lunedì 29 giugno 2015

OLLANTAYTAMBO: LA CITTÀ PERUVIANA COSTRUITA DAGLI INGEGNERI VENUTI DALLO SPAZIO

Tra i numerosi siti archeologici peruviani che sconcertano per la loro realizzazione architettonica, ne esiste uno meno conosciuto, ma che forse è il più sbalorditivo di tutti: l'antica città di Ollantaytambo, nel Perù meridionale, a circa 60 chilometri a nordovest della città di Cusco. Gli enormi megaliti e la perfezione dell'intaglio della pietra fanno ritenere ai teorici degli Antichi Astronauti che Ollantaytambo sia la prova che la Terra del passato sia stata visitata da intelligenze extraterrestri.05-Ollantaytambo

Ollantaytambo è un sito archeologico Inca che si trova nel Parù meridionale, nella regione di Cusco, ad un’altitudine di 2792 metri sopra il livello del mare.
Le rovine dell’antica città giacciono in un luogo che gli Inca chiamavano “Valle Sacra”.
Gli storici convenzionali ritengono che Ollantaytambo sia stata costruita nel 1440 d.C. dall’imperatore Inca Pachacuti.
Alcuni ricercatori, invece, sono convinti che sia stata costruita sulle rovine di una città molto più antica, le cui origini rimangono sconosciute.
“La porta che viene chiamata ‘Il Cancello degli dei’ è stata costruita migliaia di anni prima che gli inca arrivassero in questa regione, da una civiltà che chiamiamo Hurimpacha”, spiega Brien Foester, autore del libro A brief history of Incas. “Gli abbiamo dato questo nome perchè non abbiamo idea di chi fossero, da dove venissero e dove sono andati”.
Secondo Foester, i reperti più antichi di Ollantaytambo risalgono almeno a 12 mila anni fa. Ma come hanno potuto esseri umani così primitivi costruire queste sorprendenti strutture in pietra, con grandi blocchi che si incastrano alla perfezione, con acquedotti e sistemi di irrigazione che funzionano ancora oggi?
E come avrebbero potuto spostare e modellare enormi massi di granito, ognuno del peso di più di 50 tonnellate?

Una fortezza sacra

“Ollantaytambo è una fortezza di montagna”, spiega Andrew Collins, autore di “The Cygnus Mystery, “conosciuta soprattutto per le incredibili dimensioni dei blocchi utilizzati nella sua costruzione. In particolare, quelli ritrovati nel livello più alto della montagna. Ci sono sei mastodontici blocchi di granito posizionati in linea”.
I monoliti sono stati trasportati da un altro sito, attraversando una piana, un fiume e poi portate in alto sulla montagna. Chiaramente, il mistero più grande è capire come le abbiano tagliate e portate fin lassù.
Al giorno d’oggi, infatti, se dovessimo spostare un masso di 50 tonnellate dovremmo assemblare un’unità di trasporto speciale, comprendente travi metalliche, assi e ascensori idraulici.
Per portarlo fino in cima, probabilmente bisognerebbe modificare l’altura, costruire una strada, fissare il masso con dei cavi metallici ad un sistema di carrucole. Molte opzioni differenti, ma nessuna di esse disponibile alle persone dell’epoca.
L’abilità di sistemare perfettamente insieme queste pietre di diverse tonnellate, in modo che fra di esse non ci passi nemmeno un capello, non è una questione di tempo o di fatica, ma una questione di tecnologia. Gli archeologi tradizionali sostengono che il granito sia stato tagliato e modellato con strumenti di pietra e di bronzo.
Ciò che è veramente strano è il modo in cui le grandi rocce sono state fissate, come se fossero state fuse insieme da una fonte sconosciuta di calore. E’ come se due pietre fossero state posizionate una accanto all’altra e poi fuse insieme con qualche forma di raggio ad altissima energia.
Guardando la configurazione dei blocchi, non c’è proprio spiegazione su come potessero aver creato una fonte di calore tanto intensa, al punto da saldare le rocce l’una alle altre.
Ulteriori prove dei misteriosi metodi utilizzati dagli antichi costruttori possono essere trovate nel vicino Tempio del Condor. Qui, enormi lastre di andesitevenivano estratte dal luogo conosciuto come Il Muro della Roccia Viva.
“Il Tempio del Condor è particolare, perchè troviamo delle enormi sezioni di pietra a forma di parallelepipedo” commenta Collins. “Si tratta di andesite, una roccia molto dura, ed è stata rimossa dalla montagna con tanta accuratezza che non si trovano segni di scalfittura sulla superficie.
La superficie rocciosa sembra ruvida, ma quando la tocchi sembra liscia come le piastrelle del bagno, il che significa che è stato usato un qualche processo di vetrificazione”.
Utensili preistorici non avrebbero potuto ottenere questo risultato, soprattutto se si pensa che Ollantaytambo è fatta quasi tutta di andesite. Per tagliarla serve qualcosa di più duro della semplice pietra o del bronzo. Si poteva utilizzare il diamante, ma non c’erano strumenti nell’età della pietra che potessero tagliare queste rocce.
È possibile che gli antichi costruttori di Ollantaytambo abbiano davvero utilizzato utensili provenienti da un altro mondo, così come sostengono i Teorici degli Antichi Astronauti? Qualche indizio può essere trovato negli antichi miti di creazione tramandati nelle Ande.
In essi, gli antenati, o fondatori, sono descritti come fratello e sorella, figli del Dio Sole, mandati sulla Terra dal Dio Sole stesso. Questi due enigmatici personaggi giungono sulla Terra in possesso di un cuneo dorato.
È possibile che questo potesse essere una sorta di utensile tecnologico in grado di tagliare la pietra, fonderla e farla addirittura levitare, capace di vincere la forza di gravità?
Il fatto che Ollantaytambo abbia a che fare con la tradizione del cuneo dorato, può solo significare che in quel luogo, migliaia di anni fa, qualcosa di straordinario è veramente successo.

venerdì 26 giugno 2015

INDONESIA: SCOPERTA UNA PIRAMIDE ANTICA COSTRUITA PIÙ DI 9 MILA ANNI FA?

Il sito di Ganung Padang, scoperto nel 1914 da due coloni olandesi, si estende sulla collina con una serie di terrazze realizzate con enormi rocce rettangolari di origine vulcanica. Ma, l'archeologo Danny Hilman ritiene che ritiene che le pietre visibili sulla collina siano, in realtà, la cima di una piramide, una realizzazione molto più complessa di semplici terrazzamenti.

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Danny Hilman, geologo senior del Centro Indonesiano per la Ricerca geotecnica e titolare di un dottorato di ricerca presso l’Istituto di Tecnologia della California, è sull’orlo di quella che potrebbe essere una scoperta sconvolgente sulla storia dell’umanità: la più antica piramide del pianeta.
Il team guidato da Hilman sta lavorando sul sito di Ganung Padang, una collina nascosta tra i vulcani indonesiani, a circa 120 chilometri a sud di Giacarta, piena di pietre giganti che ne fanno il più grande sito megalitico dell’Asia Sudoccidentale.
Il sito di Ganung Padang, scoperto nel 1914 da due coloni olandesi, si estende sulla collina con una serie di terrazze realizzate con enormi rocce rettangolari di origine vulcanica. Ma, secondo Hilman, i megaliti di superficie sono solo la punta di un iceberg molto grande.
Il ricercatore, infatti, ritiene che le pietre visibili sulla collina siano, in realtà, la cima di una piramide, una realizzazione molto più complessa di semplici terrazzamenti.
Hilman è convinto che l’antica struttura potrebbe precedere l’inizio ufficiale della storia di una decina di millenni o più, il che suggerisce che a Java potrebbe essere esistita una civiltà antica molto avanzata.
«È più antica di 9 mila anni e potrebbe risalire fino a 20 mila anni fa», dice Hilman. «E’ pazzesco, ma sono i dati». Se l’ipotesi del ricercatore è corretta, siamo sull’orlo di una scoperta che potrebbe riscrivere la storia dell’umanità.
piramide-indonesia-0Hilman ha trovato prove che confermerebbero che la maggior parte della collina di 100 metri è in realtà di origine artificiale, costruita nel corso di migliaia di anni da tre culture diverse.
Grazie ad una serie di indagini eseguite con i radar di terra, carotaggi e analisi delle murature, i ricercatori hanno trovato dei modelli nella disposizione delle rocce che attesterebbero l’origine non naturale.
Alcuni blocchi sono tenuti insieme da una sorta di malta e sotto i mucchi di pietre gli strumenti avrebbero rilevato l’esistenza di camere sotterranee, scale interne e terrazze, tutte prove di una massiccia costruzione, frutto di progettazione e pianificazione.
La scoperta più entusiasmante è stata offerta dalla datazione al radiocarbonio dei campioni trovati all’interno del sito, indicando che potrebbe trattarsi di una struttura realizzata più di 9 mila anni fa.
«La struttura dell’edificio è molto buona», spiega Hilman. «Concludiamo che la disposizione dei giunti colonnari limita l’intero perimetro della collina. Crediamo che non ci sia un solo strato di costruzione, ma più livelli».
Come riportato dal Sydney Morning Herald, Hilman sospetta che la piramide sia stata realizzata in tre fasi nel corso dei millenni e da tre diverse culture. «È davvero enorme», esclama Hilman. «Le persone credono che l’età della pietra era primitiva, ma questo monumento dimostra che si tratta di un’opinione errata».
La ricerca ha così impressionato il presidente dell’Indonesia, Sasulo Bambang Yudhoyono, da aver nominato una task force a sostegno delle indagini, mettendo a disposizione un intero contingente militare di terra a difesa del sito.
Il presidente Yudhoyono ha esortato il team a compiere rapidamente le indagini, descrivendo il lavoro dei ricercatori come un “compito di portata storica, di grande valore per l’umanità”.
Ma come ogni scoperta che entra in conflitto con le credenze tradizionali sulla storia dell’umanità, il lavoro di Hilman ha suscitato una serie di polemiche paragonabile alla controversia nata attorno alle Piramidi bosniache di Visoko.

Nonostante l’interessamento del presidente, vi è una forte resistenza alla teoria da parte di 34 archeologi e geologi indonesiani, i quali hanno presentato una petizione al presidente nel quale si accusa Hilman di aver impiegato gente comune come volontari e di svolgere i lavori senza tenere conto di norme scientifiche e di conservazione a tutela del sito.
I firmatari della petizione ritengono che sia necessario coinvolgere nelle indagini archeologi e vulcanologi. Alcuni di questi geologi, inoltre, ritengono che sulla collina di Gunug Padang non ci siano le vestigia di un’antica piramide, ma i resti di un vulcano.
Come suggerisce Ancient Origins, non è chiaro se le rimostranze siano dovute a gelosie professionali, al tentativo di boicottare risultati che potrebbero mettere in crisi la visione tradizionale della storia, oppure ad un autentico desiderio di sostenere il progetto.
Il dubbio viene ascoltando uno degli argomenti proposti al Sydney Morning Herald da un archeologo indonesiano che non ha voluto essere nominato: «Se 7 mila anni fa la nostra tecnologia era in grado di produrre solo strumenti in osso, come può la gente di 20 mila anni fa avere la tecnologia per costruire una piramide?».
In altre parole, dal momento che non siamo in grado di capire, non può essere vero. Si tratta di un approccio non proprio scientifico, dato che pone una precomprensione che ostacola la scoperta di nuove prove in proposito.
Tutti questi attacchi fanno rendere conto a Hilman di quanto sia difficile il suo compito: «E’ una caso forte, ma non un caso facile. Stiamo andando contro le convinzioni del mondo», confessa il ricercatore. Ma né lui, né il presidente, sono disposti a fare marcia indietro.

lunedì 22 giugno 2015

PERCHÈ LA SCIENZA CONSIDERA LA VITA EXTRATERRESTRE E GLI UFO ARGOMENTI TABÙ? RISPONDONO DUE SCIENZIATI

Un contributo al dibattito di due autorevoli ricercatori. Il primo è di Nalin Chandra Wickramasinghe, professore di matematica applicata e astronomia presso i College University di Cardiff, Galles. Il secondo parere è di Eric Davis, fisico della propulsione e ricercatore pressol'Institute for Advanced Studies di Austin.

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È noto che, spesso, gli scienziati siano riluttanti a discutere apertamente della possibilità della vita extraterrestre e del fenomeno UFO.
Anche se il grande pubblico è particolarmente interessato all’argomento, la comunità scientifica sembra evitare accuratamente l’argomento attraverso un silenzio autoimposto, non importa quanto sia forte l’evidenza.
Il negazionismo della maggioranza degli scienziati, secondo cui la vita extraterrestre non può esistere nelle nostre immediate vicinanze, tanto più il controverso fenomeno UFO, sembra essere una regola non scritta a cui si attengono come una sorta di dogma, un atteggiamento completamente opposto a quello della ricerca scientifica, che necessità di curiosità, onestà intellettuale, assenza di pregiudizio e ricerca, tanta ricerca.
Un contributo al dibattito viene da due ricercatori. Il primo è di Nalin Chandra Wickramasinghe, professore di matematica applicata e astronomia presso i College University di Cardiff, Galles. Il secondo parere è di Eric Davis, fisico della propulsione e ricercatore pressol’Institute for Advanced Studies di Austin.

Nalin Chandra Wickramasinghe

Nalin Chandra Wickramasinghe è nato nel 1939 in Sri Lanka. Ha studiato astrofisica all’Università di Cambridge, dove è stato allievo diFred Hoyle, noto al grande pubblico soprattutto per le sue argomentazioni non convenzionali e per svariate teorie non ortodosse entro la comunità scientifica.
Ha conseguito il dottorato di ricerca nel 1963. Ha scritto più di 30 libri, è un prolifico blogger ed è considerato un esperto nell’uso dell’astronomia all’infrarosso, disciplina con cui si studia la materia interstellare.
«Il mio coinvolgimento personale in questa in questa materia risale al 1970, quando, insieme con il compianto Fred Hoyle, stavo indagando la natura della polvere interstellare», spiega Wickramasinghe. Il ricercatore scoprì che le molecole organiche si stavano accumulando nelle nubi interstellare a ritmo elevato.
Le polveri interstellari, che fino ad allora si pensava fossero composte di ghiaccio e di materia inorganica, mostravano complessi polimeri organici di possibile provenienza biologica.
«Queste scoperte sorpresero molto gli astronomi», ricorda il ricercatore. «Per lungo tempo, la comunità scientifica resistette alle nostre conclusioni, secondo le quali tali molecole possono essere rilevanti per la nascita della vita sulla Terra».
Hoyle e Wickramasinghe furono i primi ricercatori a ipotizzare una correlazione tra nubi interstellari e vita biologica terrestre, sviluppando la teorie della Panspermia.
«Il primo sentore di una censura relativa alla vita extraterrestre la avemmo quando ipotizzammo che questa correlazione potrebbe esserci anche con altri pianeti del cosmo. Quando nel 1982, presentammo un progetto di ricerca per verificare le nostre ipotesi, venne rifiutato perchè considerato privo di valore scientifico!», continua Wickramasinghe.
Anche quando fu fatta la scoperta inattesa che le comete contenessero materia organica, le teorie della panspermia di Hoyle e Wickramasinghe furono decretate come tabù da tutte le riviste scientifiche e dalle istituzioni rispettabili.
Un altro episodio emblematico avvenne qualche anno dopo. Richard B. Hoover, uno degli astrobiologi più importanti impiegati al NASA Marshall Space Flight Center, tra il 1997 e il 2011 ha eseguito delle nuove analisi sul famoso meteorite Murchison, caduto in Australia nel 1969.
«Utilizzando la tecnologia attualmente a disposizione, nell’ultimo studio pubblicato nel 2011, Hoover conclude il meteorite contiene fossili microbici in grande quantità», racconta Wickramasinghe. «Il furore con cui è stata salutata questa ultima pubblicazione e la condanna di riviste come Science e dei capi della Nasa, dimostra che le tattiche precedenti di insabbiamento, sono state sostituite dagli sproloqui stridenti e dagli insulti personali».
«Se fossimo vissuti nel medioevo, non vi è dubbio che Hoover, Hoyle e me, avremmo fatto una brutta fine», continua amaro Wickramasinghe. Intatto Hoover ci ha rimesso lo stipendio. Nel 2011, infatti, la Nasa ha deciso di mettere fine alla sua collaborazione con l’astrobiologo, dopo 45 anni di onorata carriera, con all’attivo numerose pubblicazioni scientifiche.
Wickramasinghe, tuttavia, ha l’impressione che le cose stiano iniziando a cambiare, se non altro perchè la resistenza ai fatti e la censura, a lungo andare si riveleranno inutili. L’universo ha sempre l’ultima parola!

Eric Davis

Ma, oltre a quello della vita extraterrestre, c’è un altro tema molto più controverso e censurato, sia dalla comunità scientifica che dai media:gli UFO!
L’argomento viene spesso e volentieri negato, oppure viene bollato dai think tank della scienza come ‘ridicolo’. Tuttavia, anche su questo argomento le cose sterebbero cominciando a cambiare.
Ne è convinto Eric Davis, un ricercatore dell’Institute for Advanced Studies di Austin, impegnato nella ricerca di nuovi sistemi di propulsione interstellare.
«Gli UFO sono fenomeni reali. Sono oggetti artificiali sotto controllo intelligente. Sono sicuramente il risultato di una tecnologia estremamente avanzata», dice Davis all’Huffington Post. Il ricercatore spera che i suoi studi di fisica sulla propulsione un giorno possano permettere all’uomo di spostarsi nel cosmo allo stesso modo.
Tuttavia, egli è consapevole che nessuno scienziato è attualmente disponibile a discutere del tema UFO. «Si sbagliano. Sono ingenui, ostinati, gretti, impauriti e timorosi. Sembra che si tratti di una parolaccia e di un argomento proibito. La scienza richiede una mente aperta», continua il fisico.
«Non bisognerebbe ridere delle persone, ma mostrare loro rispetto. Gli scienziati hanno bisogno di tornare a utilizzare il metodo scientifico per capire cose sconosciute e insolite. Il soggetto UFO è uno di queste».
Davis recentemente ha vinto un premio della American Institute of Aeronautics and Astronautics per il suo studio “Space Warp: più veloci della luce”, e conosce molti colleghi che silenziosamente si occupano del fenomeno UFO.
«Ci sono molti scienziati che sono a conoscenza di elementi oggettivi e dati reali, ma non usciranno mai allo scoperto per pubblicare i loro studi, perchè temono la derisione dei loro colleghi. L’impatto sulla loro carriera potrebbe essere dannoso», dice Davis.
«Nessun ente è disponibile a finanziare la ricerca. La National Science Fundation non accetta il tema UFO come oggetto di uno studio scientifico». Eppure, sorprendentemente, diversi autorevoli scienziati si sono occupati del fenomeno per decenni. L’astronomo J. Allen Hynes, ex consulente scientifico della US Air Force, ha studiato gli UFO per 20 anni, nell’ambito delBlue Project Book concluso nel 1969.
In buona sostanza, Davis ritiene che il dominio sulle indagini sugli UFO, in realtà non è nelle mani degli scienziati. E di chi, allora? «È sotto il controllo dell’intelligence militare», suggerisce. «Il fatto che oggetti sconosciuti stiano volando attorno al nostro pianeta non è considerato un argomento per la scienza. Perchè? Perchè la scienza si deve occupare dei fenomeni naturali, è gli UFO non lo sono».

giovedì 18 giugno 2015

SCOPERTE PIRAMIDI SCONOSCIUTE CHE FAREBBERO IMPALLIDIRE QUELLE DI GIZA?

Le fonti documentali antiche indicherebbero che le piramidi nel sito di Fayum sarebbero state volutamente sepolte, in un tentativo di 'damnatio memorie', cioè occultarli volutamente alla memoria collettiva. Ma perchè?

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Nel mese di agosto del 2012, Angela Micol, un’archeologa amatoriale della Carolina del Nord, dichiarò di aver avvistato due possibili complessi piramidali sconosciuti in Egitto, individuando un ammasso enorme, grande quasi tre volte le dimensioni della Grande Piramide di Giza.
I siti sono stati individuati dalla Micol grazie alle immagini satellitari di Google Earth. [Vedi articolo del 2012].
A quanto pare, alcune conferme sarebbero arrivate da una spedizione preliminare inviata alle coordinate della scoperta, la quale ha rilevato l’esistenza di cavità e pozzi. “Inoltre, è emerso che queste formazioni sono etichettate come ‘piramidi’ su diverse mappe dell’antichità”, ha detto Micol aDiscovery News.
“Le immagini parlano da sole”, disse la ricercatrice quando annunciò la sua scoperta lo scorso anno. “E’ molto chiaro quello che i siti potrebbero contenere, ma la ricerca sul campo è necessaria per verificare quello che sono, cioè piramidi”.
La scoperta della Micol riguarda due potenziali siti che si trovano a circa 90 chilometri l’uno dall’altro. Il primo si trova a soli 12 chilometri dalla città di Abu Sidhum, lungo il Nilo, caratterizzato da quattro tumuli in posizione inusuale.
Il secondo complesso, invece, si trova a circa 100 chilometri a nord dell’Oasi di Fayum e presenta un tumulo tronco di circa 150 metri di larghezza, più tre tumuli più piccoli in allineamento diagonale.
“Dopo aver dato notizia della scoperta, sono stata contattata da una coppia di egiziani che sosteneva di avere importanti riferimenti storici per entrambi i siti”, ha spiegato Micol. Si tratta di Kamal Medhat El-Kady, ex ambasciatore del Sultanato dell’Oman e di sua moglie Haidy Farouk Abdel-Hamid, avvocato ed ex consigliere della presidenza egiziana. La coppia è conosciuta per essere la migliore collezionista di mappe antiche, vecchi documenti, libri e manoscritti storici e politici rari.
Secondo quanto riferito dalla coppia, le formazioni avvistate dalla Micol nei pressi di Abu Sidhum e nel Fayum sono entrambi segnalati come complessi piramidali in alcune vecchie mappe e documenti.
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“Per questo caso soltanto, esistono ben 34 mappe e 12 vecchi documenti che segnalano entrambi i siti”, hanno detto El-Kady e Farouk a Discovery News. Per quanto riguarda il sito nei pressi del Fayum, la coppia ha citato tre mappe in particolare: una mappa di Robert de Vaugoudy risalente al 1754, una mappa rara elaborata dagli ingegneri di Napoleone Bonaparte, e una mappa e dei documenti appartenuti al Maggiore Brown, sovraintendente all’irrigazione del Basso Egitto alla fine del 1880.
I documenti indicherebbero l’esistenza di due piramidi sepolte che si aggiungerebbero alle già note piramidi di El-Lahun e di Hawara. “Sarebbero le più grandi piramidi conosciute dal genere umano”, dice la coppia. “Noi non crediamo di esagerare se dicessimo che le due strutture farebbero passare in secondo piano le piramidi di Giza”.
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Le fonti documentali antiche indicherebbero che le piramidi nel sito di Fayum sarebbero state volutamente sepolte, in un tentativo di ‘damnatio memorie’, cioè occultarli volutamente alla memoria collettiva. Ma perchè?
Sebbene il sito di Fayum non sia stato ancora studiato da vicino, una spedizione preliminare ha invece raggiunto quello vicino ad Abu Sidhum, fornendo dati interessati da confrontare con i documenti forniti da El-Kady e Farouk.
“Quei cumuli nascondono sicuramente un antico sito”, dice a Discovery News Mohamed Aly Soliman, archeologo a capo della spedizione. “Prima di tutto, la terra attorno ai siti è un normale terreno pianeggiante. E’ solo deserto, sabbia e pietre.I tumuli, invece, sono diversi. Si trovano cocci di ceramica e conchiglie ovunque”.
Citando il lavoro di Ioannis Liritzis, professore di archeometria presso l’Università dell’Egeo, Soliman ricorda che le rocce utilizzate per la costruzione delle piramidi contengono fino al 40% di frammenti di conchiglie.
Soliman ritiene che la gente del posto aveva sospettato che le formazioni erano di origine antica. Infatti, in passato hanno tentano di scavare uno dei tumuli, ma hanno dovuto rinunciare a causa dell’estrema durezza della roccia che, secondo la Micol, potrebbe essere granito.
“Abbiamo utilizzato un metal detector sui tumuli, scoprendo che entrambi i siti presentano una lunga cavità orientata verso nord”, ha detto Soliman. “Ci deve essere del metallo all’interno delle cavità”. Soliman ricorda anche che la maggior parte delle piramidi egizie presenta un tunnel d’ingresso orientato a nord, indizio che rafforza l’ipotesi dei due ricercatori.
E’ possibile che un gruppo di archeologi amatoriali abbia fatto una scoperta che farà impallidire le Piramidi di Giza? Oppure i tumuli non sono altro che formazioni rocciose affioranti naturali? “Per stabilire se si tratti di qualcosa di naturale o artificiale, bisogna eseguire indagini approfondite sul campo. Non basta individuare una duna di sabbia nel deserto”, spiega l’archeologo Patrick Rohrer a Discovery News.
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Per questo motivo, la Micol ha istituito la Fondazione di Archeologia Satellitare, una fondazione senza scopo di lucro, ma destinata alla raccolta di fondi per portare avanti la ricerca.
“A causa dei disordini e delle difficoltà economiche in Egitto, la vita non è facile per gli archeologi”, spiega la Micol. “Al momento, non abbiamo trovato nessun archeologo egiziano interessato a scoprire qualcosa in più su questi siti”.
“Ora che abbiamo qualche riscontro documentale, il mio obiettivo è quello di andare in Egitto con un team di scienziati e operatori video degli Stati Uniti, con l’obiettivo di convalidare le prove trovate della squadra di spedizione preliminare e di dimostrare che questi siti sono complessi piramidali dimenticati”, conclude Micol.

domenica 14 giugno 2015

CRONISTORIA DELLA PRESENZA ALIENA SULLA TERRA: FOTO E DI UNA COMPAGNIA MOLTO ANTICA

Numerosi indizi nei libri sacri, nei reperti archeologici, nelle cronache storiche, nell'arte e nelle testimonianze di coloro che dicono di essere stati rapiti dagli alieni sembrano confermare che non siamo soli nell'universo.

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E’ una storia antica quella della presenza aliena sulla Terra, e i teorici degli Antichi Astronauti lo sanno bene.
A più riprese, il nostro pianeta sembra essere stato visitato da creature intelligenti in possesso di una tecnologia avanzata che gli permette di viaggiare a velocità superiori a quelle della luce e di raggiungere qualsiasi angolo dell’universo.
Ma perchè sono qui? Secondo i ricercatori le motivazioni possono essere molteplici, e differenti per ciascuna specie aliena:
dall’esplorazione alla ricerca scientifica, dal rifornimento delle astronavi alla vacanza (alieni in vacanza sulla Terra! Stupendo!), dalla sperimentazione genetica allo sfruttamento delle risorse del nostro pianeta. Ma qual è la verità?

1 – 10000 a.C. – I Dischi di Dropa

Rinvenuti lungo il confine cino-tibetano, i dischi di pietra di Dropa (The Dopra Stones), secondo alcuni, sarebbero le prove di un antico schianto alieno sulla terra.
I dischi vennero rinvenuti nel 1938 da Chi Pu Tei, professore di archeologia presso l’Università di Pechino, e i suoi studenti, nel corso dell’esplorazione di una serie di alcune strane grotte sull’Himalaya.
Durante la spedizione questi scoprirono una grotta stupefacente fino ad allora rimasta inesplorata; quando i ricercatori entrarono si resero conto che più che una grotta si trattava di un sistema di gallerie artificiali e interconnesse.
Le pareti erano state levigate e sembravano cristallizzate, come se fossero state tagliate da una fonte di calore estremo, mentre c’erano incise sopra della strane iscrizioni che rappresentavano tutti i pianeti del nostro Sistema Solare, compresi il Sole e la Luna.
Inoltre, il gruppo rinvenne anche una serie di piccole tombe che contenevano gli scheletri di strane creature alte appena 1 metro e 30 e con il cranio enorme.
Di sicuro appartenevano a un razza sconosciuta. Accanto alle tombe furono trovati ammassati 716 dischi di granito con diametro dai 35 ai 50 cm e con un foro centrale, spessi un centimetro.
I dischi su un lato erano coperti di strani geroglifici, mentre sull’altro mostravano un’incisione a spirale che partiva dal centro e terminava verso il bordo esterno, un pò, simile ai moderni dischi musicali in vinile.
I reperti furono trasferiti segretamente a Pechino per essere studiati da un team di scienziati guidati dal professor Tsum Um Nui, il quale concluse che i dischi risalivano al 10 mila a.C. e raccontavano la storia di un gruppo di alieno chiamato “Drog-pa” (pelle gialla), proveniente da un pianeta lontano 12 mila anni luce e che un giorno giunse con la loro astronave sul nostro pianeta, precipitando tra le montagne del Tibet.
Pare che gli alieni avessero intenzioni pacifiche. Una volta che ebbero preso atto di non poter più ripartire per il loro pianeta natale, gli alieni furono costretti a stabilirsi sulla Terra mescolandosi alla popolazione locale. Ma le cose non andarono come avevano pensato questi antichi visitatori. Una parte di loro fu sterminata dalle tribù locali, spaventate dal loro aspetto inumano.
Gli indigeni del posto raccontano che in tempi remotissimi due tribù abitavano questa zona e che questi strani esseri alti solo 1,30 m. erano comparsi dal nulla o dal cielo, erano discesi dalle nubi. Alla fine, i nativi impararono a convivere con i pochi alieni sopravvissuti.

2 – 3000 a.C. – Il mistero delle Vimana

Con il termine sanscrito “Vimana” vengono indicati quei misteriosi oggetti volanti descritti nel Mahabharata e del Ramayana, antichi testi sacri della religione Indù, risalenti a 5 mila anni fa. Secondo le descrizioni di questi testi sacri, i vimana sono in grado sia di volare nell’aria, nello spazio e di immergersi sott’acqua. In uno di questi testi, il Ramayana di Valmiki si legge testualmente:
“La splendente astronave irradiava un bagliore fiammeggiante. Fiammeggiando come un fuoco rosso vivo, volava il carro alato di Ravana. Era come una cometa nel cielo”. Le Vimana vengono descritte come i mezzi di trasporto degli “esseri celesti”, forse Antichi Astronauti che, in forza della loro tecnologia avanzata, vennero scambiati per divinità dai nostri antenati.

3 – 1300 a.C. – Un X-File nell’antico Egitto

Antichi geroglifici raccontano di un evento soprannaturale avvenuto in Egitto durante il regno del faraone Thutmose III. Secondo le incisioni, un cerchio di fuoco apparve nel cielo di notte, per poi moltiplicarsi nel corso dei giorni successivi. I cerchi salirono poi verso il cielo, fino a scomparire. Si tratta del primo resoconto di un avvistamento UFO?

4 – 33 d.C. – La crocifissione di Cristo

Diverse testimonianze pittoriche mostrano che la crocifissione di Gesù Cristo è stata osservata da spettatori d’eccezione. Qui presentiamo due testimonianze provenienti dall’iconografia bizantina:
Nel dipinto esposto nella Cattedrale di Svetitskhoveli, Mtskheta in Georgia, strani oggetti solcano il cielo durante la Crocifissione. Si notano ai lati della croce due oggetti volanti all’interno dei quali sono raffigurati due volti intenti a guardare l’agonia del Cristo. Cosa sono questi due oggetti? E chi rappresentano i due volti all’interno di questi due velivoli?
Un’altro esempio molto significativo è l’affresco conservato nel Monastero di Visoki Decani in Kosovo. Questa opera è molto conosciuta tra gli appassionati di ufologia. Gli Oggetti ai lati della croce, sembrano essere dei velivoli occupati da due piloti, intenti ad osservare le ultime ore della vita di Gesù.
Una cosa sembra chiara: secondo la tradizione ortodossa, la morte di Gesù Cristo è raffigurato con dei testimoni cosmici d’eccezione. E la domanda seguente è ovvia: chi era realmente Gesù Cristo?

5 – 1180 – Il primo Disco Volante

700 anni prima che l’Occidente cominciasse ad utilizzare il termine “disco volante”, le cronache giapponesi del tempo registrano l’avvistamento di un “piatto di creta” volante. L’avvistamento avvenne nella provincia di Kii, nei pressi di una montagna. L’oggetto scomparve alto nel cielo, lasciando dietro di se una scia di “fumo incandescente”.

6 – 1428 – Il miracolo della neve

La “Fondazione della chiesa di Santa Maria Maggiore a Roma”, più conosciuta come “Il Miracolo della Neve”, venne dipinta da Tommaso di Cristoforo Fini, detto Masolino da Panicale, su ordine del papa Martino V Colonna per la chiesa di Santa Maria Maggiore di Roma intorno al 1428.
” … abbiamo la rappresentazione visuale di uno stranissimo evento implicante Papa Liborio (352-366 A.D.). Secondo tale tradizione storica, in un sogno il Papa ebbe dagli Angeli l’ordine di costruire a Roma una nuova chiesa nel luogo esatto dove una nevicata miracolosa si sarebbe manifestata.
Il giorno dopo, una strana sostanza simile a neve cadde dal cielo contro qualsiasi previsione meteorologica, in una calda giornata d’agosto. Il fenomeno fu limitato alla sola zona di Roma in cui venne poi edificata la basilica di S. Maria Maggiore. (…) Quale fu la causa di questa nevicata “impossibile”?
Masolino da Panicale, nella sua pittura, rappresenta una scena dettagliata dell’evento, con la neve che cade da una “nuvola” grossa e allungata, grigiastra e a forma di sigaro, sotto la quale sono visibili delle nuvole più piccole. Un’attenta osservazione di queste ultime, peraltro, mostra che non sembrano nubi normali.
Esse sono infatti tutte chiaramente delineate nei loro contorni e tutt’altro che vaporose, e sono poi rappresentate a due a due e in maniera identica con illuminata solo la parte superiore, con la maggior parte dei “dischi diurni” muniti di cupola.” (Roberto Pinotti).

7 – 1710 – Il Battesimo di Cristo

Nel dipinto del pittore fiammingo Aert De Gelder, “Battesimo di Cristo” (1710), sono raffigurati Gesù e Giovanni Battista immersi in una luce proveniente da un disco lucente nel cielo. Se si tratta dello Spirito Santo, persona incorporea delle Trinità, perchè De Gelder ha voluto renderlo così materiale?
Alcuni pensano che il pittore fiammingo abbia dipinto un oggetto volante visto con i suoi stessi occhi, altri sospettano che De Gelder non abbia mai visto una nave aliena, ma che si sia ispirato ad una lunga tradizione di dipinti extraterrestri nascosti dalla Chiesa.

8 – 1897 – Tentativo di rapimento alieno

Il giornale locale di Stockton riporta la storia di un tentato rapimento alieno. Il colonello H.G. Shaw ha affermato che mentre stava guidando la sua macchina in compagnia di un’altra persona, si imbatte in quella che sembrava una navicella spaziale atterrata.
I due si sono fermati per poi essere avvicinati da tre umanoidi alti e sottili. La loro pelle era coperta con una specie di muta. Secondo Shaw, le creature tentarono di rapirli, ma lui e il suo amico riuscirono a respingerli. Il rapporto ufficiale redatto dal colonnello coincide con le testimonianze simili di altre persone raccolte nello stesso periodo e nella stessa zone.

9 – 1942 – La Battaglia Los Angeles

Tre mesi dopo l’attacco a Pearl Harbor, i californiani sono stati sul chi va là, terrorizzati di un possibile attacco giapponese. La notte del 24 febbraio, centinaia di persone riferirono di aver visto un UFO di grandi dimensioni muoversi su Los Angeles. Subito, tutti pensarono che si trattasse di un velivolo giapponese pronto a bombardare la città.
I militari di stanza a Los Angeles immediatamente illuminarono il cielo con i proiettori, per rendersi conto che non si trattava affatto di un velivolo giapponese. L’oggetto volante fu colpito con le armi antiaeree, ma non subì alcun danno apparente.
L’UFO galleggiava dirigendosi verso Long Beach per poi sparire ad alta quota. Fino ad oggi, la vera natura dell’oggetto è sconosciuta, ma l’evento è stato immortalato nella storia UFO come “La Battaglia di Los Angeles”.

10 – 1947 – L’evento di Roswell

Probabilmente si tratta dell’evento extraterrestre più famoso e controverso nella storia moderna. Lo schianto di un oggetto volante non identificato a Roswell, New Mexico, è considerato da molti come la prova definitiva dell’esistenza di vita intelligente su altri pianeti. Tuttavia, per decenni, è stato impossibile recuperare prove concrete dello schianto.
Nel luglio del 2012, Chase Brandon, il quale sostiene di aver lavorato per la CIA per 25 anni, ha confermato che “non si trattava di un pallone meteorologico”, come ha dichiarato al Daily Mail. “Era un oggetto che non proviene da questo pianeta”.

11 – 1957 – Il caso Vilas Boas

E’ in questo anno che sarebbe avvenuto il presunto rapimento alieno di un contadino brasiliano. Nio Vilas Boas è stato uno dei primi testimoni oculare ad attirare l’attenzione sul fenomeno dei rapimenti alieni.
Mentre arava il suo campo di notte, per evitare le ore calde del giorno, Vilas Boas vide una stella rossa nel cielo che, man mano, cresceva in dimensioni durante il suo avvicinamento, fino ad assumere la sagoma riconoscibile di un velivolo spaziale.
Vilas Boas fuggi via cercando di saltare sul suo trattore, ma prima che vi riuscisse, un umanoide in tuta grigia di cinque metri di altezza afferrò. Altri tre esseri intervennero in aiuto al primo e trasportarono Vilas Boas all’interno dell’astronave.
Una volta dentro, racconta il contadino, gli alieni presero un campione del suo sangue e lo costrinsero ad avere rapporti sessuali con una creatura femminile. Dopo circa 4 ore di esami, Vilas Boas fu rilasciato.

12 – 1961 – Betty e Barney Hill

Quando Betty e Barney Hill partirono per un viaggio dalla loro casa in New Hampshire in Canada, non sapevano quanto sarebbe diventata memorabile la vacanza che stavano per fare.
Durante il viaggio, la coppia avvistò quello che sembrava essere una stella in movimento su una traiettoria irregolare. Incuriosita dal fenomeno, la coppia si fermò e scese dall’auto per vedere meglio la strana stella, per poi scoprire con sgomento che si trattava di un velivolo spaziale.
L’ultima cosa che ricordano è che l’oggetto spaziale cominciò a muoversi verso di loro e poi si ritrovarono a 35 chilometri di distanza dal luogo dove avevano lasciato la loro auto. Che cosa era successo nel frammezzo, nessuno dei due lo ricorda.
Poco dopo, Betty cominciò ad avere incubi di creature aliene con la pelle grigia e grandi occhi che la osservavano e la esaminavano. Barney, invece, sotto inposi ha rivelato molti dei ricordi che sembravano essere stati cancellati dagli alieni. Il caso dei coniugi Hill è oggetto di studio ancora oggi.

13 – 1962 – Il rapimento di Rivalino Mafra

Raimundo Aleluia Mafra, un bambino di nove anni, raccontò che suo padre, Rivalino Mafra, un minatore, fu rapito da un disco volante a Duas Pontas, presso Belo Horizonte. “Il disco – come dichiarò il piccolo Raimundo – si è posato dinanzi alla nostra casa, mentre noi stavamo prendendo il fresco e ha ‘risucchiato’ nel suo interno mio padre. Poi è sparito”.
Il ragazzo fu messo sotto osservazione per diverso tempo. Vittima di una allucinazione? Di sicuro c’è che suo padre scomparve realmente.

14 – 1975 – Il caso di Trevis Walton

Il caso ha ricevuto una notevole pubblicità e rimane uno dei più noti casi di presunta Alien Abduction. Lo storico del fenomeno UFO Jerome Clark riporta come “pochi rapimenti hanno generato così tante polemiche come il caso Walton”.
Questo è uno dei pochissimi casi di rapimento alieno con testimoni oculari concordanti e uno dei casi di rapimento dove il tempo passato insieme agli alieni gioca un ruolo di secondo piano.
Travis Walton sostiene di essere stato rapito da un UFO il 5 novembre del 1975, mentre era al lavoro con dei colleghi nella Apache Sitgreaves National Forest in Arizona. Walton scomparve per diversi giorni, per poi riapparire dopo cinque giorni di intense ricerche, durante i quali vennero incriminati per presunto omicidio i suoi colleghi falegnami provenienti dal villaggio di Snowflake.
Nel 1993, la vicenda di Walton fu raccontata in un film, Bagliori nel buio (Fire in the Sky), diretto da Robert Lieberman e interpretato da D. B. Sweeney nella parte di Travis Walton e Robert Patrick nella parte di Mike Rogers.

15 – 2011 – Gli alieni della Tundra Siberiana

Due esploratori della tundra ghiacciata della Siberia si sono imbattuti in quello che sembra essere il corpo di un alieno. Il corpo risulta dilaniato e in parte sepolto dalla neve. Il colorito della pelle risulta essere violaceo e gli occhi hanno la particolare formazione orbitale a mandorla.
La zona del ritrovamento è uno di quei luoghi “caldi” nel quale si segnalano numerose attività UFO. Molti sono convinti che il cadavere dell’alieno sia un residuo di un incidente UFO avvenuto nella zona. Il video del ritrovamento ha totalizzato quasi 1,5 milioni di visualizzazioni.

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