Qual è l'ingrediente che rende così speciale, e così distruttiva, la nostra specie? E' possibile ipotizzare un qualche intervento esterno da parte di qualcosa o di qualcuno, che abbia influenzato indebitamente l'evoluzione umana, facendola deviare dal suo percorso naturale?
Per quanto la scienza abbia fatto passi da gigante nella comprensione dei meccanismi che regolano l’evoluzione degli esseri viventi, l’origine dell’uomo rimane ancora avvolta nel mistero.
Le indagini archeologiche e i ritrovamenti fossili, più che chiarire la storia dell’evoluzione umana, non fanno che complicare un puzzle, di per sé, già abbastanza complicato.
Eppure, tra alcuni ricercatori si registra un certo sconcerto quando si considera lo spazio di tempo estremamente ristretto nel quale si è evoluta la specie umana.
Per fare un paragone indebito, possiamo pensare ai dinosauri, un gruppo di esseri viventi che ha dominato il pianeta Terra per ben 160 milioni di anni, un ciclo di vita biologica estremamente lungo o, quanto meno, in armonia con i tempi cosmici dell’Universo.
Se invece consideriamo l’homo sapiens, si rimane sconcertati nel considerare che il genere homo è comparso sul pianeta solo 2 milioni di anni fa e, attraverso una rocambolesca serie salti evolutivi, è giunto a costruire, praticamente dal nulla, le prime città moderne in Mesopotamia circa 6 mila anni fa, per giungere, in poche migliaia di anni, a passare dal cuneiforme all’informatica e dall’esplorazione dei territori abitabili all’esplorazione spaziale.
Perché l’Homo Sapiens è così veloce?
Come si spiega il tasso straordinariamente rapido dell’evoluzione umana negli ultimi due milioni di anni? La domanda se le posta un importante ricercatore, il prof. Ian Tattersall, un antropologo statunitense, curatore della divisione di Antropologia dell’American Museum of Natural History di New York, e autore di molti libri e articoli.
Secondo Tattersall, ci sono numerosi esempi che mostrano l’evoluzione accelerata della nostra specie. “Comunque la mettiamo, l’evoluzione della famiglia umana è stata molto rapida”, spiega l’antropologo in una conferenza tenuta a Calpe, Gibilterra.
“Credo che sia corretto dire che la nostra specie Homo Sapiens e i suoi antecedenti, si sia evoluta molto più velocemente di qualsiasi altro gruppo di mammiferi preso in esame nello stesso lasso di tempo”. Il fenomeno dell’evoluzione accelerata è conosciuto come “tachytely“.
Nella conferenza, Tattersall illustra come la dimensione del cervello dei nostri antenati sia raddoppiata nel giro di due milioni di anni. Poi è raddoppiata nuovamente nell’ultimo milione di anni, fino ai giorni nostri. Insieme all’aumento delle dimensioni del cervello, è avvenuta una riduzione delle dimensioni dei denti e della faccia, insieme ad altri cambiamenti nella forma del cranio.
L’aumento delle dimensioni del cervello, sembra aver coinciso con la definitiva struttura fisica dell’uomo moderno, caratterizzata da una forma lineare, gambe lunghe e fianchi relativamente stretti. Queste caratteristiche sono già visibili nello scheletro del “ragazzo di Turkana” rinvenuto in Kenya, vissuto circa due milioni di anni fa, e sono in netto contrasto con le gambe corte e le braccia lunghe di “Lucy” (Australopithecus afarensis), vissuta in Etiopia circa un milione di anni prima.
Cambiamento radicale
Un cambiamento così rapido non si è mai riscontrato tra le scimmie. Secondo l’antropologia classica, uno dei fattori che potrebbe aver influenzato la rapidità dell’evoluzione umana, è l’abbandono degli alberi da parte dei primi ominidi per conquistare il suolo, cosa che non hanno fatto le nostre cugine scimmie.
Ma secondo il prof. Tattersall, questo evento non è sufficiente a giustificare cambiamenti così radicali: “E’ evidente che l’abbandono definitivo della vita arboricola è da considerarsi come una svolta epocale nell’evoluzione degli ominidi. Ma in condizioni naturali, è molto difficile che la conquista di un nuovo ambiente vitale possa aver generato cambiamenti così rapidi”.
“Forse è la cultura umana ad essere speciale, avendo in sé un qualche ingrediente sempre presente che ha garantito il ritmo serrato dell’evoluzione della nostra stirpe dopo che abbiamo lasciato le foreste”, continua Tattersall.
Ma la spiegazione di questo fenomeno non è nelle soluzioni proposte dagli altri ricercatori. Alcuni psicologi evoluzionisti hanno elaborato un modello secondo il quale la cultura e la complessità del cervello si stimolino a vicenda.
Tuttavia, Tattersall ha fatto notare che nel corso della storia evolutiva degli ominidi, la tecnologia ha modificato il modo di vivere degli ominidi a “singhiozzo” e molto spesso queste modifiche si sono presentate separate dall’evoluzione biologica, quindi questa idea non è in grado di spiegare in maniera soddisfacente ciò che si vede nei reperti archeologici e fossili.
Qual è l’ingrediente che rende così speciale l’homo sapiens?
Secondo il prof. Tattersall, la risposta potrebbe trovarsi nell’elevata aggressività dell’uomo. “Forse la soluzione si trova nella conflittualità tra gruppi di ominidi.
L’aggressività potrebbe essere il discriminante capace di spiegare l’aumento dell’intelligenza all’interno dei gruppi.
Un conflitto potrebbe essere visto come una forma di predazione, evento nel quale preda e predatore sono costretti a diventare più veloci, più furbi o più intelligenti per raggiungere il loro scopo”. Certo, è un pò triste l’ipotesi del prof. Tattersall, secondo la quale l’uomo sarebbe un predatore intraspecie.
Eppure ci si chiede come sia possibile che un essere come l’homo, sviluppatosi ed evolutosi in un contesto naturale, ad un certo punto sia precipitato in una spirale di aggressività, che benché ne abbia aumentato l’intelligenza tecnica, lo ha privato dell’intelligenza sociale, diventando predone di se stesso e mettendo a repentaglio la sua stessa esistenza.
Siamo sicuri che l’aggressività da sola basti a giustificare l’evoluzione così rapida dell’Homo Sapiens? E se l’aggressività fosse il sottoprodotto di questa evoluzione così rapida?
Qual è l’ingrediente che rende così speciale, e così distruttiva, la nostra specie? E’ possibile ipotizzare un qualche intervento esterno da parte di qualcosa o di qualcuno, che abbia influenzato indebitamente l’evoluzione umana, facendola deviare dal suo percorso naturale?
L’ipotesi rettiliana
Ci rendiamo conto di travalicare i confini della scienza, ma un’ipotesi del genere merita di essere esplorata, anche per l’enorme risonanza che da qualche anno si registra in internet.
Il tema dei rettiliani è diventato popolare grazie aDavid Icke, un controverso personaggio ritenuto da alcuni il grande rivelatore del complotto rettiliano sul nostro pianeta, mentre da altri è considerato solo l’ennesimo strumento di controllo da parte dell’elite illuminata.
Le idee contenute nel libro Figli di Matrix, apparentemente originali e stravaganti, ma convalidate da una lunga e scrupolosa serie di prove documentate, la nostra vita sul pianeta Terra non è altro che un inganno gestito da forze extraterrestri, intraterrestri e interdimensionali per tenerci in una prigione mentale, emozionale e spirituale.
Secondo l’ipotesi di Icke, alcuni alieni rettiliani, sotto le mentite spoglie umane di uomini pubblici, hanno preso il controllo del nostro pianeta impedendo all’umanità la normale evoluzione spirituale, sociale e tecnologica. Il fine di costoro sarebbe quello di schiavizzare l’umanità e impossessarsi definitivamente delle risorse planetarie (umanità compresa),
Ovviamente, la tesi di Icke, benché molto affascinante e per certi aspetti plausibile (almeno nella parte del controllo delle masse), è totalmente indimostrabile. E’ impossibile, al momento, avere a disposizione delle prove sulla sua ipotesi. Però, qualche indizio ci può aiutare a riflettere.
Mettendo tra parentesi la presenza rettiliana sul nostro pianeta, è possibile ipotizzare che in un passato remoto, un gruppo di alieni rettiliani abbia modificato il DNA umano, per chissà quali scopi, intervenendo indebitamente sull’evoluzione degli ominidi? Se sì, abbiamo qualche indizio in proposito?
Strana somiglianza tra homo e rettili
Se si prende in esame la fisiologia umana, scopriamo con un pò di sconcerto, di essere molto più simili ai rettili che non alle altre specie di mammiferi presenti sul nostro pianeta. Ad esempio, la parte migliore dell’uomo: il cervello.
Nella nostra scatola cranica abbiamo una piccola struttura cerebrale denominata R-complex (o anche cervello rettiliano) ed è una delle tre parti prevista dal modello Triune Brain (cervello trino) elaborata da Paul D. MacLean, medico statunitense specializzato nelle neuroscienze.
La R-complex si occupa dei bisogni e degli istinti innati nell’uomo (ma tu guarda, proprio il settore nel quale si esprime meglio l’aggressività umana!); alcune delle funzioni rettiliane di questa struttura cerebrale riguardano il comportamento sessuale, quello territoriale, gerarchico, temporale, sequenziale, spaziale.
Inoltre, nel nostro cervello esistono altre due strutture principali che sono presenti anche nel cervello dei rettili: il tronco encefalico, che controlla innumerevoli funzioni fondamentali, dalla respirazione alla circolazione sanguigna e il cervelletto, parte del sistema nervoso centrale coinvolta nell’apprendimento e nel controllo motorio, nel linguaggio, nell’attenzione e forse in alcune funzioni emotive come risposte alla paura o al piacere (strumenti fondamentali per controllare un essere umano).
Il mito ancestrale del serpente
Perché i miti dell’antichità insistono tanto sulla figura del serpente? Uomini rettile sono presenti in moltissimi testi di antiche religioni, compresa quella cristiana. Basta pensare al racconto del peccato originale, dove la responsabilità del male è attribuita ad un serpente!
Fin da quando l’umanità ha mosso i primi passi sul pianeta, le leggende legate ai rettili, draghi e serpenti sono sempre esistite. Molti miti raccontano di una misteriosa razza di esseri rettiliani discesa dal cielo per partecipare alla creazione dell’umanità e insegnare loro la conoscenza proibita, imponendo un ordine sociale e sedurre l’umanità verso uno sviluppo senza sosta.