 A.C. Badezir prese il
posto di suo padre sul trono reale di Tiro. Forse la Pietra di Gávea è la tomba
di quel re? A Niterôi, Campos e Tijuca sono stati ritrovati altri siti che
confermerebbero l'effettiva presenza dei Fenici nella zona. In un'isola a largo
della costa di Paraéba, Stato del Brasile molto distante da Rio, sono state
scoperte alcune rocce ciclopiche e le rovine di un antico castello con enormi
sale, lunghi corridoi e passaggi.
Secondo alcuni esperti il castello sarebbe una delle
vestigia lasciate dai Fenici; altri non concordano. Robert Frank Marx,
archeologo americano intenzionato a scoprire le prove di navigazioni
trans-oceaniche di epoca pre-Colombiana in Brasile, iniziò nell'Ottobre 1982
una serie di immersioni nella baia per individuare una nave fenicia naufragata
e provare che le coste brasiliane erano state esplorate da civiltà orientali,
in tempi remoti. Non trovò il vascello, ma quello che scoprì è di immenso
valore. A questo proposito il quotidiano O Globo scrive: "Il caso delle
terrecotte fenicie nella Baia di Guanabara è stato trattato con estrema
segretezza ed il loro ritrovamento è stato svelato solo un anno dopo, nel 1978,
tramite informazioni molto vaghe. Il nome del sommozzatore che ha rinvenuto i
dodici reperti archeologici è stato rivelato solo ieri, dopo una conferenza al
Museo Marittimo, dal presidente dell'Associazione Professionale per le Attività
Subacquee, Raul Cerqueira". Tre i vasi ritrovati. Uno restò nelle mani di
José Roberto Teixeira, il sub che scoprì i vasi; gli altri due andarono ai
Marines. I pezzi, della capacità di 36 litri, dovrebbero essere sotto stretta
sorveglianza del governo brasiliano.
L'ingresso di Agartha
Alcuni sostenitori dell'esistenza del leggendario regno di
Shambalah, un vasto impero sotterraneo contenente migliaia di abitanti e la cui
capitale sarebbe la mitica Agartha, sostengono che il nostro mondo abbia luoghi
d'accesso segreti situati in alcune zone del pianeta. Secondo loro, in Brasile
vi sarebbero tre entrate che conducono ad Agartha: Le Sette Città di Piaué, le
Montagne di Roncador (MT) e... la Pietra di Gávea. Il portale trovato sul lato
sinistro, visibile dal basso, a 800 metri di distanza, potrebbe costituire
l'entrata per tale mondo. Vi sono resoconti di scalatori che affermano di aver
visto delle luci filtrare attraverso le fessure intorno ai lati della pietra
incastrata nel portale, o presunta porta, che ostruisce l'ingresso ad Agartha.
Secondo la mitologia persiana, in corrispondenza dei punti
cardinali della Terra esistono quattro stelle guardiane del cielo e la Pietra
di Gávea sarebbe sotto la loro protezione, esse sono: Aldebaran a Est,
Fomalhaut a Sud, Regulus a Nord ed Antares a Ovest. Alcuni ritengono che la
pietra sarebbe protetta da poteri cosmici non appartenenti alle forze divine nè
alle forze maligne note all'uomo.
Nel 1937 due scienziati furono ricoverati in una clinica
dopo aver trascorso una notte sulla montagna, dove giurarono di aver visto
un'insolita luce verde fuoriuscire dalle fessure intorno al portale, attraverso
le quali scorsero diverse statue dalle fattezze umane. Sebbene vi siano valide
prove del fatto che la pietra fosse effettivamente un qualche tipo di segnale e
che quindi meriti di essere sottoposta ad uno studio più approfondito, il sito
resta principalmente una meta per escursionisti, turisti e ricercatori. Se essa
sia stata o meno la tomba di Badezir o rappresenti l'ingresso per il
leggendario regno di Agartha è difficile stabilirlo. La zona è in parte ancora
inesplorata e numerosi interrogativi non sono stati ancora sciolti. Chi saranno
stati gli autori di un monumento così grandioso? Potrebbe essere stato il
medesimo popolo che scolpì le linee di Nazca o edificò le mura sommerse di
Bimini nelle Bahamas? I costruttori sono stati forse i Fenici? E se lo erano,
come riuscirono ad attraversare l'oceano? Il mistero permane, mentre il volto
di un gigante nascosto continua a guardare il sorgere del Sole, come in attesa
che qualcuno riesca a svelare i suoi segreti.
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