lunedì 29 settembre 2014

I DIECI MISTERI IRRISOLTI DELLE GROTTE ARTIFICIALI DI LONGYOU

Le Grotte Longyou sono una sistema di grandi caverne artificiali situate nei pressi del villaggio di Shiyan Beicun, nella prefettura di Quzhou, in Cina. Scoperte nel 1992, finora sono state individuate 36 grotte. Considerando la loro origine artificiale, si tratta di grotte molto grandi, con una superficie coperta che supera i 30 km². Chi le ha costruite e soprattutto perché? Ecco i dieci misteri irrisolti delle grotte di Longyou.Situate nei pressi del villaggio di Shiyan Beicun nella provincia di Zhejiang, le Grotte di Longyou sono un magnifico e raro mondo sotterraneo, considerate in Cina come la 'nona meraviglia del mondo'.



Queste affascinanti grotte artificiali, che si pensa risalgano ad almeno 2 mila anni fa, rappresentano una delle opere architettoniche sotterranee più grandi dei tempi antichi.
Scienziati e archeologi di tutto il mondo, però, non sono ancora riusciti a svelare i suoi segreti, lasciando senza risposta le domande su chi le abbia costruite e soprattutto perchè.
Il sistema di grotte è stato scoperto nel 1992 da un abitante del villaggio locale. Da allora sono state esplorate circa 36 cavità artificiali, per una superficie totale che super a 30 mila m². Le grotte sono state scavate nella siltite solida e ognuna di esse si inabissa ad una profondità di circa 30 m.
Il paesaggio è costellato da ponti, grondaie, piscine e pilastri uniformemente distribuiti in tutta la struttura con lo scopo di sostenere le volte delle grotte. Le pareti e le colonne di sostegno sono state scavate con grande precisione, ricoperte di linee parallele decorative realizzate a scalpello.
Delle 36 grotte, attualmente sono una è aperta al pubblico, scelta perchè al suo interno vi sono sculture in pietra che raffigurano cavalli, pesci e uccelli.
Le Grotte Longyou sono un autentico enigma per gli studiosi. Su proposta del blog Ancient Origins, proponiamo i dieci misteri ancora insoluti che le riguardano.

1. Come sono state costruite?
Una stima approssimativa calcola che per realizzare le grotte finora esportate sia stata asportata una quantità di roccia pari a 1 milione di m³. Tenendo conto del tasso medio di scavo giornaliero di una persona, gli scienziati hanno calcolato che si sarebbero volute almeno mille persone impegnate a scavare giorno e notte, senza sosta, per sei anni.
Tuttavia, il calcolo non tiene conto dell'incredibile cura e la precisione con cui sono state realizzate le cavità. Ciò significa che il carico di lavoro potrebbe superare di gran lunga la stima teorica. Inoltre, sono del tutto ignoti gli strumenti utilizzati per lo scavo. Nessuno di essi, infatti, è stato trovato all'interno delle grotte. Gli scienziati non sanno come si sia potuta ottenere tale simmetria, precisione e somiglianza tra le varie grotte.
2. Nessuna traccia di costruzione
Nonostante le loro dimensioni e lo sforzo profuso nella loro creazione, finora nessuna traccia della loro costruzione, e addirittura della loro esistenza è riportato nei documenti storici, fatto molto inusuale data la vastità del progetto. Inoltre, sebbene lo scavo abbia richiesto la rimozione di un milione di metri cubi di roccia, non vi è alcuna prova archeologica che spieghi dove sia finito il materiale di risulta.
3. Perché le pareti sono state incise?
Le Grotte Longyou sono risultano tutte cesellate, dal pavimento al soffitto, con linee parallele praticamente su ogni superficie. L'effetto finale è di grande uniformità, cosa che ha richiesto un immensa perizia e infinite ore di lavoro. La domanda è: perchè? Se lo scopo era solo decorativo, perchè investire tante ore di lavoro? Esse hanno una valenza simbolica? L'unica decorazione simile nota si trova su alcune ceramiche ospitate in un vicino museo e che sono datate tra il 500 e l'800 a.C.
4. Mancanza di forme di vita acquatica
Quando furono scoperte, le cavità erano sommerse d'acqua, presumibilmente da parecchio tempo. Inizialmente, infatti, si pensava che fossero degli 'stagni senza fondo'. Solo quando l'acqua è stata completamente pompata fuori ci si è resi conto di trovarsi di fronte a strutture artificiali.
La maggior parte dei villaggi nel sud della Cina si trova nei paraggi di stagni naturali molto profondi (chiamati appunto 'senza fondo'). Queste riserve d'acqua pullulano di una grande varietà di pesci. Tuttavia, quando l'acqua è stata rimossa dalle Grotte di Longyou, non è stato trovato un solo pesce o qualsiasi altra forma di vita.
5. Come hanno fatto le grotte a rimanere così ben conservate?
Una delle questioni più interessanti è capire come abbiano fatto le grotte a mantenere la loro integrità strutturale per più di 2 mila anni. Non ci sono segni di collasso, né cumuli di macerie e nessun crollo, nonostante il fatto che in alcune zone i muri sono spessi appena 50 centimetri.
Nel corso dei secoli, l'area ha subito numerose inondazioni, calamità e guerre. A causa dei movimenti geologici, le montagne hanno mutato la loro morfologia, ma l'interno delle grotte, la forma e le incisioni hanno mantenuto la loro precisione originaria, come se fossero state costruite ieri.
6. Come hanno fatto i costruttori a lavorare al buio?
A causa delle grandi profondità delle grotte, alcune zone nella parte inferiore sono immerse nell'oscurità totale. Eppure, anche le pareti di queste aree sono state decorare con migliaia di linee parallele. Come hanno fatto a lavorare al buio?
Secondo Jia Gang, professore della Tongji University specializzato in ingegneria civile, i costruttori si sarebbero serviti di lampade a combustibile. Tuttavia, data l'immensità delle camere, si sarebbero dovute utilizzare di centinaia di lampade. Il fatto curioso è che il soffitto delle grotte non presenta segni di fuligine.
7. Le grotte sono state progettate per essere collegate?
Nonostante la superficie totale di 30 mila m², le 36 grotte sono distribuite su un'area molto ristretta. Considerando una tale densità, è lecito chiedersi se le grotte sono state progettate per essere collegate l'una alle altre. Quale sarebbe lo scopo di realizzare tante grotte separate, a distanza ravvicinata, senza collegarle?
In molte aree, le pareti che separano le grotte sono molto sottili, solo 50 cm, ma non risultano mai collegate, così da apparire come volutamente separate le une dalle altre.
8. Chi le ha costruite?
Si ritiene che le grotte risalgano ad un'epoca precedente alla nascita della dinastia Qin, sorta nel 212 a.C. Tuttavia, nessuno ha idea di chi abbia potute realizzare un impresa simile. Alcuni ricercatori sostengono che non è possibile, né logico, che l'impresa titanica sia stata intrapresa dagli abitanti regolari dei villaggi vicini. Solo un imperatore avrebbe potuto commissionare un'impresa del genere, come la costruzione della Grande Muraglia. Ma se è stata commissionata da un imperatore, perché non ci sono documenti storici che ne attestino l'esistenza?
9. Come hanno fatto a raggiungere tale precisione?
Il design delle Grotte Longyou è delicato e sofisticato, e la precisione della realizzazione è indice di un artigianato di altissimo livello. Ogni grotta è come una grande sala. Le quattro pareti sono diritte e i bordi e gli angoli chiaramente delineati. I segni della scalpellatura sono uniformi e precisi.
Come spiega, Yang Hongxun, esperto presso l'Istituto Archeologico della Accademia Cinese delle Scienze Sociali, gli antichi costruttori che lavoravano in una grotta non erano in grado di vedere ciò che gli altri stavano facendo nella grotta vicina. Eppure, le pareti delle grotte attigue dovevano essere parallele, altrimenti avrebbero sfondato il muro di traverso.
Ciò significa che le tecniche di misurazione dovevano essere molto avanzate. I costruttore erano in possesso di un sofisticato sistema per la mappatura delle cavità, in grado di calcolare in anticipo dimensioni, posizione e distanze tra le grotte. Con l'ausilio di apparecchiature moderne, i ricercatori hanno potuto confermare la sorprendente precisione della costruzione nel suo complesso.
10. Per cosa venivano utilizzate?
Sono state avanzate molte teorie per tentare di spiegare il motivo per cui furono costruite le grotte, ma finora nessuna delle ipotesi proposte riesce a fornire una spiegazione convincente sul loro utilizzo.
Alcuni archeologi hanno suggerito che forse le grotte fossero le tombe degli antichi imperatori. Ma è un'ipotesi inverosimile, dato che nessun oggetto funerario, né tombe, sono mai stati trovati al loro interno.
Altri hanno proposto che sia il risultato di estrazioni minerarie. Le operazioni avrebbero richiesto attrezzature e apparecchiature di un certo tipo. Anche in questo caso, nessuna traccia del genere è stata rinvenuta nelle cavità a sostegno dell'ipotesi. E poi, se erano solo miniere, perchè creare decorazioni così precise su ogni superficie della cavità?

domenica 28 settembre 2014

CONTINUANO I MISTERIOSI INCENDI A CANNETTO DI CARONIA

Continuano i misteriosi incendi nella piccola frazione costiera del Messinese, continuano le ipotesi bizzarre sulle cause Paura, disperazione e senso di abbandono. Le persone rimaste a Canneto di Caronia, piccola frazione costiera del Messinese non ce la fanno più. Inascoltati e forse da molti ancora non creduti, guardati con sospetto, convivono con il timore degli incendi mitseriosi, incendi che hanno distrutto appartamenti interi e che si verificano improvvisamente senza che una ragione plausibile sia ancora venuta fuori.



Tra gli ultimi episodi quello avvenuto quattro giorni fa: le fiamme sono tornate in casa di Nino Pezzino, presidente del comitato che rappresenta le vittime del mistero di Canneto. Calogero Beringheli, primo cittadino della piccola comunità, è derminato a scoprire una volta e per tutte quale sia la causa che da troppo tempo affligge e mette in pericolo la sua comunità. Ieri ha conferito con il capo della Protezione civile regionale, poi è andato a parlare con il prefetto di Messina. Per riportare Canneto sulle prime pagine, Beringheli nei giorni scorsi ha rivelato alcune informazioni contenute nella relazione dei tecnici che negli anni passati studiarono Canneto senza comunque giungere ad alcuna conclusione. Fra le ipotesi fatte c'era anche quella della sperimentazione di armi. Ma tale ipotesi avrebbe richiesto provvedimenti eccezionali e, in piena sincerità, Il tasso di attendibilità appare modesto - come quello di una presenza aliena a Canneto - perché gli esperimenti militari non possono essere effettuati in territorio italiano senza il consenso del Ministero della Difesa. E siccome gli eventi misteriosi risalgono ad una decina di anni or sono, è assai improbabile che gli esperimenti siano proseguiti con il conseguente allarme per la popolazione.
FONTE:

QUANDO GLI UFO INVASERO L’ARTE RINASCIMENTALE

Molti dipinti di epoca medievale e rinascimentale sembrano raffigurare strani oggetti che agli occhi di un moderno somigliano ai cosiddetti UFO. Si tratta di testimonianze di antichi avvistamenti, o solo rappresentazioni religiose di eventi divini?ufo-nell-arte-rinascimentale

Nei periodi della civiltà occidentale noti come Medioevo e Rinascimento, molti artisti hanno creato alcune delle opere più rappresentative dell’epoca, definendone canoni e stili.
Nel corso di quel periodo, la raffinatezza delle opere è andata crescendo. Ancora oggi, le opere d’arte prodotte nel Rinascimento suscitano apprezzamento e meraviglia nei visitatori.
Eppure, alcuni di questi dipinti così importanti per la storia della civiltà occidentale contengono delle strane raffigurazioni che secondo gli ufologi rappresenterebbero qualcosa di ultraterreno, qualcosa che pervade la cultura popolare contemporanea, qualcosa noto come “dischi volanti”.
Molti dei dipinti in questione sono di natura religiosa, un soggetto molto comune per l’epoca. In queste opere è possibile notare quello che all’occhio dei moderni sembrano UFO, raggi laser e uomini a bordo di aerei.

La Madonna con San Giovannino

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Uno degli esempi più rappresentativi è l’opera dipinta da Domenico Ghirlandaio nel 15° secolo. Il dipinto si trova attualmente esposto nel Museo di Palazzo Vecchio a Firenze. [Vedi dipinto]
L’opera è una rappresentazione della Vergine Maria con Gesù e Giovanni Battista bambini. Sullo sfondo c’è un uomo intento a scrutare qualcosa di strano nel cielo: un oggetto che emana raggi di luce, molto simile alla rappresentazione moderna dei dischi volanti.

L’Annunciazione

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Un altro dipinto noto agli ufologi è l’Annunciazione di Carlo Crivelli (1486), attualmente in mostra alla National Gallery di Londra [Vedi dipinto]. Si tratta di un esempio molto citato dai sostenitori della Teoria degli Antichi Astronauti.
Nel cielo si vede un oggetto circolare da quale parte un raggio di energia diretto verso la Vergine Maria. Sebbene sia incredibilmente simile alla raffigurazione un UFO moderno, gli scettici interpretano l’oggetto come una rappresentazione artistica di Dio circondato dai suoi angeli.

Il Trionfo dell’Estate

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Il Trionfo dell’estate’ è un arazzo prodotto nel 1538 d.C. Nella città di Bruges, Belgio. L’opera rappresenta l’ascesa vittoriosa di un sovrano al potere. L’arazzo è esposto nel museo cittadino Bayerisches Nationalmuseum.
Tuttavia c’è qualcosa di molto insolito raffigurato nell’arazzo: se si guarda con attenzione nella parte alta dell’opera, soprattutto verso il lato sinistro, si noteranno una serie di curiosi oggetti a forma di cappello nero sospesi nell’aria.

Il Miracolo della Neve

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La “Fondazione della chiesa di Santa Maria Maggiore a Roma”, più conosciuta come “Il Miracolo della Neve”, venne dipinta da Tommaso di Cristoforo Fini, detto Masolino da Panicale, su ordine del papa Martino V Colonna per la chiesa di Santa Maria Maggiore di Roma intorno al 1428. [Vedi dipinto].
È la rappresentazione visuale di uno stranissimo evento in cui fu coinvolto Papa Liborio (352-366), il quale in sogno ricevette l’ordine dagli angeli di costruire a Roma una nuova chiesa nel luogo esatto dove una nevicata miracolosa si sarebbe manifestata.
Masolino da Panicale, nella sua pittura, rappresenta una scena dettagliata dell’evento, con la neve che cade da una “nuvola” grossa e allungata, grigiastra e a forma di sigaro, sotto la quale sono visibili delle nuvole più piccole. Un’attenta osservazione di queste ultime, peraltro, mostra che non sembrano nubi normali.

Il Battesimo di Cristo

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Nel dipinto del pittore fiammingo Aert De Gelder, “Battesimo di Cristo” (1710), sono raffigurati Gesù e Giovanni Battista immersi in una luce proveniente da un disco lucente nel cielo. 
Se si tratta dello Spirito Santo, persona incorporea delle Trinità, perchè De Gelder ha voluto renderlo così materiale?

Crocifissione di Cristo

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Un’altro esempio molto significativo è l’affresco conservato nel Monastero di Visoki Decani in Kosovo. Questa opera è molto conosciuta tra gli appassionati di ufologia. Gli Oggetti ai lati della croce, sembrano essere dei velivoli occupati da due piloti, intenti ad osservare le ultime ore della vita di Gesù.
Una cosa sembra chiara: secondo la tradizione ortodossa, la morte di Gesù Cristo è raffigurato con dei testimoni cosmici d’eccezione.

Manifesto di Norimberga

Un altra testimonianza diventata famosa è il cosiddetto Manifesto di Norimberga, una stampa che riporta di un evento celeste avvenuto nei cieli di Norimberga il 14 aprile 1561. Secondo le cronache del tempo, la popolazione vide comparire in cielo numerosi oggetti volanti, di varie forme, che ingaggiarono fra di loro una sorta di combattimento.
Le cronache del tempo riportarono l’accaduto con dovizia di particolari, affinché della vicenda rimanesse chiara memoria. Inoltre, furono eseguite diverse incisioni su legno e stampe su carta.
FONTE:

giovedì 25 settembre 2014

Scoperte due città Maya nella giungla messicana: Lagunita e Tamchen


Un impressionante ingresso e rovine di piramidi e palazzi sono emersi nella giungla messicana dopo che gli archeologi hanno scoperto due città Maya. Rinvenute nella parte sudorientale dello stato messicano di Campeche, nel cuore della penisola dello Yucatán, le città erano nascoste nella folta vegetazione ed erano difficilmente accessibili.


Maya Lagunita“Le fotografie aeree ci hanno aiutato a localizzare i siti”, spiega il capo della spedizione Ivan Sprajc, del Centro di Ricerca Scientifica dell’Accademia Slovena per le Scienze e le Arti (ZRC SAZU). Sprajc e il suo team hanno scoperto dei resti enormi durante l’eplorazione dell’area intorno a Chactun, una grande città Maya scoperta dall’archeologo sloveno nel 2013. Nessun altro sito è stato finora localizzato in quest’area, che si estende su oltre 3.000 km², tra il cosiddetto Rio Bec e le regioni di Chenes, entrambe note per i loro caratteristici stili architettonici prodotti durante il Tardo e il Terminale Periodo Classico, intorno al 600-1000 d.C. Una delle città era caratterizzata da una straordinaria facciata con un ingresso a forma di fauci di mostro. In verità il sito era stato visitato negli anni ’70 dall’archeologo americano Eric Von Euw, che aveva documentato la facciata e altri monumenti di pietra con dei disegni ancora non pubblicati. Tuttavia, l’esatta localizzazione della città, chiamata Lagunita da Von Euw, era rimasta ignota. Tutti i tentativi di ritrovarla erano falliti. “Le informazioni riguardo Lagunita erano vaghe e completamente inutili”, ha detto Sprajc.

“Nella giungla puoi essere a soli 200 metri da un grande sito e non sospettare minimamente cosa possa essere lì; ci sono ovunque delle piccole collinette, ma non ti aiutano a trovare un possibile centro urbano”, spiega Sprajic.

Lagunita è stata identificata solo dopo che gli archeologi hanno paragonato la ritrovata facciata e i monumenti con i disegni di Von Euw.

La facciata a bocca di mostro si è rivelata uno dei migliori esempi preservati di questo tipo di ingressi, che sono comuni nello stile architettonico del Rio Bec nel Tardo e nel Terminale Periodo Classico, nella vicina regione a sud. “Rappresenta una divinità Maya di terra collegata alla fertilità. Questi ingressi simbolizzano l’entrata in una grotta e, in generale, negli inferi, luogo d’origine mitologica del mais e casa degli antenati”, racconta Sprajc. Sono anche stati trovati i resti di grandi edifici simili a palazzi disposti intorno a quattro grandi piazze. Vi erano anche un campo per il gioco della palla e un tempio piramidale alto quasi 20 metri, mentre 10 stele e tre altari recavano dei rilievi ben conservati e delle iscrizioni.

Secondo una preliminare lettura dell’epigrafista Octavio Esparza Olguin dell’Università Nazionale Autonoma del Messico, una delle stele venne incisa il 29 novembre del 711 da un “signore di 4 k’atuns (periodi di 20 anni)”. Sfortunatamente, il testo rimanente, che includeva il nome del governante e forse di sua moglie, è gravemente eroso. “A giudicare dai monumenti e dalle iscrizioni, Lagunita deve essere stata sede di un governo relativamente potente, sebbene la natura della sua relazione con la più grande Chactun, situata a circa 10 km a nord, rimane non chiara”, spiega Esparza Olguin. Altrettanto imponente era l’altra città scoperta da Sprajc. Precedentemente sconosciuta, la città era chiamata Tamchen, che significa “profondo pozzo”.

Oltre 30 chultun sono stati rinvenuti nel sito. Queste sono camere sotterranee a forma di bottiglia, il cui scopo era raccogliere acqua piovana. “Diversi chultun erano insolitamente profondi, raggiungendo i 13 metri”, dice Sprajc. Come a Lagunita, le piazze erano circondate da grandi edifici. Questi includono i resti di un’acropoli con al suo interno un cortile con tre templi sui lati. È stato inoltre rinvenuto un tempio piramidale con un santuario piuttosto conservato in cima, e una stele e un altare alla base. Tamchen sembra essere stato contemporaneo a Lagunita, anche se alcune prove datano questo insediamento fino al Tardo Periodo Preclassico, tra il 300 a.C. e il 250 d.C.

“Entrambe le città aprono nuove questioni riguardo la diversità della cultura Maya, il ruolo di quell’area largamente inesplorata nella storia Maya, e le sue relazioni con altri governi”, dice Sprajc. Lo scorso giugno, la parte meridionale della Riserva della Biosfera di Calakmul, dove Sprajc ha scoperto la maggior parte degli attuali siti archeologici, è stata aggiunta ai Patrimoni dell’umanità UNESCO come estensione del Patrimonio “Antica città Maya e foreste tropicali di Calakmul”.

IL MISTERO DELLA MUMMIA DELLE SAN PEDRO MOUNTAINS

Spesso,  abbiamo cercato di capire se le antiche leggende che narrano di uomini giganti vissuti sul nostro pianeta potessero avere un fondamento storico. Tuttavia, altri  racconti tradizionali narrano di uomini minuscoli, vissuti anch'essi in un tempo remoto della nostra storia. La prova della loro esistenza sarebbe una piccola mummia trovata nel 1934.mummia-pedro

Nel giugno del 1934, due cercatori d’oro, nel corso della loro ricerca sulle montagne di San Pedro, precisamente presso Carbon County, si imbatterono in una scoperta sorprendente.
Cecil Mayne e Frank Carr, dopo aver fatto saltare con la dinamite una parete spessa di roccia, notarono un varco che dava in un piccolo antro scavato nella montagna, approssimativamente alto 1,2 metri e profondo circa 4,6 metri.
All’interno della nicchia, i due cercatori trovarono i resti mummificati del più piccolo essere umano mai scoperto, le cui origini erano un autentico mistero.
Le leggende delle tribù dei nativi americani locali tramandavano storie riguardanti “uomini piccoli”, o “spiriti piccoli”, detti anche Nimeriga. In alcuni di questi racconti, questi esseri minuscoli erano in possesso di poteri magici o di guarigione. In altri ancora, venivano dipinti come una progenie feroce che attaccava i nativi americani con frecce avvelenate.
La scoperta della piccola mummia suscitò molto interesse, ma anche molte polemiche. Alcuni scienziati, soprattutto all’inizio, non riuscendo a collocare il reperto nella consolidata teoria che spiegava perfettamente la comparsa dell’Homo Sapiens, misero in dubbio la veridicità della scoperta, etichettando la mummia come un falso.
Tuttavia, numerosi ricercatori affollarono la zona, con il profondo desiderio di determinare la verità dietro la minuscola persona, soprannominata in seguito “Pedro”. Con un altezza stimata in di 36 cm, era chiaro che non si trattava di un ritrovamento ordinario.
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I due ricercatori misero Pedro a disposizione degli scienziati per una serie di test approfonditi. La piccola mummia risultava essere in posizione seduta, a gambe incrociate, su una piccola sporgenza all’interno di quella che sembrava una cavità artificiale.
Con i suoi occhi sporgenti e il cranio appiattito, Pedro risultava in uno stato di conservazione estremamente buono, tanto da essere visibili perfino le unghie.
Una sostanza gelatinosa venne individuata sulla testa di Pedro, il che rese chiaro che il corpo era stato conservato utilizzando liquidi appositamente realizzati. Il naso risultava schiacciato, la serie di denti era completa e la sua pelle marrone e rugosa gli conferiva l’aspetto di un anziano.
Negli anni successivi, gli scienziati condussero test più invasivi per svelare il mistero di Pedro, utilizzando raggi X e altre tecniche di scansione interna. Alcuni antropologi conclusero che Pedro poteva essere la mummia di un bambino affetto da anencefalia, una malformazione congenita grave che si può riscontrare durante il primo mese di gravidanza, dove il nascituro appare privo totalmente o parzialmente della volta cranica e dell’encefalo.
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Tuttavia, l’ipotesi fu messa in discussione da un altro gruppo di scienziati, i quali ritenevano che quelli di Pedro fossero i resti di un uomo adulto, di età compresa tra i 16 e i 65 anni. L’esame ai raggi X, infatti, rivelò la presenza di denti aguzzi e di cibo nello stomaco che sembrava essere carne cruda.
La scansione, inoltre, suggeriva che Pedro aveva subito una morte violenta, mostrando ossa rotte e danni al cranio.
Con le tecniche di ricerca moderne, certamente si riuscirebbe a fare luce sul mistero rappresentato da Pedro. Tuttavia, intorno agli anni ’50, Pedro sembra misteriosamente sparire dalla circolazione e la sua vicenda si tinge di giallo. La sua posizione attuale, infatti, è del tutto sconosciuta.
Si dice che i resti furono messi in mostra nel 1940 durante una fiera e che furono poi acquistati da un uomo di nome Ivan Goodman. Alla morte di Goodman, avvenuta nel 1950, il reperto passò nelle mani di un uomo di nome Leonard Waller (talvolta riportato come Walder). Da allora, non se ne è saputo più niente.
Con la scomparsa del reperto, il mistero di Pedro è destinato a rimanere ancora velato. La maggioranza degli scienziati sembrava concordare sul fatto che Pedro fosse la mummia di un umano adulto di sesso maschile.
Tuttavia, uno studio con tecniche moderne potrebbe rispondere ad una serie di questioni ancora aperte, come la sua provenienza, se fosse affetto da una malattia o da condizioni congenite, la natura della sostanza gelatinosa trovata sul capo, e come era stato possibile sigillare i suoi resti all’interno di uno spesso strato di roccia.
Le risposte a queste domande, e a molte altre, rischiano di restare senza risposta fino a quando non sarà possibile effettuare nuove analisi su Pedro. Fino ad allora, scienziati e appassionati non potranno che avanzare solo ipotesi su chi o cosa fosse.

sabato 20 settembre 2014

QUANDO LA SMITHSONIAN INSTITUTION SCOPRÌ UN’ANTICA COLONIA EGIZIANA NEL GRAND CANYON

Secondo un articolo pubblicato su un quotidiano dell'inizio del ventesimo secolo, all'interno del Gran Canyon, Arizona, esisterebbe un enigmatico sistema di gallerie, prova di un'antica presenza egizia in Nord America. Tuttavia, le indagini e i riferimenti a questa incredibile scoperta sono caduti nel dimenticatoio. Cosa hanno trovarono realmente gli archeologi? È tutto falso, o c'è qualcosa di vero che è stato nascosto all'opinione pubblica?gran-canyon-egitto

Un tempo è esistita una fiorente civiltà di matrice egizia in Arizona, Nord America?
Per quanto bizzarra possa sembrare questa domanda, essa si inserisce in una serie di questioni poco chiare che sono causa di acceso dibattito tra i ricercatori, come il motivo per il quale gli antichi popoli mesoamericani rappresentassero le loro divinità con la pelle chiara o il perché gli olmechi avessero raffigurato teste gigantesche con sembianze africane.
La domanda suggestiva nasce da una notizia riportata il 5 aprile 1909 sulla prima pagina dell’Arizona Gazette, nella quale si legge di una spedizione archeologica nel cuore del Gran Canyon finanziata dalla Smithsonian Institution che avrebbe portato alla scoperta di numerosi reperti egiziani.
L’articolo originale riporta il ritrovamento di una rete sotterranea di tunnel, con accesso in una parete rocciosa che costeggia il fiume Colorado, all’interno della quale ci sarebbero manufatti, statue e persino mummie.
I responsabili della scoperta furono due archeologi finanziati dalla Smithsonian, il prof. S.A. Jordan e il prof. G.E. Kinkhaid. Come scritto nell’articolo:
“La scoperta mostra quasi definitivamente che una civiltà abitava questa misteriosa grotta scavata nella roccia, e che era di origine orientale, forse egiziana, risalente al governo di Ramses.
Secondo le teorie dei due ricercatori saranno confermate dalla traduzione delle tavolette incise con geroglifici, il mistero dei popoli preistorici del Nord America – chi erano e da dove sono venuti – sarà risolto”.
Una scoperta importante, non c’è che dire. Eppure, questa storia sembra essere caduta maliziosamente nel dimenticatoio. La stessa Smithsonian Institution riferirà di non aver nessuna notizia del genere in archivio. Allora, che cosa è successo?
Alcuni autori sostengono che l’intera vicenda è il centro di un grande insabbiamento, apparentemente nel tentativo di mantenere la teoria tradizionale secondo la quale gli antichi Egizi non si sono mai avventurati fuori dalle tranquille acque del Nilo.
La storia diventa ancora più strana quando la Smithsonian addirittura nega l’esistenza di documentazione riguardante Kinkaid e Jordan. In una richiesta fatta nel 2000, così risponde l’istituzione:
“La Smithsonian Institution ha ricevuto molte domande su un articolo del 5 aprile 1909, nel quale si parla di G.E. Kincais e della sua scoperta di una ‘grande cittadella sotterranea’ nel Gran Canyon, scavata da una civiltà di origine orientale, forse egiziana.
Il dipartimento di Antropologia della Smithsonian ha cercato i file senza trovare alcuna menzione del professor Jordan, Kincaid o di una civiltà perduta in Arizona. Tuttavia, la storia continua ad essere ripetuta in libri e articoli”.
Dunque, esiste un articolo di giornale, ma non esistono i riferimenti ufficiali che ne confermino l’autenticità. È possibile che l’Arizona Gazette si sia inventata tutto? Se è così, quale sarebbe la ragione?
Secondo i teorici della cospirazione, ce ne abbastanza abbastanza per ipotizzare che la Smithsonian abbia distrutto le prove documentali e occultato le scoperte per mantenere intatta la visione storica tradizionale. Gli esponenti di questa teoria citano diversi tumuli artificiali sparsi in tutto il Midwest, il cui accesso sarebbe impedito da mura realizzate di recente.
Si potrebbe obiettare che ogni anno più di cinque milioni di turisti visitano il Gran Canyon. È possibile che nessuno abbia mai notato queste cavità sotterranee. Come spiega Philip Coppens, la maggior parte dei turisti si intrattiene nel sito al massimo per 3 ore, solitamente visitando il leggendario South Rim, dove si trovano la maggior parte delle strutture geologiche migliori.
È un fatto che il Gran Canyon presenti molte grotte e cavità, la maggior parte delle quali sono state scoperte da escursionisti. Un elemento a favore di una connessione con l’Antico Egitto sono i nomi di alcuni siti nei pressi delle aree di Mile Creek e Trinity Creek, come Tempio di Isiede, Torre di Set, Torre di Ra, Tempio di Horis, Tempio di Osiride, ecc…

L’origine delle denominazioni esoteriche è misteriosa quasi quanto il Gran Canyon, il quale ha dato luogo a diverse speculazioni su ciò che i primi esploratori trovarono nella regione. Tuttavia, potrebbe essere una memoria perfetta del suo tempo, rivelando una remotissima connessione tra nativi americani e antichi egizi.
Allora, dove ci porta tutto ciò? Coppens ritiene che la verità potrebbe trovarsi nel mezzo. Con così tante grotte, non è improbabile che alcune di esse contengano qualcosa. Kinkaid non ha mai detto che i reperti fossero egiziani, ma solo fatto paragoni. Potrebbe trattarsi di reperti di una cultura nativa.
La prima cultura ad occupare la valle fu quella degli Anasazi. Secondo l’archeologo italiano Giulio Magli, gli Anasazi sono gli antenati degli odierni nativi americani Hopi/Zuni, tribù che vivono oggi lungo il Rio Grande, nel Nuovo Messico e l’Arizona.
Tracce archeologiche di questa cultura si ritrovano già nel 1500 a.C., ma la civiltà fiorì nel X secolo d.C., in tutta la zona che corrisponde oggi al confine incrociato di Utah, Colorado, Arizona e Nuovo Messico. Riuscirono a costruire un’economia florida basata sulla caccia e su un’efficiente pianificazione agricola.
Vivevano in villaggi caratterizzati spesso dall’architettura monumentale. Nel 1250 d.C. molti villaggi vengono abbandonati e altri vengono costruiti in posizioni più difficilmente raggiungibili. Erano privi della scrittura. Le cronache ci consegnano grandi edifici, come il sito archeologico di Sand Canyon, con una struttura di 420 stanze, e che fu realizzato, abitato e abbandonato nell’arco di soli cinquant’anni intorno al 1200.
Dunque, è possibile che Kinkaid abbia scambiato le vestigia di una cultura locale con quelle di una cultura che si trova dall’altra parte dell’oceano? Tuttavia, se così fosse, rimane l’enigma di come sia possibile che culture tanto distanti siano anche così simili…

Esperti militari russi: “Gli UFO? Una minaccia alla sicurezza”

Molti affermano che il problema UFO sia da ricondurre solo ad una questione psicologica di testimoni affetti da turbe mentali di vario tipo. Questo può essere vero per una manciata infinitesimale di casi, ma molti avvenimenti hanno coinvolto testimoni in buona fede, i quali hanno vissuto una esperienza che ha per sempre cambiato la loro vita, molto spesso in peggio visto che molti IR (Incontri Ravvicinati) hanno prodotto danni fisici e/o psichici rilevanti basti pensare, tanto per citarne qualcuno, al caso “Michalak” del 1967.

E siccome il “vero” problema UFO è anche il fattore interazione con gli esseri viventi e l’ecosistema circostante e gli effetti ad essi collegati, non sembra tanto astrusa l’ipotesi fatta da due esperti militari russi, il professore Yuri Podgornych (membro dell’Accademia di Scienze Militari) e il professore Vasily Dolgov, i quali hanno inserito gli UFO come possibile minaccia alla sicurezza della Russia.

In un loro studio geopolitico apparso sul settimanale russo “VPH” (“Voyenno-promyshlennyy kur’yer” – Corriere Industriale Militare, edizione numero 28 (546) del 6 agosto 2014), i due studiosi hanno elencato 18 possibili minacce per lo scacchiere geopolitico e che vengono di seguito elencate:

Minaccia n°1 militare, minaccia n°2 economica, minaccia n°3 politica, minaccia n°4 informativa, minaccia n°5 cibernetica, minaccia n°6 tecnologica, minaccia n°7 ideologica, minaccia n°8 territoriale, minaccia n°9 demografica, minaccia n°10 fanatismi religiosi, minaccia n°11 terrorismo, minaccia n°12 ambientale, minaccia n°13 disastri tecnologici, minaccia n°14 biosfera (intesa come minaccia derivata da attività umane che hanno un impatto globale sul clima, sull’idrosfera e la parte superiore della litosfera), minaccia n°15 esogena (tifoni, uragani, trombe d’aria, tempeste di neve, siccità, tempeste di polvere, forti piogge, grandine, precoci o tardive gelate, incendi e fenomeni criogenici), minaccia n°16 endogena (terremoti, eruzioni vulcaniche, tsunami), minaccia n°17 idro-geomorfologica (valanghe, smottamenti, erosione di burroni, spostamenti di terreno) e, a sorpresa (ma forse non troppo), alla minaccia n°18 troviamo i fenomeni ufologici.

UFO Russia 2

Prima di addentrarci nel cuore dell’argomento, l’articolo dei due esperti militari russi parte concentrandosi sull’espansione verso est della NATO, l’emergere di nuove potenze nucleari, militarizzazione dello spazio vicino alla Terra, atti di terrorismo internazionale in parti della Federazione Russa da parte di gruppi armati illegali, inasprimento dei conflitti territoriali tra le parti e l’assenza di garanzie che essi non diventino più acuti, riduzione del ruolo e dell’importanza delle Nazioni Unite nella risoluzione dei conflitti internazionali.

UFO Russia 3

Queste, ed altre minacce precedentemente elencate, hanno portato ad un degrado e a una depravazione tale che, sotto l’influenza – affermano Podgornych e Dolgov – di un qualcosa di alieno, può diventare una minaccia ancora più reale alla sicurezza.

Ma cosa hanno scritto Podgornych e Dolgov in merito alla minaccia n°18, quella degli UFO?

La minaccia n°18″, affermano, “può sembrare strana. Tuttavia, sono stati accumulati molti (centinaia o migliaia) rapporti di oggetti volanti sconosciuti in diverse parti del globo. Questi ‘nuovi arrivati’ avrebbero trasformato l’umanità in una sorta di riserva. Gli UFO sono stati segnalati non solo nell’aria, ma anche in mare, sottoterra o a livello di ipermedialità (cioè quelli che si muovono in diverse aree e hanno proprietà di polimorfismo)“.

Molti ricercatori di ogni parte del mondo hanno indicato che l’origine di questi oggetti è ancora sconosciuta, ma sono ignoti anche i loro scopi e se essi siano nemici o meno. Resta comunque un fatto, l’esperienza con oggetti volanti non identificati, e anche membri del loro equipaggio, mostra che le conseguenze possono essere disastrose per gli esseri umani (cecità, ustioni, paralisi, perdita di coscienza, amnesia, lesioni da radiazioni, disturbi fisiologici, rapimenti e successive sperimentazioni di vario genere) e per le cose (guasti o distruzioni di oggetti o veicoli spaziali, aerei, terrestri, acquatici o subacquei, i loro meccanismi e sistemi, disturbi alle bussole, agli orologi elettrici e meccanici, ai motori a combustione interna, alle apparecchiature elettroniche, tra cui il controllo degli armamenti e delle attrezzature militari, così come i sistemi di comunicazione, radio, telefono e televisori elettrici)“.

Concludendo Podgornych e Dolgov sottolineano che “il mondo è arrivato ad un punto in cui la sicurezza UFO debba diventare cruciale, sia a livello russo che sulla scena internazionale. In caso contrario, sarebbe inutile lottare contro il terrorismo, contro la criminalità, per la risoluzione di problemi demografici (e di altri), il difendere e il promuovere i valori spirituali, ideologici e sociali in un determinato paese se la popolazione mondiale è condannata da una esposizione aliena dedita alla depravazione“.

Il settimanale russo “VPH” non è un tabloid, ma appartiene a quei giornali che si occupano di problemi riguardanti l’Esercito, l’industria della Difesa e mirate questioni geopolitiche.

La tesi dei due esperti militari russi, come ovvio che sia in questi casi, ha creato grosse polemiche tra gli esperti di questioni geopolitiche. Vedremo se ci saranno sviluppi ulteriori.

sabato 13 settembre 2014

ATLANTIDE SI TROVAVA IN BOLIVIA? LE RICERCHE DI JIM ALLEN

Anche se la questione di Atlantide sembra essere passata di moda, ci sono ancora ricercatori indipendenti che sono alla ricerca di prove della sua esistenza. Tra questi, Jim Allen, le cui ricerche farebbero pensare che la leggendaria città perduta si trovasse in Bolivia.atlantide-bolivia

Jim Allens è un ex interprete di fotografie aeree per l’esercito britannico.
A suo avviso, l’enorme deserto boliviano di Salar de Uyuni e la vicina montagna di Pampa Auallagas, potrebbero essere il luogo dove una volta sorgeva la perduta città di Atlantide.
Analizzando le caratteristiche morfologiche del terreno circostante, Allen ha notato alcune analogie fondamentali tra questa regione e le antiche descrizione greche di Atlantide, in particolare quelle fornite dal filosofo Platone nelle opere “Crizia” e “Timeo”.
Allen conclude che l’intero Sud America sia da identificare con il continente di Atlantide, mentre l’omonima città sommersa sarebbe stata situata sull’altura di Pampa Auallagas.
Come spiega l’ex interprete, le caratteristiche del territorio da lui individuato corrispondono molto bene alla descrizione fornita da Platone. Inoltre, alcune leggende locali parlano di un diluvio avvenuto in tempo remoto, durante il quale una grande città è stata sommersa.

Dimensioni

Secondo la descrizione di Platone, il continente di Atlantide era grande quanto il Nord Africa e l’Asia messe insieme. Allen ha spiegato che è più facile immaginare una città-isola sommersa dalle acque piuttosto che l’inabbisamento di una grande massa di terra come il continente descritto.

La piana rettangolare

Nella sua descrizione, Platone riporta di una pianura rettangolare posizionata lungo il lato maggiore del continente. Secondo Allen, questa piana è da identificare con il deserto di Salar de Uyuni, in quanto corrisponde in dimensioni a quelle fornite da Platone: “lungo 3.000 stadi e largo 2.000 stadi”. Lo stadio è un’unità di misura in uso presso l’antica Grecia e pari a circa 180 metri.
Il Salar de Uyuni è un enorme deserto di sale che, con i suoi 10.582 km², è la più grande distesa salata del mondo. Secondo le leggende Inca nel deserto vi sono gli Ojos de Salar (occhi del deserto di sale) che inghiottivano le carovane. Si tratta di buchi nella superficie salata dai quali esce l’acqua sottostante che in certe condizioni di luce sono quasi invisibili diventando così pericolosi.
Secondo quanto scrive Platone nel Timeo, la regione interna del continente era costituita da una vastissima pianura delimitata a nord da alte montagne. La pianura, quasi rettangolare, era circondata da un canale perimetrale, largo uno stadio, che consentiva di raccogliere le acque provenienti dalle montagne.

Strisce di terra divise dalle acque

Atlantide è descritta come una serie di strisce di terra circolari separate da mare e collegate da ponti. La parte superiore della Pampa Auallagas mostra segni di anelli di terra e aqua in parte erosi.
Questo per dire che se un tempo il livello delle acque del vicino lago di Poopo erano superiori a quelle odierne, gli anelli della Pampa Auallagas sarebbero stati collegati con il lago da un canale lungo 50 stadi.
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Metalli preziosi

Oro, argento, rame, stagno e il misterioso oricalco erano metalli che in Atlantide si trovavano in abbondanza, tanto da poter ricoprire le pereti del tempio e le mura concentriche che circondavano l’Acropoli.
Secondo Allen, tutti questi metalli si trovano nella zona di Pampa Auallagas. Tuttavia, gli archeologi e gli storici non sanno se il leggendario oricalco si riferisse ad un metallo di origine naturale o artificiale. Il termine in seguito è stato ripreso per altri usi. Nella numismatica, l’oricalco è una lega di rame e zinco.
Allen teorizza che l’oricalco facesse riferimento ad una lega naturale rame-oro che si trova nelle Ande, conosciuta localmente come Tumbaga, un metallo molto apprezzato nella regione nel corso della storia, in quanto più duro del rame, pur rimanendo malleabile.

Sulle montagne, vicino al mare

Secondo le descrizioni antiche, la città-isola di Atlantide si trovava a circa 8 km dal mare. Tuttavia, allo stesso tempo, la città era posizionata a picco sul mare, circondata da montagne. Allen risolve l’apparente contraddizione facendo notare che la descrizione si adatta bene alla Pampa Auallagas, se si considera il lago salino Poopa come un mare interno. Poopo si trova a circa 8 km da Pampa Auagallas.
Inoltre, nella regione di Pampa Auagallas vi sono sorgenti naturali di acqua calda e fredda, così come riportato nelle descrizioni di Atlantide.

Leggende boliviane

Secondo la tradizione greca, Atlantide è stata distrutta dal dio Poseidone, signore degli oceani, a causa dell’immoralità raggiunta dai suoi abitanti.
Allo stesso modo, antiche leggende tramandate nella regione di Pampa Auagallas raccontano della degenerazione morale degli abitanti locali e il conseguente diluvio inviato dal dio dell’acqua Tunupa.
Secondo le osservazioni di Allen, la catastrofica alluvione potrebbe essere stata causata dal vicino Lago Titicaca, a nord, dove un gigantesco travaso di acqua è giunto fino a Pampa Auagallas. Allen ha mostrato alcuni segni morfologici ancora visibili che indicherebbero la prova di un’antica inondazione.

Il nome di Atlantide

Prima della conquista spagnola, parte della regione di Pampa Auagallas era chiamata “Antisuyo”, parola che significava “regno del rame”. “Antis”, in lingua quechua, è la parola che indica il rame. Allen fa notare che il suffisso “antis” (Atl – antis) potrebbe risalire direttamente alla cultura antica di Pampa Auagallas.

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