Qual è il segreto delle Devata, le bellissime raffigurazioni femminili che dominano il tempio di Angkor Wat in Cambogia ?
Uno dei maggiori misteri archeologici riguarda le antiche raffigurazioni di donne Khmer nel tempio di Angkor Wat in Cambogia, il più grande monumento religioso sulla terra.
Costruito nel pieno dell’Impero Khmer, nel 12° secolo, questa imponente struttura è decorata quasi esclusivamente con figure femminili, quasi 2.000.
Purtroppo, nonostante gli ultimi 150 anni di intense ricerche, il significato di queste sculture non è stato sufficientemente studiato.
Chi erano realmente queste figure ?
L’autorevole serie di studi realizzata da Kent Davis e da altri ricercatori di Devata.org vuole rispondere a questa domanda e rendere omaggio a queste donne scoprendo il loro contributo alla grandezza della civiltà Khmer.
Cultor, in questo primo contributo della collaborazione con Kent Davis ed il suo staff, propone l’analisi del rapporto tra Devata e Yogini indiane:
– Chi sono le Devata?
Questo studio è motivato dal desiderio di spiegare il motivo della massiccia presenza di raffigurazioni femminili, le Devata, nel tempio di Angkor Wat.
Comprendere chi siano queste donne Khmer ci permette anche di riconsiderare la vera finalità del tempio e capire il ruolo femminile nello sviluppo di questa straordinaria civiltà.
Per 150 anni, gli studiosi hanno spiegato semplicemente le Devata come presenze accessorie “per intrattenere il re del cielo” o “Decorare le nude pareti di arenaria“.
Le nostre ricerche indicano che queste figure hanno un ruolo molto più profondo ed importante della semplice decorazione: non si tratta solo di danzatrici ma di vere e proprie divinità.
Quindi è lecito pensare che la ragione principale per la costruzione di Angkor Wat (in lingua khmer: Tempio della città) potrebbe essere stata quella di onorare queste donne e festeggiare il loro contributo fondamentale all’impero Khmer. Proprio loro, infatti, sono state la chiave per mantenere armoniosa la società khmer, contribuendo alla sua prosperità economica.
L’argomento di questo articolo è il paragone tra Devata e Yogini, le vibranti divinità femminili dell’India, un confronto che può risultare illuminante per comprendere i misteri delle donne di Angkor Wat.
– Angkor e la civiltà Khmer
Angkor Wat, il famoso tempio indù del 12° secolo, che ora si trova in piena giungla della Cambogia,non è solo la più grande struttura religiosa nel mondo. Questo tempio Khmer ha una particolarità: per quasi 1.000 anni, ha custodito le immagini sacre di oltre 1.796 donne.
Il fatto sconcertante è che nessuno sa chi fossero e quali valori di spiritualità o di governo rappresentassero. Perché tutte queste donne siano state scelte a dominare questo magnifico complesso con la loro presenza rimane un mistero.
Ogni ritratto femminile ad Angkor Wat è nettamente diverso dagli altri, con una miriade di differenze: posizione del corpo, delle mani (mudra), etnia, gioielli, vestiti, capelli e collocazione.
Non è rimasta quasi nessuna documentazione scritta che spieghi come la civiltà Khmer sia sopravvissuta attraverso i secoli. Il miglior racconto è quello del diplomatico cinese Zhou Daguan, che visitò Angkor Wat 150 anni dopo la sua costruzione.
Daguan non fa mistero del suo interesse per le donne Khmer. Infatti riporta dettagliatamente la loro importanza nella conduzione degli affari, il gran numero di donne che vivevano nel palazzo (senza tralasciare un’occhiata a quelle che facevano il bagno seminude). Nonostante il suo affascinante racconto, una delle tante domande cui Daguan non risponde è: “Perché i Khmer popolano i loro più grandi templi con queste immagini ?“
Alcuni indizi si possono trovare in India, dove hanno avuto origine molti aspetti della civiltà Khmer.
In queste pagine quindi analizziamo le tradizioni delle Yogini indiane.
Non è noto se la religione Khmer, al tempo di Angkor Wat, avesse tradizioni simili incentrate su divinità femminili. Tuttavia, è chiaro che i templi Khmer propongano una netta preminenza di figure sacre femminili mentre quelle maschili sono quasi assenti. Alcuni templi indiani Yogini presentano questa stessa caratteristica.
Esamineremo quindi un tempio indiano che, come Angkor Wat, propone prevalentemente immagini femminili: il Tempio di Chaunsat Yogini a Bheraghat Jabalpur, nell’India centrale.
– Che cosa è una Yogini?
L’espressione Yogini, utilizzata in entrambe le tradizioni indù e buddhista, ha molteplici significati.
In primo luogo, può fare riferimento a una donna umana che si dedica a perseguire la conoscenza spirituale e l’illuminazione attraverso la pratica dello Yoga. Un praticante maschio è chiamato Yogi. Attraverso la sua pratica, una Yogini può acquisire determinati poteri soprannaturali compreso quello di controllare le funzioni corporee (vale a dire battito cardiaco, fertilità, resistenza al dolore o al freddo e metabolismo) o anche la capacità di volare.
Il percorso di una yogini può comprendere la pratica del Tantra (in sanscrito = tessere), una filosofia religiosa incentrata sull’interazione tra le forze maschili e femminili dell’universo incarnate da Shakti e Shiva.
La parola Yogini può anche riferirsi a personificazioni di aspetti della natura, che si manifestano dalla Dea Madre Divina, o Devi (raffigurata in un’immagine qui a fianco). Queste Yogini includono le dieci Mahavidyas (chiamate anche Grandi Saggezze o dakini) che rappresentano tutta la gamma della divinità femminile, dal bello e delicato al violento e terrificante.
In alcune scuole dello Yoga e del Tantra, queste potenti manifestazioni servono come modello da emulare per le Yogini umane.
Un’altra definizione caratterizza Yogini come aspetti della dea indù Durga, che è un’altra forma di Devi.
Durante una battaglia per salvare l’universo, Durga emanò otto Yoginis per raggiungere il suo obiettivo. In alcuni sistemi sono chiamate Màtrikà. Più tardi i testi moltiplicano le Yogini da 8 a 64 per rappresentare l’intera gamma di forze nel mondo che controllano fertilità, malattia, abbondanza, vegetazione, vita e morte.
In sostanza si può dire che le Yoginis incarnano la gamma delle donne, da umane a divine, che rappresentano, il controllo o cercano di controllare le potenti forze della natura, compresa la vita stessa.
Le immagini nei templi Yogini dell’India e coloro che hanno seguito per più di un millennio queste pratiche spirituali sono tutti, in qualche modo, legati alla tradizione Yogini.
I primi racconti degli europei sulle Yogini erano concentrati sui loro aspetti terribili: come scrisse Miranda Shaw in “Dee buddhiste” o David Gordon White in “Bacio delle Yogini” e “Yoginis, divinità o … folletti?“
Nella sua relazione del 1862-1865 per la Soprintendenza Archeologica dell’India, il direttore generale Alexander Cunningham, a proposito del tempio yogini di Khajaraho, ha scritto: “Chaonsat Yogini sembra essere il più antico tempio di Khajaraho. Unico per posizionamento è anche il solo in granito, mentre per tutti gli altri sono state utilizzate le cave di arenaria sulla riva orientale del fiume Kane. Le Joginis o Yogini, sono folletti femmina che obbediscono a Kali, la terribile dea della distruzione.
Quando si svolge una battaglia, si dice corrano freneticamente per il campo con le loro ciotole per raccogliere il sangue degli uccisi, che tracannano con piacere. Nel Chandrodaya Prabodha sono chiamate “spose dei demoni che danzano sul campo di battaglia.“
Quando si svolge una battaglia, si dice corrano freneticamente per il campo con le loro ciotole per raccogliere il sangue degli uccisi, che tracannano con piacere. Nel Chandrodaya Prabodha sono chiamate “spose dei demoni che danzano sul campo di battaglia.“
“Per questa loro connessione con la dea Kali che beve sangue, è probabile che il tempio originariamente potrebbe essere stato dedicato a Siva, ipotesi che è in parte confermata dalla posizione di un piccolo santuario di Ganesha sullo stesso costone roccioso immediatamente di fronte l’ingresso. Ma poichè i bramini del posto affermano che la dedica di un tempio alle Yogini garantisca la vittoria a chi lo costruisce, è possibile che questo tempio mantenga il suo nome originale“.
Vans Kennedy nella sua “Mitologia indù” (p. 490) cita i nomi di sei Yogini: Brahmi, Maheswari, Kaumari, Vaishnavi, Varahi, Mahendri, tutte chiamate da Siva a divorare la carne e bere il sangue del grande Daitya Jalandhara.
“Da questo punto di vista, ci si potrebbe aspettare di trovare numerosi templi dedicati alle Yogini, in quanto molti condottieri sarebbero stati disposti a propiziarsi la vittoria in questo modo. Ma poiché questo è l’unico santuario di queste dee che ho trovato, sono propenso a dubitare della tradizione, e ad attribuire il tempio a Durga o Kali, la consorte di Siva.“
– Le donne di Angkor Wat possono essere Yogini?
In contrasto al nulla tramandato sulle donne di Angkor Wat, note anche come Devata o Apsara, è rimasta una notevole quantità di informazioni scritte per quanto riguarda le Yogini dell’India.
Le Devata risultano tutte certamente molto più riservate nel loro comportamento e quindi potrebbero rappresentare solo gli aspetti più dolci del pantheon Yogini.
Le donne di Angkor Wat non mostrano attributi orribili o soprannaturali. In realtà appaiono del tutto normali, prive di zanne, aloni, occhi in più, ali o altre caratteristiche terribili e fantastiche.
Nessuna, infatti, appare come Sakti, la manifestazione femminile di un dio, a volte visto con la testa di animale, cinghiale, toro, cavallo o leone.
Né le donne di Angkor Wat sfoggiano collane o coppe fatte di teschi umani, oppure scheletri o armi tra i loro ornamenti.
Tutte le Devata di Angkor Wat sono in piedi in posa dignitosa con entrambi i piedi ben saldi a terra. Nessuna è seduta. Solo un paio assumono posizioni che possono essere associate alla danza.
Eppure, raffigurate in un tempio, le donne di Angkor Wat, sembrano condividere qualcosa di divino con le loro sorelle Yogini. Alcune mostrano posizioni delle mani (mudra) simili, gioielli e ornamenti associati con piante e fiori dalla natura. Come gli ammiratori hanno osservato per secoli spesso sono molto attraenti.
Le donne di Angkor Wat sembrano rappresentare solo un rapporto armonioso con la natura, mentre le Yogini indiane evocano maggiormente l’intera gamma della creazione, compresi gli aspetti violenti.
Forse c’è una connessione tra questi due gruppi di donne straordinarie, ma non è immediatamente evidente. Un buon punto di partenza è quello di esaminare i templi Yogini indiani, utilizzando l’esempio specifico delle Yogini Chaunsat di Bheraghat Jabalpur.
– I Templi Yogini
In India i bramini hanno a lungo ritenuto cheSangam, la confluenza di due fiumi, sia un luogo particolarmente sacro perché la commistione di due corsi d’acqua è considerata più efficace a lavare via i peccati.
Questo è il motivo per cui Bheraghat, dove si incontrano il Narbada e il Saraswati è un luogo di balneazione particolarmente santo.
Alto su una collina nei pressi della congiunzione dei due fiumi si trova il tempio circolare Yogini, il cui chiostro protegge il tempio di Gauri Sankara dedicato a Shiva.
La forma circolare è inusuale per i luoghi braminici, ma è la forma corretta per i templi dedicati alle Yogini Chaunsat (vale a dire 64 Yogini). Altri due templi Yogini di questa forma sono Hirapur e Ranipur-Jharial. Un quarto tempio yogini, Khajaraho, è oblungo. Tutti sono a cielo aperto.
Il santuario originario centrale fu eretto nel 1155 dC, il che lo rende contemporaneo ad Angkor Wat (1116-1150 dC). E’ stato costruito dalla Regina Kalachuri Alhanadevi durante il regno del figlio Narasimhadeva.
Nel tempio compaiono solo due statue maschili.
– Le statue del tempio Yogini Bheraghat
Le statue nelle nicchie del chiostro di Bheraghat si mostrano in due posizioni: in piedi e sedute. Molte sono danneggiate e alcune sono scomparse del tutto. La maggior parte sono divinità a quattro braccia che, come hanno osservato gli antichi scrittori: “sono particolarmente notevoli per il formato del seno“.
Le prime relazioni caratterizzano la maggior parte di queste immagini come “Yoginis o demoni femminili che servono Durga“. Il tempio è, quindi, comunemente conosciuto come Yogini Chaunsat o “sessantaquattro Yogini”.
Otto figure sono identificate come Ashta Sakti, o energie femminili degli dei. Tre sembrano personificare i fiumi. Tutte le figure sedute sono Yoginis, ognuna è molto ornata e fatta di arenaria grigia.
Quattro figure femminili danzanti (n. 39, 44, 60 e 78) sono fatte di pietra arenaria violacea e sono molto meno ornate. Uno (n. 44) si pensa sia la dea Kali. Le altre sembrano essere altre forme di questa divinità.
Shiva e Ganesh (n. 15 e 1) sono le uniche due figure maschili.
Le statue di questo chiostro circolare possono essere divise in cinque gruppi distinti:
Saktis, comunemente nota come Ashta-Shakti 8 statue
Fiumi: Gange, Jumna e Saraswati 3
Dee danzanti: Kali, ecc 4
Dei: Shiva e Ganesh 2
Yoginis, o yogini chaunsat, (57 intatte, 7 perse) 64
Totale 81
Due ingressi (= 3 spazi) 3
Totale 84 nicchie
Fiumi: Gange, Jumna e Saraswati 3
Dee danzanti: Kali, ecc 4
Dei: Shiva e Ganesh 2
Yoginis, o yogini chaunsat, (57 intatte, 7 perse) 64
Totale 81
Due ingressi (= 3 spazi) 3
Totale 84 nicchie
– Devata e Yogini
Un raffronto tra le raffigurazioni di: una Yogini del tempio indiano di Gauri Sankara a Bheraghat (qui a fianco a destra); in basso, a sinistra: una Devata di Angkor Wat; in basso a destra una Yogini del tempio indiano di Hirapur situato nel distretto di Balaghat, nello stato federato del Madhya Pradesh, nell’India centrale.
Vedi le immagini delle Devata
Vedi le immagini delle Yogini di Hirapur
Kent Davis
direttore di DatASIA l’organizzazione specializzata in studi, pubblicazioni e lezioni sul sud est asiatico e responsabile di Devata.org l’autorevole sito specialistico di ricerche interamente dedicato ad Angkor Wat in Cambogia.
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