Sono molti gli antichi simboli che travalicano confini spaziali e temporali e che continuano a stuzzicare la curiosità dell’uomo moderno che ha dimenticato le origini delle sue stesse conoscenze. Uno dei simboli più affascinanti che ha accompagnato in varie forme l’umanità nei secoli è il simbolo del fleur de lis. Ad esso sono stati attribuiti molteplici significati ed è stato conosciuto con molti altri nomi.
L’origine del “fleur-de-lis” è stato dibattuto per secoli. Ci sono da considerare alcune questioni collegate tra loro rispetto a questo simbolo:
Non si conosce con sicurezza la sua origine, quello che è noto e che ad un certo punto è stato adottato dai re di Francia. Non è chiaro neanche cosa questo simbolo rappresenti veramente e le principali teorie tendono a dargli un significato floreale.
Anche se il simbolo che ha assunto più recentemente fama per il suo collegamento con la dinastia merovingia esso non nasce con essa. Infatti lo possiamo ritrovare in molti luoghi, molto prima dei tempi araldici, già fino dall’antica Mesopotamia. E’ essenzialmente un fiore stilizzato che serviva come elemento decorativo ed stato associato nel tempo alla regalità, specialmente nell’alto medio evo
Il suo utilizzo in araldica si può fare risalire al 12° secolo. Con certezza è stato dapprima adottato in forma di serie su un campo monocolre dal re francese Filippo II (1180-1214) e forse già dal padre Luigi VII (1137-80). Almeno dal 1200 lo stemma con base azzurro e con una serie di “fleur-de-lis” di colore oro viene associato alla monarchia francese. Esso appare su monete e sigilli dal 10° secolo almeno. Tipicamente si trova nell’impugnatura dello scettro o decora il bordo della corona, oppure viene retto in mano in versione ingigantita assieme allo scettro. Quindi dall’11° al 12° secolo c’è una forte associazione tra questo simbolo e la sovranità regnante. Monete dell’imperatore Federico I lo mostrano mentre regge questo scettro. Si suppone che già al tempo avesse assunto il nome di fleur-de-lis e avesse forti connotazioni religiose, specialmente legate alla Vergine Maria, e più tardi (nel 14° secolo) alla Trinità.
Dal “trattato di Araldica” di Michel Pastoureau Parigi 1979:
l’uso del fiore stilizzato chiamato solitamente “fleur de lis” è comune a tutte le epoche e tutte le civiltà. Si tratta di un tema essenzialmente grafico trovato su cilindri mesopotamici, bassorilievi egizi, ceramiche micenee, tessuti sassanidi, monete galliche e mamelucche, vestiti indonesiani, emblemi giapponesi e perfino su totem Dogon.
I vari scrittori che hanno discusso l’argomento concordano che ha poco a che fare con la grafica del giglio; non sono d’accordo se si tratta di una derivazione del giglio, del loto o della ginestra, o se rappresenta un tridente, una freccia, una doppia ascia, oppure una colomba o un piccione e comunque riteniamo che la cosa abbia poca importanza.
Il punto essenziale è che è una figura molto stilizzata, probabilmente un fiore che è stato usato come ornamento o come emblema da quasi tutte le civiltà del vecchio e nuovo mondo.
I più antichi esempi conosciuti di fleur-de-lis simili a quelli usati nel mondo occidentale medievale e nei tempi moderni si possono trovare sui bassorilievi assiri dal 3° millennio A.C. si trova in diademi, collane, scettri, e sembra già che assuma il significato di attributo reale. Quelli che si trovano successivamente a Creta, in India ed in Egitto, probabilmente hanno un significato simile. In numismatica, troviamo i fleur-de-lis su monete greche e su alcune monete romane della Repubblica o dell’Impero e soprattutto sulle monete galliche. [Il libro mostra tre monete: una moneta gallica (1° secolo DC), una moneta mamelucca (1390) e una moneta di Luigi VI di Francia (1110-1130), tutte mostrano un inconfondibile fleur-de-lis (almeno la sua metà superiore, e una sorta di triangolo nella parte bassa)]. Se nelle monete greche e romane è una fiorone di forma variabile, in quella celtica è un vero fleur-de-lis araldico come riappare nel 13° secolo.
Pur mantenendo il suo significato di attributo regale, il fleur-de-lis acquista nel Medioevo un forte significato cristico, che deriva (tra gli altri) dal celebre versetto del Cantico dei Cantici (2: 1): “ego flos campi et lilium convallium ” ripetuto e commentato molte volte da San Girolamo a San Bernardo. Quindi non è raro, fino alla fine del 12° secolo, vedere Cristo rappresentato tra gigli o fioroni stilizzati, il cui disegno potrebbe ricordare anche la Trinità del Chrismon (il monogramma di Cristo). Poi, lentamente, a questo contenuto cristico si aggiunge il simbolismo legato allo sviluppo del culto di Maria, e al versetto successivo del Cantico dei Cantici (2: 2): «sicut lilium interrelazioni Spinas, sic amica mea interrelazioni Filias” e molte parti delle Scritture e dei Padri della Chiesa, in cui il giglio è presentato come simbolo di purezza, verginità e castità. Nell’iconografia, il giglio diventa un attributo preferito della Vergine Maria e lo rimarrà fino al 16° secolo.
Possiamo trovare una versione stilizzata del fleur-de-lis in un urna da Oaxaca Mexico, in fornellini di ceramica per bruciare incenso del periodo Classico (200-650 C.E.) dall’antica città di Palenque, e come un simbolo in Mesoamerica collegato all’albero della vita, e al sacro fungo (la frutta proibita) che cresce sotto, alla trinità degli dei creatori legati al pianeta Venere o come la stella della resurrezione divina.
Nella civiltà Zapotec i glifi a includono il simbolo in fondo a destra,racchiudente un simbolo di autorità, resurrezione e trinità degli dei creatori.
In alto a sinistra c’è un disegno di una pietra olmeca (900-500 aC), raffigurante una divinità alata coronata con un simbolo del Fleur de lis che assume un significato simile a quello attribuito nel vecchio continente. Il disegno successivo rappresenta una Stele, presso il sito archeologico di Coba in Quintana Roo, Messico, che ritrae i un sovrano Maya coronato con un simbolo simile nella forma al Fleur de lis.
Il sovrano Maya è raffigurato mentre impersona il Dio Maya Chac-Xib-Chac. Egli regge una “barra con un serpente a due teste” nota come barra cerimoniale bicefala che rappresenta l’”albero del Mondo” noto come il Wakah Chan ( “sollevato verso il cielo”), un portale sacro che porta al mondo soprannaturale dell’immortalità. (ndr le quattro direzioni sono collegate da una gigantesca croce che sorge per divenire Wakah Chan, l’albero del mondo che collega il cielo la terra e il mondo degli inferi. Nella mitologia maya rappresenta il momento della creazione ed è connessa al luogo dove ha inizio il mondo chiamato posto delle canne). La barra cerimoniale potrebbe rappresentare un’icona cosmologica dell’albero del Mondo, ossia degli “axis mundi”, un portale dell’alto e del basso legato alla natura dualistica del pianeta venere. Il sovrano indossa abiti in cui è codificato il motivo a tre punti, un simbolo sacro delle tre pietre del cuore della creazione legate anche alla trinità dei creatori.
In alto a sinistra un re assiro (722 aC-705 aC) indossa un casco coronato con il Fleur-de-lis, che simboleggia la divinità e sovranità e una trinità di dei. Si noti la simbologia del numero 3 codificato nell’Albero della Vita. Il sovrano è ritratto in piedi di fronte l’Albero della Vita, con il Fleur-de-lis codificato alla base, che simboleggia la saggezza, l’immortalità, e resurrezione divina.
A destra c’è una lastra di pietra babilonese (dalla parete nord del palazzo di Re Sargon a Durrukin, 713-716 BC) raffigurante una divinità alata che indossa un casco coronato ancora con il simbolo del Fleur de lis.
Il dio alato è raffigurato mentre porta un secchiello rituale in una mano e una pigna dall’albero della vita eterna nell’altra. Nelle lingue maya parola Chan significa sia il cielo che il serpente, ed è il codice per indicare l’immagine del portale del cielo serpente che allude al percorso degli dei e al viaggio dei primi antenati nel loro cammino dentro e fuori dagli inferi durante le cerimonie sanguinose, e alla morte e resurrezione. Gli antichi Maya credevano che gli dei che hanno creato il mondo attuale abbiano sollevato il cielo mettendo un asse verticale che indica l’alto e il basso al centro del cosmo.
In alto a sinistra è una scena finale dal manoscritto precolombiano conosciuto come il Codex Laud. La scena sembra raffigurare una divinità serpente (Quetzalcoatl) immaginata come l’Albero della Vita o Albero del Mondo, che riporta i tre fleur de lis simboli. Potrebbe rappresentare la trinità dei dei creatori in mesoamerica
Incensiere raffigurante un dio Maya che indossa il copricapo chiamato dagli studiosi il copricapo del dio giullare. Guatemala 250-900 Ac. Qui di seguito alcune opere artistiche che riportando il simbolo del Fleur de lis.
Abbiamo quindi visto che il simbolo del Fleur de lis appare nell’arte della Mesopotamia approssimativamente allo stesso tempo nella storia con la presenza degli antichi Olmechi. E’ sorprendente come l’emblema del fleur del lis nell’arte omeca e iconografia porta lo stesso simbolismo della divinità che abbiamo nel Vecchio mondo, legata alla trinità degli dei, esso è legato all’Albero della vita ed è un frutto proibito. Molto prima dei viaggi di Cristoforo Colombo, un popolo potente conosciuti come olmechi emersero dalla giungla paludosa della costa del Golfo che oggi chiamiamo Messico attorno al 1500-1200 AC. L’aumento della presenza di questa civiltà lascia perplessi gli archeologi. Questa cultura infatti sembra provenire dal nulla nella zona di San lorenzo nel Chiapas.
Ma il simbolo lo possiamo ritrovare anche in altre parti del sud america e a volte in collegamento con immagini Feline. Qui di seguito una ceramica policroma”bottiglietta per il veleno” dal Peru, cultura Wari 500-100 AD, che mostra una deità felina con la cofifica del Fleur De lis sulla schiena.
Di seguito un’immagine dal Guatemala che mostra una coppia di giaguari in associazione con l’albero della vita e il a Fleur de lis.
Immagini da stucchi a Campeche con Fleur de lis e giaguari
Vediamo altre immagini ma dal vecchio mondo relativi a collegamenti tra felini e Fleur de lis:
Alcuni esempi di fleur de lis lo troviamo legato alla cultura ebraica:
Alcune monete indiane antiche con rappresentazione del fleur de lis
Un’immagine molto curiosa che potrebbe essere legata al Fleur de lis la troviamo nella cultura indu e prende il nome di Ahmuvan:
Qui sotto portale del 16° secolo nel Tempio Padmanabhaswamy localizzato a Thiruvanthapuram India. Le porte del tempio rappresentano il serpente doppio e il simbolo del Flerud de Lis.
L’aquila bicefala o l’uccello a due teste sono un tema comune nella mitologia indu e nell’arte precolombiana. Nella mesoamercia gli uccelli a due teste e i serpenti a due teste erano collegati alla sacralità e alla sovranità, così come alla natura dualistica del pianeta venere. Alcune immagini del Fleur de lis nell’arte buddista:
Ci sono altre raffigurazioni che potrebbero essere ricollegati alla simbologia del fleur de lis
E forse se ricerchiamo più profondamente nel nostro passato, arriveremo alla conclusione che questo simbolo è molto ma molto piu’ antico e il suo significato si è completamente perso nei secoli:
Giglio di Trieste
Nel “Tesoro” della elegante Cattedrale trecentesca di San Giusto a Trieste, formata dall’unione di due chiese romaniche, eretta sulle fondamenta di una Basilica paleocristiana che a sua volta sorgeva su strutture di un edifico sacro romano) si conserva ancora oggi una Alabarda detta di “di San Sergio” che si racconta sia caduta dal cielo. In realtà, da un’analisi della forma (slanciata all’asta e fiancheggiata da due bracci o raffi, uno più corto dell’altro) si nota che non si tratta di un arma romana ma “corsesca” di epoca medioevale. Fabbricata in Persia o, comunque, in Medio Oriente. Quasi certamente proveniente dalla Terrasanta come bottino di guerra della Prima Crociata a cui parteciparono anche molti Triestini. Aldilà delle leggende, l’Alabarda della Cattedrale ha una caratteristica che l’avvicina a determinati oggetti, sparsi in tutti i continenti, che per alcune loro peculiarità sono avvolti nel mistero e hanno spesso suscitato le ipotesi più affascinanti, straordinarie o stravaganti. Come quelle di essere il retaggio di una civiltà superiore scomparsa migliaia di anni prima della storia da noi conosciuta oppure di provenire da altri mondi. Infatti, l’Alabarda Triestina è fatta in una lega particolare che non si ossida. E’ immune alla ruggine ed è impossibile rivestirla d’oro. Gli appassionati e gli studiosi di antichi enigmi, andranno certamente con il pensiero alla famosissima “Colonna che non s’arrugginisce”, che si innalza in India, presso la città di Mehauli.
L’Alabarda è stata forgiata probabilmente con il cosiddetto acciaio indiano (ferro meteorico e platino) celebre nel Medio Evo per la sua capacità di non perdere la lucentezza e per la specifica robustezza. Effettivamente, per quei tempi, si trattava di un arma tecnicamente avanzatissima.
Quanto al racconto della sua provenienza celeste, si riallaccia a molti miti, in genere di fondazioni di stirpi o città o di investitura di condottieri e capi popolo. Ad esempio, si narra che il capo Unno Attila, decise di lanciarsi alla conquista dell’Impero Romano, dopo che un misteriosa “Spada magica”, precipitata dal cielo, aveva ucciso una giovenca. Nell’arma, il capo barbaro asserì di aver riconosciuto la Spada che un tempo veniva adorata dagli antenati nelle immense distese dell’Asia. La sua ricomparsa era quindi un segno di buon auspicio. E come non pensare a tutta la serie di altre “spade fatate” o “lance sacre” che hanno attraversato il Medio Evo, contemporanee dell’Alabarda Triestina. La quale è attestata con sicurezza, quale Stemma Cittadino, sin dal XIII secolo. Visto che compare su alcune monete coniate dal Vescovo Volrico. Alcune di queste “Armi” dai poteri mistici e misteriosi sono famosissime. Come l’Exscalibur di Re Artù, la “Durlindana” del Paladino Orlando e la vera “Spada nella Roccia”, ancora visibile nell’Eremo di Montesiepi, presso la diruta e suggestiva Abbazia di San Galgano, in Toscana.
Molte sono le spade famose nella storia a cui sono stati riferiti speciali poteri. Un manufatto però ha suscitato interesse fuori dal comune per il singolare alone di misticismo e devozione che lo avvolge Si tratta dellaHeilige Lance, in tedesco letteralmente “Sacra Lancia”,che secondo la leggenda sarebbe la Lancia di Longino usata per trafiggere il costato di Gesù.
Finita in possesso dell’Imperatore Costantino, la Heilige Lance sarebbe stata impugnata durante la decisiva battaglia di Ponte Milvio, alle porte di Roma, contro l’usurpatore. Da quel momento la “Lancia” divenne un attributo della Potestas e Divinitas degli Imperatori Romani Cristiani. Sempre secondo la tradizione, grazie ad essa Teodosio sconfisse i Goti (385) e il generale Ezio, “l’ultimo dei Romani” bloccò Attila. Con il crollo dell’Impero Romano d’Occidente, la Reliquia sarebbe passò alla stirpe Carolingia e fu brandita anche da Carlo “Magno”. Dai Carolingi, la “Lancia Sacra”, passò agli Imperatori Sassoni, poi agli Svevi, ed infine agli Asburgo. Al termine della Prima Guerra Mondiale la Città di Trieste venne premiata con il titolo di Urbs Fidelissima. L’ Imperatore Federico III, in premio per la fedeltà mostrata dai Triestini durante la Guerra contro Venezia, con un “Diploma Imperiale”, confermò la mistica Alabarda, quale Stemma cittadino. Aggiungendovi l’Aquila Bicipite.
L’Alabarda Triestina va vista nell’ottica di questi oggetti e reliquie straordinarie, sopra elencate. Le cui vicende, i miti, i racconti sorti attorno ad esse, veri o falsi che siano, fanno comunque parte del Patrimonio Culturale del nostro Continente e della Civiltà Occidentale.
Il simbolismo del “Fleur de Lis” nell’araldica e nella storia
Si possono notare i vari temi: i tre petali che ricordano la trinità, gli angeli portano lo scudo perchè difendono l’esercito di Francia, la colomba che discende dal cielo richiama la leggenda del battesimo di Clodoveo quando una colomba portò la sacra unzione a San Remigio
La Leggenda
La traduzione di “fleur-de-lis” è fiore del giglio. Questo simbolo che rappresenta un giglio o un fiore di loto stilizzato ha molteplici significati. Tradizionalmente è stato usato per rappresentare la famiglia reale francese, e in questo senso si intende rappresentare la perfezione la luce e la vita. La leggenda narra che un angelo ha presentato Clodoveo, il re merovingio dei Franchi, con un giglio d’oro come simbolo di purificazione dopo la sua conversione al cristianesimo. Altri sostengono che Clodoveo ha adottato il simbolo quando quando le ninfee gli hanno mostrato come riuscire ad attraversare un fiume e così ad ottenere la vittoria in battaglia.
Araldica
Nel XII secolo Re Luigi VI oppure Re Luigi VII (le fonti sono discordi) è diventato il primo monarca francese ad usare il “fleur-de-lis” sul suo scudo. I re inglesi successivamente hanno usato il simbolo sui loro stemmi per enfatizzare le loro pretese al trono di Francia. Nel XIV secolo il “fleur-de-lis” era incorporato spesso negli stemmi di famiglia che erano cuciti nelle vesti che i cavalieri indossavano sopra la loro corazza che prendeva il nome di “veste d’arme” ossia lo stemma. lo scopo originale di identificazione in battagli si sviluppò in un sistema di designazione di status sociale dopo il 1483 quando re Edmondo IV stabilì il collegio di ‘araldica” per supervisionare e garantire i fregi degli armamenti.
Religione e Guerra
Giovanna d’arco quando condusse le truppe francesi alla vittoria contro gli inglesi in aiuto del Delfino Carlo VII nella sua ricerca per il trono di francia, portava una bandiera bianca che mostrava la benedizione divina sull’emblema reale francese, il Fleur-de-lis.
La chiesa romana cattolica utilizzava il giglio come emblema speciale della Verigne maria. Grazie ai suoi tre “petali” il fleur-de-li è stato anche usato per rappresentare la Santissima Trinità. Le unità militari, incluso delle divisioni della fanteria americana, hanno usato la somiglianza del simbolo con la punta del diamante per identificarlo con il potere e la forza militare.
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