domenica 17 aprile 2016

NELLE PROFONDITÀ DELL’IRAQ SONO NASCOSTI I SEGRETI DEL MAESTOSO PASSATO DEI SUMERI E DELL’UMANITÀ

Da quando si è cominciato a scavare nel territorio dell'Iraq, gli archeologi hanno scoperto sempre più elementi sull'antica civiltà dei sumeri, portando numerosi elementi che potrebbero offrire indizi sul passato dell'umanità. Eppure, meno dell'1per cento è stato finora portato alla luce. Una prossima campagna di scavi potrebbe portare nuovi importanti elementi per aiutare a ricostruire il passato remoto della civiltà umana.

ziggurat ur sumeri

L’odierno Iraq si trova nel territorio dove tutto è cominciato, nella cosiddetta ‘culla della civiltà’.
Tanto basta per immaginare la ricchezza di storia conservata tra le rovine che non sono state ancora scavate e che potrebbero offrire elementi preziosi sul passato dell’umanità.
“Meno dell’1 per cento in Iraq è stato scavato e studiato”, rivela il dottor Robert Killick, archeologo britannico che ha lavorato in Iraq per oltre un decennio e poi nel resto della regione per altri due decenni. “Le informazioni principali sulla verità del passato del genere umano sono ancora nascoste sotto il paesaggio dell’Iraq, specialmente nei resti di antiche città, borghi e cascine”.
“Contrariamente a quanto la gente crede sullo stato attuale dell’Iraq, la maggior parte dei siti antichi non è stato affatto distrutto dalla recente guerra”, continua Killick.
Ed è per questo che l’archeologo britannico farà tappa in Iraq l’inverno prossimo per dare inizio ad una campagna di scavi composta da un team di archeologi inglesi e iracheni, come rivela The National. La nuova missione riprende un lavoro durato quasi due decenni, interrotto poi a causa della guerra, delle sanzioni internazionali e dalla instabilità politica.
Uno dei siti individuati più interessanti è quello di Tell Khaibar, a circa 20 km dall’antica città di Ur, nei pressi di Nassiriya, nella provincia di Thi Qar. E qui, nel sud dell’Iraq, che la civiltà ha avuto inizio più di 5 mila anni fa.
Ur è uno dei più importanti siti archeologi dell’Iraq. Si trova nella regione dove i Sumeri hanno vissuto, inaugurando la vita urbana e l’utilizzo della scrittura cuneiforme per far fronte a tutte le esigenze amministrative e pratiche del tempo. Secondo la Bibbia, Ur sarebbe stato anche il luogo di origine di Abramo, il capostipite delle tre religioni del libro, Ebraismo, Cristianesimo e Islam.
Dalle ceramiche raccolte in superficie, i ricercatori ritengono che la gente ha vissuto a Tell Khaibar per più di 3 mila anni, dal 5000 al 2000 a.C. Si pensa che la città conobbe un così lungo periodo di prosperità grazie alla sua posizione geografica, vicino a quello che era la riva occidentale del fiume Eufrate.
“Abbiamo scelto Tell Khaibar perchè i resti archeologi sembrano intatti e non sono stati manomessi dai saccheggiatori”, spiega Killick. “Le immagini satellitari mostrano la presenza di grandi edifici pubblici rettangolari sui due tumuli principali dell’insediamento, forse palazzi reali ed edifici amministrativi della città. La loro presenza conferma l’importanza di Tell Khaibar nell’antichità”.
Gli archeologi sperano che il contenuto delle camere interne alle strutture possa spiegare come funzionasse l’edificio, così da aiutare a ricostruire le condizioni economiche e politiche dell’insediamento e la sua area di influenza.
“Lo scavo di Tell Khaibar è una boccata d’aria nella ricerca archeologica in Iraq”, sottolinea il dottor Lamia Al Gailani, un eminente archeologo iracheno, il quale ha lavorato nel Museo dell’Iraq dal 1960, e di nuovo nel 2003 dopo il saccheggio. “Tra il 1960 e il 1970, l’Iraq era considerato il meglio dagli archeologi, quando scavi e ricerche di grande importanza stavano prendendo vita grazie all’interessamento di molte università internazionali, come la British School of Archaeology, l’Istituto tedesco e il Centro Culturale Italiano”.
“Tutte queste attività si sono concluse dopo la prima guerra del Golfo, nel 1991”, continua Al Gailani. “Gli scavi internazionali furono fermati e nessun nuovo libro fu più acquistato dalla biblioteca del Museo dell’Iraq a causa delle sanzioni. Dopo il 2003, con la caduta del regime di Saddam Hussein, l’Iraq rimase instabile e pericoloso per gli scavi o qualsiasi tipo di ricerca sul campo”.
Il risultato di tutto ciò è stata una brusca battuta d’arresto per lo sviluppo degli studi archeologi e della storia dell’antico Iraq, con risultati disastrosi. Gli archeologi iracheni si sono trovati completamente isolati dai progressi e dai nuovi sviluppo della ricerca archeologica.
“Ma questo sta cambiando. La presenza i archeologi internazionali in Iraq è essenziale per formare i giovani archeologi iracheni e migliorare lo studio della storia e del patrimonio dell’Iraq, in particolare nel suo ruolo di culla della civiltà”, conclude Al Gailani.
Una delle cose che più entusiasma gli archeologi, in questa nuova fase dell’archeologia irachena, è il fatto di non avere la minima idea di quello che troveranno, dato che c’è veramente molto ancora da scoprire nella regione. Cosa altro c’è sotto la superficie di Tell Khaibar, e qual era il suo rapporto con Ur?
“L’archeologia è imprevedibile. Non sai mai esattamente cosa si può trovare, perciò è così eccitante”, commenta Killick. “Confidiamo che questo progetto sia solo l’inizio di una nuova era nell’esplorazione del magnifico patrimonio iracheno e per la sua nuova generazione di archeologi”.

domenica 3 aprile 2016

L’ANTICA ISOLA GRECA DI SAMO E IL SUO MUSEO CON ALCUNI MANUFATTI MISTERIOSI

Samo è un'isola greca dell'Egeo orientale situata a circa 1,5 km dalle coste della Turchia con una lunga storia che risale al 4 mila a.C. Le origine dell'isola sono oggetto di numerosi miti e alcune fonti la definiscono come patria di Pitagora e di Epicuro. Inoltre, i musei cittadini contengono una gamma di manufatti antichi davvero sconcertanti.

museo di samo 1

Secondo l’antico geografo greco Strabone, il nome di Samo è di origine fenicia e significa ‘altitudine vicino alla costa’, probabilmente dovuta alla configurazione geografica dell’isola.
L’isola ha una storia antichissima. Gli scavi hanno portato alla luce le mura fornite di torri circolari, due grandi moli risalenti al VI secolo a.C. e una necropoli.
Il tempio di Era è formato da una parte più antica, addirittura risalente al 9° secolo a.C., realizzato in pietra e mattoni di argilla e una copertura di legno. Dopo l’incendio del 600 a.C., venne costruita la stoà e quarant’anni dopo fu ultimato il cosiddetto grande tempio chiamato “labirinto” per la presenza di numerose colonne.
Nei tempi antichi, Samo era considerata un’isola molto importante, tanto che lo storico Erotodo la definì come la migliore città mai realizzata sia dai Greci che dai barbari.
Le origini dell’isola greca sono lo scenario di numerose narrazioni mitologiche. Secondo la leggenda, i primi abitanti dell’isola furono le Nereidi, ninfe marine, figlie di Nereo e della Oceanina Doride. Erano considerate creature immortali e di natura benevola.
Facevano parte del corteo del dio del mare Poseidone insieme ai Tritoni e venivano rappresentate come fanciulle con i capelli ornati di perle, a cavallo di delfini o cavalli marini. Una delle nereidi più famose fu Teti, la madre di Achille.
Per la storia, invece, i primi abitanti di Samo sono stati i Pelasgi, termine ‘onnicomprensivo’ utilizzato da alcuni antichi scrittori greci per ciascuna delle antiche, primitive e presumibilmente autoctone popolazioni nel mondo miceneo. Ma anche in questo caso la mitologia ci mette il suo zampino.
Secondo la tradizione, infatti, il primo re dell’isola fu Anceo, un semidio nato dall’unione del dio Poseidone e Astypalaea. Anceo partecipò alla spedizione degli argonauti alla ricerca del Vello d’Oro, guidando la nave Argo.
Inoltre, la mitologia affida a Samo anche i natali della dea Era, una delle divinità più importanti, patrona del matrimonio e del parto. Figlia di Crono e Rea, sorella e moglie di Zeus, era considerata la sovrana dell’Olimpo e considerata protettrice dell’isola.
Come sottolinea John Black nell’articolo scritto per Ancient Origins, Samo occupa un posto di primo piano nella mitologia greca, e questa importanza si riflette anche nei numerosi musei presenti nella città principale, i quali contengono una vasta gamma di manufatti veramente impressionanti.
I primi scavi archeologici sono stati eseguiti nel 1812 da archeologi provenienti dall’Inghilterra, i quali poi, dal 1900 in poi, hanno lasciato il campo agli studiosi tedeschi. I numerosi manufatti ritrovati riflettono l’importanza rivestita dall’isola di Samo come centro culturale dell’antichità. L’influenza della cultura minoica e micenea, quella egizia e mesopotamica è evidente in tutti i reperti rinvenuti nel corso degli scavi archeologici.
Secondo la descrizione offerta dal museo, il curioso manufatto mostrato nell’immagine in apertura dell’articolo, raffigurerebbe una carrozza trainata da cavalli. Tuttavia, ci sono alcune interessanti caratteristiche dell’immagine che lasciano perplessi.
Innanzitutto, le figurine hanno un aspetto molto insolito, come ad esempio i volti a punta e i colli stranamente allungati; poi, la forma dell’oggetto non sembra avere nessuna somiglianza con i carri trainati da cavalli a cui siamo abituati (dove sono le ruote?). Secondo Black, sembra molto più simile ad un sottomarino! Infine, la statuetta a sinistra ha qualcosa legata in vita, molto simile ad uno strumento di controllo, tipo un timone.
Un altro reperto davvero notevole è una placca in bronzo raffigurante alcune figure femminile nude.
Secondo la trascrizione, si tratterebbe di un dono portato dal sovrano biblico di Aram (2Re 8,8), Cazael.
Il testo è scritto in aramaico e l’origine del manufatto sarebbe la Siria del 7° secolo a.C.
Sono evidenti le somiglianze con l’iconografia sumera del dio sole nella parte superiore della placca.
Oltre ai reperti unici e affascinanti che si trovano sull’isola, Samo è anche sede di una delle opere ingegneristiche più notevoli della Grecia Antica, un acquedotto commissionato nel 6° secolo a.C. dal tiranno Policrate all’architetto e ingegnere Eupalino. Si tratta di un tunnel di 1036 metri, capace di trasferire più di 400 m³ di acqua al giorno.
Essendo il tunnel più lungo del suo tempo, l’opera era considerata una grande impresa di ingegneria. Lo storico Erodoto descrisse brevemente nelle sue Storia il tunnel con queste parole:
“E a proposito dei Sami ho parlato più a lungo, perché hanno tre opere che sono superiori a quelle di tutte le altre fatte da Greci: prima un passaggio che inizia dal basso e aperto alle due estremità, scavato in una montagna per non meno di un centinaio e cinquanta orgìe in altezza; la lunghezza del passaggio è di sette stadi e l’altezza e la larghezza sono entrambe di otto piedi, e attraverso l’intera galleria è stato scavato un altro passaggio di venti cubiti in profondità e tre piedi in larghezza, attraverso il quale passa l’acqua e arriva con tubazioni nella città, presa da un’abbondante fonte: il progettista di quest’opera era di Megara, Eupalino, figlio di Naustrofo”.

UN SISTEMA TELEFONICO DI 1200 ANNI FA, INVENTATO DA UNA CULTURA CHE NON CONOSCEVA LA SCRITTURA!

Non avevano la scrittura, ma hanno inventato il telefono! Parliamo dei Chimù, una civiltà sorta più di 1200 anni fa, diventata famosa soprattutto per la loro particolare ceramica monocromatica e la raffinata lavorazione del rame, dell'oro, dell'argento e del tumbago (lega di rame ed oro). Ora, grazie ad un reperto dimenticato della collezione del Museo Nazionale Smithsonian della American Indian, nel Maryland, scopriamo che questa antica cultura precolombiana aveva inventato anche il telefono!

cultura chimu

La nostra società moderna è orgogliosa dei recenti progressi scientifici e delle notevoli conquiste tecnologiche.
Negli ultimi anni, non c’è dubbio che si fatta molta strada in questo senso.
Ogni giorno veniamo a sapere dello sviluppo di nuovi gadget tecnologici che hanno lo scopo di migliorare la nostra vita.
Eppure, ogni tanto (sempre più spesso, in realtà), ci imbattiamo in alcuni manufatti antichi dimenticati che ci costringono a rivalutare il nostro grado di progresso.
Siamo davvero molto più intelligenti dei nostri antenati? Forse dovremmo dare agli antichi umani il riconoscimento che meritano? Forse alcune delle nostre invenzioni non sono che reinvenzioni di cose che già esistevano in un lontano passato.
Il telefono, per esempio. L’apparecchio telefonico è stato ufficialmente inventato nel 1870, quando due inventori, Elisha Gray e Alexander Graham Bell, svilupparono indipendente il dispositivo in grado di trasmettere una conversazione elettricamente.
Entrambi gli inventori si precipitarono ai rispettivi uffici brevetti, a poche ore di distanza l’uno dall’altro. Tuttavia, cronologicamente fu Alexander Graham Bell a registrare per primo l’invenzione. Poco dopo, Grey e Bell ingaggiarono una lunga battaglia legale sulla paternità dell’invenzione, che alla fine vide Bell vincitore.
Quindi, la storia occidentale riconosce in Bell l’inventore ufficiale del telefono. Però, forse non tutti sanno che in realtà il primato sulla paternità del telefono spetta ad una popolazione precolombiana vissuta tra l’800 e il 1470 d.C., conosciuta come Civiltà Chimù, che diede vita al Regno di Chimor.
Benché non avessero un sistema di scrittura, i Chimù svilupparono uno dei primi esempi di ingegno nell’emisfero occidentale composta da zucche e spago, configurate in modo da ottenere un dispositivo di comunicazione simile al nostro telefono.
Il dispositivo giaceva dimenticato nel deposito del National Museum of American Indian (NMAI), affiliato allo Smithsonian Institute, in un cartone a prova di umidità. L’oggetto è venuto fuori un po’ per caso, attirando l’attenzione dei curatori del museo che hanno deciso di rimetterlo in mostra per permettere ai visitatori di conoscere questa straordinaria invenzione.
Questa meraviglia protoingegneristica si compone di due ricevitori di zucca ricoperti di resina, una membrana di pelle cucita alla base dei ricevitori e una corda di cotone lunga 23 metri quando tesa.
«Si tratta di un oggetto unico. Non ne sono stati scoperti altri. Proviene dal genio di una società indigena che non aveva nessuna lingua scritta», spiega Ramiro Matos, antropologo e archeologo specializzato nello studio della Ande centrali e curatore del NMAI. «Purtroppo, non sapremo mai qual è stata l’intuizione iniziale dietro la sua creazione».
Il passato recente del manufatto è altrettanto misterioso. In qualche modo, non si sa in quali circostanze, è giunto nelle mani di un aristocratico prussiano, il barone Walram V. Von Schoeler, una specie di avventuriero che ha cominciato a scavare in Perù a partire dal 1930.
Potrebbe essere stato lui stesso a trovare il telefono. Nel 1940 si stabilì a New York, e dopo aver accumulato un vasto insieme di reperti, alla fine distribuì la sua collezione nei musei di tutti gli Stati Uniti.

I favolosi Chimù

L’apparecchio è stato realizzato quando il Regno di Chimor si trovava all’apice del suo sviluppo. Come spiega la rivista dello Smithsonian, quella dei Chimù è stata una cultura abile e inventiva, la prima vera società ingegneristica del Nuovo Mondo, non tanto per l’artigianato e l’oreficeria, ma per lo sviluppo di complessi sistemi di irrigazione e opere idrauliche, capaci di trasformare il deserto in terreni agricoli.
La società Chimù era organizzata in maniera piramidale e i ricercatori del NMAI pensano che il dispositivo fosse in uso solo presso la casta sacerdotale. L’architettura di Chan Chan, la capitale dei Regno, mostra una zona appartata della città, a testimonianza della rigida separazione tra l’elite dominante e la classe dei lavoratori.
«Il telefono era uno strumento progettato per un livello esecutivo di comunicazione, forse per impartire ordini ai cortigiani che si trovavano nelle anticamere del potere, lì dove si prendevano decisioni cruciali e il contatto faccia a faccia con personaggi di status elevato era proibito», spiega Matos.
Secondo la leggenda, Chan Chan fu fondata da Taycanamo, il quale arrivò dal mare.
Chan Chan era la città più grande dell’America meridionale precolombiana. I resti di questo impressionante insediamento riflettono nella sua struttura un’organizzazione politica e sociale molto rigorosa, sottolineata dalla divisione in nove ‘cittadelle’ o ‘palazzi’ che costituiscono delle unità indipendenti, distribuite su un’area di circa 6 km².
Le pareti degli edifici erano riccamente decorati con fregi raffiguranti motivi astratti e soggetti antropomorfi e zoomorfi. Attorno ai nove complessi si sviluppavano i quattro settori destinati alla produzione tessile e alla lavorazione del legno e dei metalli. Ampie aree agricole e un sosfisticato sistema di irrigazione sono stati trovati nelle zone esterne della città.
Sulla base di ciò che è noto, nel 1470 i Chimù furono conquistato dagli Inca. Il Regno di Chimor fu l’ultimo ad avere qualche possibilità di fermare l’avanzata Inca. Ma la conquista Inca fu fatta partire nel 1470 da Túpac Yupanqui, che sconfisse l’imperatore locale Minchancaman, discendente di Tacaynamo, e fu completata da Huayna Cápac quando salì al trono nel 1493.

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