giovedì 23 luglio 2015

L’ENIGMA DEI TESTI CIFRATI ANCORA IMPENETRABILI: DAL MANOSCRITTO VOYNICH, AL QUADRATO MAGICO “SATOR”

“Qualunque codice inventato dall’umano ingegno può essere risolto dall’ingegno di un altro uomo”. Così scriveva Edgar Allan Poe nel racconto “Lo scarabeo d'oro” e in gran parte delle situazioni la sua riflessione è corretta. Eppure, esistono ancora oggi una serie di messaggi e testi cifrati, di provenienze diverse, che da secoli attendono qualcuno in grado di svelarne il significato.

crittologia

Presso la Beinecke Rare Book and Manuscript Library dell’Università di Yale, negli Stati Uniti, è conservato un volume di 204 pagine, scritto e illustrato a mano su pergamena di vitellino.
Il libro è stato datato con il radiocarbonio tra il 1404 e il 1438. Un oggetto straordinario da sfogliare, ma che si è rivelato un tormento per gli studiosi.
Nessuno, infatti, è ancora riuscito a capire in che lingua sia scritto e perché raffiguri una serie di piante e fiori mai visti prima, oltre a oscure rappresentazioni cosmologiche e astronomiche. Non a caso, è stato definito “il libro più misterioso del mondo”.
Wilfrid Voynich, un mercante di libri rari statunitense, lo acquistò dal collegio gesuita di Villa Mondragone, nei pressi di Frascati, nel 1912. Da allora, in tanti hanno cercato di decifrare il manoscritto.
Quando, alla fine della Seconda guerra mondiale, gli esperti di crittografia della Marina statunitense studiarono e analizzarono alcuni vecchi codici cifrati per mettere alla prova nuovi sistemi di decodifica, il Manoscritto Voynich fu l’unico a resistere a tutte le analisi.
Alcuni ipotizzarono che fosse stato scritto da Ruggero Bacone in una sorta di latino camuffato, ma gli esperti del filosofo escludono qualunque tipo di collegamento con il pensatore del Duecento.
Un filologo propose che fosse stato scritto in ucraino con le vocali rimosse ma, sebbene così tradotti alcuni passaggi abbiano un vago senso, non c’è correlazione tra il testo e le illustrazioni.
Un altro studioso attribuì il testo ai Catari e lo interpretò come un misto di diverse lingue medievali, la traduzione proposta però si rivelò priva di senso.
Secondo recenti studi, nonostante alcuni ricercatori lo considerino un falso rinascimentale creato ad arte per truffare qualche ricco collezionista o addirittura un sovrano, il manoscritto conterebbe un messaggio autentico che attendo solo di essere decodificato.
Svolta negli studi: il manoscritto Voynich contiene un messaggio autentico

Il Cifrario Beale

Talvolta, un codice segreto sembra inventato per nascondere un tesoro. È il caso del cosiddetto Cifrario Beale. Secondo un libretto del 1885, intito­lato The Beale Papers e scritto da un certo James B. Ward, nel 1817 Thomas Jefferson Beale partì con 30 uomini al seguito per una spedizione di caccia al bufalo quando, nel corso dell’impresa, il gruppo si imbattè in un favoloso giacimento aurifero.
Gli uomini raccolsero tre tonnellate tra oro, argento e pietre preziose, che seppellirono poi in Virginia con l’intenzione di recuperarle più tardi. Ma Beale e i suoi sparirono e un oste, cui Beale aveva lasciato una cassetta da aprire dieci anni dopo la sua scomparsa in caso gli fosse accaduto qualcosa, scoprì che nello scrigno c’erano tre fogli scritti con un codice numerico.
In una lettera accompagnatoria, Beale spiegava che i tre codici celavano la descrizione del tesoro, il luogo del suo nascondiglio e l’elenco dei nomi delle persone tra le cui famiglie andava divisa la fortuna. L’oste non riuscì a decifrarli e in punto di morte li passò forse a Ward, che riuscì a decifrare solo il secondo (la descrizione del tesoro) e pubblicò il libretto.
In tanti hanno cercato di localizzare il tesoro che, secondo alcune stime, potrebbe valere oggi sui 40 milioni di dollari. Le autorità della Bedford County (dove la fortuna sarebbe sepolta) hanno ormai proibito ogni tipo di scavo non autorizzato, in seguito ai danni prodotti negli anni alle proprietà della contea.
Tutta la vicenda, però, agli studiosi appare sospetta. Non esiste traccia di un simile Thomas Jefferson Beale in quegli anni e in quella zona, e sembra improbabile che 30 persone non solo mantengano il segreto su un possibile tesoro, ma scompaiano tutte senza che nessuno cerchi di scoprirne la sorte (sui giornali dell’epoca non si trova nulla in relazione a queste sparizioni).
Inoltre, varie incongruenze nel testo della presunta lettera di Beale, come l’uso di parole entrate nel linguaggio solo molti anni dopo l’epoca in cui fu scritta, fanno supporre che Fautore della beffa sia lo stesso Ward, unica fonte del racconto.

In fondo al pozzo

Un altro codice misterioso legato a un tesoro è quello che sarebbe stato trovato nel pozzo di Oak Island.
Secondo una leggenda, in un profondo pozzo di quest’isoletta della Nova Scozia, sarebbe nascosto un tesoro di pirati. Varie spedizioni sono state tentate per giungere sul fondo del pozzo, ma senza mai riuscire.
Nel corso degli scavi, sarebbe stata anche trovata una lastra di pietra incisa con iscrizioni in codice. Secondo una possibile traduzione direbbe: “Quaranta piedi sotto, sono sepolte due milioni di sterline? Ma anche in questo caso, come per il Cifrario Beale, sono tante le incongruenze.
Secondo lo studioso di misteri Joe Nickell, entrambe le vicende non sarebbero altro che allegorie massoniche: i tesori, insomma, non esistono ma le storie che ne parlano furono inventate da massoni, magari arricchendo leggende preesistenti, per tramandare alcuni rituali.
La massoneria si basa su un complesso sistema allegorico-simbolico, che fa spesso riferimento alla costruzione del Tempio di Re Salomone.
In queste allegorie si parla di una cripta segreta, nella quale sarebbero custoditi tesori e segreti localizzabili grazie a un codice misterioso. Ipotesi plausibile, che però non mette la parola fine ai misteri del Cifrario Beale e dì Oak Island.

Quasi decifrata la scrittura più antica del mondo


I cifrari D’Agapeyeff e Dorabella

Può anche accadere che un codice cifrato rimanga inviolato perché il suo autore si è dimenticato la chiave. È successo per esempio al cartografo inglese di origine russa Alexander D’Agapeyeff, che in un libretto di crittografia pubblicato nel 1939, Codes and Ciphers, inserì come sfida ai lettori un messaggio in codice.
Tutti i tentativi di risolverlo, però, fallirono e lo stesso D’Agapeyeff fu costretto a togliere la sfida dalle successive edizioni del libro perché non ricordava più come aveva ottenuto il cifrario.
Altre volte, uno scherzo può diventare un mistero perché il suo autore era una celebrità. Il compositore inglese Edward Elgar, autore della celebre marcia “Pomp and Circumstance”, scrisse nel 1897 una lettera cifrata alla signorina Dora Penny. La donna non fu in grado di decifrarne il significato, che resta ignoto tuttora.
Certamente Elgar non immaginava che la sua lettera sarebbe stata conservata e sarebbe poi divenuta un enigma, noto come Cifrario Dorabella, insolubile per i migliori crittografi del mondo.
Sono 87 caratteri che ricordano la scrittura araba, disposti su tre righe, che somigliano a un semplice cifrario a sostituzione, basato cioè su un testo originariamente scritto in inglese le cui lettere sono state poi sostituite con segni appositamente inventati.
Ogni tentativo fatto, però, ha dimostrato che quest’ipotesi non porta a nessun risultato. La Elgar Society aveva indetto un concorso nel 2007, in occasione dei 150 anni dalla nascita del compositore, per chi fosse riuscito a decifrare il codice. Nessuno vinse.

Crimini in codice

Che un crimine sia legato a un codice cifrato sembra più una trama da romanzo di spionaggio che un fatto. Eppure, è successo più di una volta. Nel 1948 un uomo senza documenti fu trovato morto sulla spiaggia di Somerton ad Adelaide, in Australia.
Cucito all’interno di una tasca dei pantaloni fu trovato un foglietto di carta arrotolato su cui erano stampate le parole “Taman Shud”. Si scoprì che erano le ultime parole di un libro di poesie, The Rubaiyat di Omar Khayam.
Una persona raccontò alla polizia che la notte prima del ritrovamento del cadavere aveva scoperto nella sua auto lasciata aperta proprio quel libro: quando si controllò si vide che il roto­lino di carta combaciava perfettamente con un pezzo strappato dal libro.
Esaminando il volume, si scoprì anche che riportava un testo in codice di cinque righe scritto a mano, e tutt’ora inviolato. L’identità dell’uomo di Somerton non fu mai scoperta. Anche nelle tasche di Ricky McCormick, vittima nel 1999 di un omicidio a St. Charles County, nel Missouri, furono trovate due paginette scritte in codice.
L’FBI non fu mai in grado di decifrarle, o di scoprire come o perché McCormick fu ucciso, tanto che sul suo sito l’Ente federale (http://forms.fbi. gov/code) chiede tuttora aiuto a chiunque possa dare una mano a risolvere l’arcano.

Serial killer

Tra gli anni ’60 e ’70, poi, in California del Nord si ripeterono gli omicidi casuali di un serial killer che, in alcune lettere spedite ai giornali, si firmava Zodiac. Le vittime accertate furono sette, ma Zodiac (la cui identità non fu mai scoperta) sosteneva di avere ucciso 37 persone.
Tra i suoi messaggi alla stampa, inviò anche quattro crittogrammi, tre dei quali mai decifrati. Nell’unico che fu decrittato, Zodiac spiegava quanto gli piacesse uccidere la gente, mentre nei messaggi rimanenti (non decrittati) egli sosteneva di aver scritto anche quale fosse la sua identità.
Il caso, che ha ispirato numerosi film, tra cui il primo della serie dell’ispettore Callaghan con Clint Eastwood, è tutt’ora aperto in varie giurisdizioni della California.

Sfide e indovinelli

Una sfida solo scherzosa è invece quella che l’artista James Sanborn ha realizzato per conto della CIA. Nel quartier generale dei servizi segreti americani, a Langley, in Virginia, si trova infatti una scultura a forma di “S” che Sanborn ha battezzato Kryptos (dal greco “nascosto”).
È interamente traforata da 869 lettere dell’alfabeto apparentemente disposte a caso ma che, in realtà, nascondono un messaggio. Gli appassionati di dittologia, così come i crittoanalisti della CIA, si sono divertiti a cercare una soluzione.
Al momento, tre quarti del testo sono stati decrittati e si tratta di una meditazione sulla natura dei segreti e sull’elusività della verità. Sulla quarta parte, però, tutti gli esperti si sono finora bloccati, tanto che esiste sul web un gruppo composto da oltre 2.000 persone, impegnate a trovare una soluzione.
È ancora in cerca di una spiegazione anche una misteriosa iscrizione presente su un monumento a Shugborough Hall, in Inghilterra. Il monumento, costruito tra il 1748 e il 1763, fu voluto dall’allora parlamentare inglese Thomas Anson. Mostra una copia in bassorilievo dei Pastori d’Arcadia, celebre dipinto di Nicolas Poussin.
Al di sotto di questa raffigurazione si trovano le lettere “D M” (che forse stanno per Diis Manibus, cioè “Dedicato alle ombre” come si usava sulle tombe degli antichi Romani) e poi una sequenza di otto lettere: O-U-O-S-V-A-V-V il cui significato è ancora oscuro.
Un’ipotesi è che si tratti dell’acronimo di una dedica in latino alla moglie defunta: Optimae Uxoris Optimae Sororis Viduus Amantissimus Vovit Virtutibus (Migliore delle mogli, migliore delle sorelle, un devotissimo vedovo dedica alle tue virtù).
Esistono però altre possibili soluzioni, una delle quali sostiene che, una volta decifrato, il messaggio indicherebbe la distanza tra Shugborough e il pozzo di Oak Island.

Il magico quadrato del Sator

Su un gran numero di reperti archeologici rinvenuti in tutta Europa compare un’iscrizione latina, in forma di quadrato magico, composta da cinque parole: SATOR, AREPO, TENET, OPERA, ROTAS. Sovrapponendo una parola all’altra nell’ordine indicato si ottiene una frase palindroma, che rimane identica sia che sia letta da sinistra a destra o viceversa; o dall’alto in basso o viceversa.
L’esemplare più antico di questo quadrato “magico” è stato trovato a Pompei (79 d.C.), su una colonna dell’edificio chiamato Palestra Grande, ma in Italia se ne trovano diversi: sul Duomo di Siena, nella Certosa di Trisufti a Collepardo (Fresinone), nella Collegiata di Sant’Orso ad Aosta, nell’Abbazia di Valvisciolo a Sermoneta.
Di cosa si tratta? Il suo significato non è chiaro, una traduzione letterale (ipotizzando che il termine arepo, inesistente in latino, indichi un tipo di carro) non aiuta: “Il seminatore, col suo carro, tiene con cura le ruote”. Forse un riferimento al Creatore che si prende cura delle sue opere, forse un messaggio apotropaico simile ad Abracadabra, forse un anagramma che nasconde il simbolo della croce.
Nessuno può dirlo con certezza, ma non c’è dubbio che questo strano sigillo, che ci accompagna da almeno 2.000 anni, continuerà ad affascinare gli studiosi ancora per parecchio tempo. [focus.it]

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