Cosa sono gli enigmatici monoliti poggiati sul fondo del Pacifico? Formazioni naturali scolpite dall'incessante lavorio di erosione dell'oceano, oppure i fondali marini contengono quelle che sembrano essere le rovine di una civiltà formatasi alla fine dell'era glaciale?
Sulla costa meridionale dell’isola giapponese di Yonaguni, si trovano le più enigmatiche e controverse formazioni sommerse mai rinvenute, presumibilmente databili a oltre 10 mila anni fa.
La natura delle strutture è oggetto di un acceso dibattito tra i ricercatori. Molti di essi sono convinti che si tratti di strutture realizzate dalla mano dell’uomo in tempi remotissimi.
Gli scienziati più conservatori, invece, insistono dicendo che le formazioni sono il risultato dell’erosione naturale delle rocce.
Il maestoso sito, unico nel suo genere, è stato scoperto nel 1987, quando alcuni subacquei si immersero nelle acque a sud dell’isola per studiare la grande popolazione di squali martello che si radunano nella zona.
Fu il giapponese Kihachiro Aratake, nel corso dell’immersione, a scoprire per caso quella che gli sembrò una struttura architettonica. Ad un certo punto della sua esplorazione, si rese conto che sul fondo dell’oceano c’erano una serie di blocchi monolitici, simili alle terrazze realizzate sui fianchi delle montagne.
Quando ne fu divulgata la scoperta, il sito attirò quasi istantaneamente folle di archeologi subacquei, le televisioni di tutto il mondo e una frotta di curiosi appassionati, nessuno dei quali in grado di accertare la natura dei blocchi sommersi. La polemica tra chi ne sosteneva l’origine artificiale e chi quella naturale montava sempre di più.
Da allora molti sono gli scienziati che hanno studiato il fenomeno, malgrado la presenza di forti correnti oceaniche, che rendono difficili le immersioni.
Solo verso la fine del 1997 furono fatti tentativi più seri per raccogliere i dati del sito e delinearne la struttura. Lo studio rivelò molti risultati sorprendenti, tra cui l’esistenza di un arco massiccio e diversi passaggi realizzati tra gli enormi blocchi di pietra che sembravano combaciare perfettamente tra loro.
Inoltre, esplorazioni più approfondite individuarono strutture simili a rampe di scale , strade lastricate e incroci che conducevano a piazze circondate da piloni in pietra. La profondità del sito varia da un minimo di 20 metri ad un massimo di 100 metri, mentre la struttura misura 120 metri in lunghezza, 40 metri in ampiezza e circa 25 metri in altezza.
Cosa sono, dunque, gli enigmatici monoliti poggiati sul fondo del Pacifico? Formazioni naturali scolpite dall’incessante lavorio di erosione dell’oceano, oppure i fondali marini contengono quelle che sembrano essere le rovine di una civiltà formatasi alla fine dell’era glaciale?
Molte delle caratteristiche di Yonaguni sono state osservate anche in formazioni naturali di arenaria sparse in tutto il mondo, ma l’alta concentrazione di strutture simmetriche altamente levigate e i numerosi angoli di 90 gradi in un’area così limitata fanno ritenere altamente improbabile la loro origine naturale.
I sostenitori dell’origine naturale
Nonostante le caratteristiche insolite del sito di Yonaguni, c’è un gruppo di scienziati che ha studiato le formazione sottomarine e che è fortemente convinto che i grandi blocchi monolitici siano di origine naturale, risultato dei movimenti tettonici e di altri fenomeni naturali.
Tra questi c’è il geologo Robert Schoch della Boston University, il quale ipotizza che la formazione del sito dipenda dall’erosione delle rocce da parte dell’oceano e della barriera corallina.
Schoch sostiene che le rocce in questione “sono tutte naturali e sono il risultato di una geologia di base e di una classica stratigrafia di rocce arenarie, che tendono a staccare tra loro diverse placche di fondali marini creando l’effetto particolare dei bordi, specialmente in un’area con forte attività sismica”.
A favore dell’ipotesi naturale si schiera anche lo studioso John Anthony West, convinto che le cosiddette strade siano semplicemente “piattaforme naturali” orizzontali e che le strade siano canali scavati dall’erosione naturale delle rocce.
Altri geologi che hanno familiarità con l’area sostengono che le strutture siano di origine geologica, e le precise forme geometriche di varia complessità comprovate da foto in immersione, hanno caratteristiche non dissimili da altre formazioni geologiche conosciute, come il Selciato del Gigante, in Irlanda del Nord, o le scale della Old Rag Mountain, in Virginia.
Resti di un’antica civiltà?
Tuttavia, un nutrito gruppo di ricercatori persiste nell’opinione che le strutture di Yonaguni siano di origine artificiale, certi di trovarsi davanti alle vestigia di un’antica città esistita almeno 10 mila anni fa, quando il livello del mare era molto più basso rispetto ad oggi.
Infatti, sono state rinvenute tracce di flora, fauna e stalattiti che si formano abitualmente solo in superficie. La posizione della struttura megalitica fa pensare che la città sia improvvisamente sprofondata sul fondo dell’oceano. Nel loro insieme, le strutture rinvenute richiamano sorprendentemente le piramidi egiziane.
Un gruppo di ricercatori guidati dal professor Masaaki Kimura, sismologo marino dell’Università delle Ryūkyū, ha studiato le formazioni, giungendo alla conclusione che le formazioni possano essere state costruite dall’uomo, come confermerebbe il rinvenimento di quella che qualcuno assimila a una “faccia”, posta su un lato della struttura.
Kimura stima che il periodo in cui fu realizzato il sito sia da collocare all’ultima era glaciale, quando l’area dove ora esiste Yonaguni faceva parte di un ponte continentale che includeva le isole di Taiwan e le Ryūkyū, posto tra il Giappone e l’Asia. Il livello dei mari era più basso di quello attuale a causa del ghiaccio che si accumulava nelle zone temperate.
Kimura afferma di aver individuato almeno 15 strutture artificiali al largo di Yonaguni, incluso un castello, collegamenti di strade e acquedotti. Il ricercatore sostiene anche di aver trovato impresse sulle rocce immagini di animali e persone.
Uno dei sostenitori dell’ipotesi artificiali è l’esploratore e ricercatore Graham Hancock, il quale traccia un parallelo tra le formazioni di Yonaguni e altri resti trovati sotto le acque del lago Titicaca e al largo della costa dell’India. Tutte queste strutture sommerse offrono un’ulteriore prova dell’esistenza di un vasto mondo subacqueo, dove esistono monumenti che risalgono ai più antichi capitoli della storia umana.
Se le strutture di Yonaguni dovessero davvero risultare i resti di una città antica, allora una delle possibilità è quella di attribuirla agli abitanti preistorici del Giappone, una cultura chiamata Jomon esistita tra i 12 mila anni e i 2 mila anni fa.
La cultura Jomon viene spesso paragonata alle culture precolombiane del Nordamerica, dato che in entrambi i contesti si registra un’elevata complessità culturale, sviluppata in un ambiente prevalentemente di caccia-raccolta.
Nonostante sia considerata primitiva, la cultura Jomon è stata la prima a sviluppare una complessa lavorazione della ceramica, forgiando vasellame estremamente complesso e figurine umanoidi che lasciano perplessi i ricercatori.
Sebbene le formazioni di Yonaguni siano disponibili ad essere ulteriormente esplorate, al momento non sembrano voler svelare i loro segreti, alimentando il dibattito tra i sostenitori dell’ipotesi naturale e quelli dell’ipotesi artificiale, fino a spingere i ricercatori a trovare nuove prove a sostegno delle rispettive convinzioni.
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